Vladimir Majakovskij e Lilja Brik, il delirio amoroso che fu un fiume di nevrosi, passione e versi disperati

by Daniela Tonti

Vladimir Majakovskij e Lilja Brik sono stati una delle coppie più famose della letteratura mondiale. Il loro delirio amoroso, inarrestabile, sofferto, anticonformista, diventa un mito idealizzato di un nuovo e coraggioso modo di vivere i rapporti testimoniato da una fittissima corrispondenza durata quindici anni, un fiume di nevrosi, passione e versi disperati.

Una musa ispiratrice o una “strega” che si aggrappò al genio creativo del poeta della rivoluzione vampirizzandolofino al suicidio?

Il 14 aprile del 1930 Vladimir Majakovskij si tolse la vita sparandosi un colpo di pistola al cuore. Aveva 37 anni e da molto tempo prima di quel giorno aveva deciso che non voleva diventare vecchio. Non vedeva Lilja da due anni. Ma neppure per un solo istante della sua vita aveva smesso di pensare a lei.

Come si dice, l’incidente è chiuso. La barca dell’amore s’è spezzata contro il quotidiano. La vita ed io siamo pari. Inutile elencare offese, dolori, torti reciproci. Voi che restate, siate felici.”

Cosa portò Majakovskij al suicidio, un tema a lungo sviscerato in ogni ipotesi possibile, di fatto resta un mistero intessuto di una moltitudine di variabili fuori controllo: l’incomprensione che aveva trovato nell’ultimo periodo per la sua opera, la mancanza di Lilja, gli amori infelici, l’attenzione dei servizi segreti per le sue amicizie, l’ipocondria, la volontà di non invecchiare o forse semplicemente l’attitudine all’estremo e all’azzardo che caratterizzava Majakovskij, che già aveva tentato diverse volte la roulette russa ed era un giocatore patologico. L’ultimo gesto, a lungo sedimentato nel profondo che venne definito estetico e filosofico richiama la teomachia, l’eterna lotta tra Dio e il poeta, avallato dal fatto che Majakoskji si suicidò nel giorno della Pasqua ortodossa quasi a voler comunicare al mondo la morte dell’uomo e la resurrezione del poeta.

La storia con Lilja Brik era finita da qualche anno e il poeta si era legato sentimentalmente alla giovane poetessa Veronika Vitol’dovna Polonskaja. Quel giorno, mentre scendeva le scale di casa, Veronika sentì un colpo di pistola. Tornata indietro, scoprì che Majakovskij si era sparato un colpo di pistola dritto al cuore.

Il parafulmine, colpevole e più prossimo per questa morte sempre declamata, urlata e annunciata dal poeta stesso, fu proprio Lilja Brik.

L’amore folle di Majakovskji fece passare alla storia il nome di Lilja Brik ma le lasciò in eredità anche moltissimi nemici, che cercarono di cancellare ogni traccia della donna, rimuovendo persino con primitivi espedienti di fotoritocco la sua faccia dalle fotografie e boicottando tutta la produzione letteraria in cui c’era il suo nome. Da questa ondata giustizialista si salvò Lilicka! Invece di una lettera la struggente poesia che lui le dedicò e considerata il suo testamento e che comunque fu pubblicata solo nel 1934, quattro anni dopo la morte del poeta.

Majakovskij conosce Lilja Brik nel 1915, quando, nel suo salotto, legge la tragedia in versi La nuvola in calzoni. Il giorno che il poeta definirà “la data più felice”.

Sono entrambi giovanissimi. Lui ha ventidue anni, l’affascinante padrona di casa dai grandi occhi scuri ventitré ed è già sposata con il giurista e affarista Osip Brik. Da quel primo incontro nasce un tormento amoroso che durerà per quindici anni e cambierà la vita dei tre protagonisti. Osip diventa un mecenate e un editore decidendo di stampare a proprie spese le opere del poeta.

Majakovskij le scriveva lettere ogni giorno, la chiamava continuamente e la aspettava sotto le sue finestre.

E’ stato un assalto. Volodya non si è solo innamorato di me, ha attaccato. Per due anni e mezzo non ho avuto un minuto di pace, letteralmente”.

Lili, il marito e Majakovskij trovarono un equilibrio sentimentale e domestico e diventano inseparabili. Tutti e tre ebbero molte avventure amorose nei quindici anni in cui vissero il loro legame e questo generava dei conflitti. Lilja disse che il modello del loro esperimento esistenziale fu il libro Che fare? dell’intellettuale progressista Nikolaj Černyševskij.

Come “la gente nuova” descritta dal libro, anche loro tentarono di lottare contro la gelosia e altre manifestazioni della vecchia società, della famiglia tradizionale vista come ostacolo e limite all’affermazione dell’essere e del potenziale intellettivo dell’individuo.

Il prezzo più alto fu pagato da Majakovskij, incapace di governare i propri sentimenti.

L’amore per Lili lo cambiò anche nell’aspetto. Fino a quel momento aveva vissuto in modo bohémien non curandosi di dove avrebbe dormito la notte, non aveva nessun interesse nel possedere una casa e in ciò che la proprietà rappresentava. Si tagliò i capelli, si sistemò i denti cariati, si tolse per sempre la sua leggendaria blusa gialla e si procurò persino un bastone da passeggio.

Majakovskji proveniva da una famiglia modesta e la vicinanza con i Brik, che erano cresciuti entrambi nella ricchezza, gli diede modo di frequentare un ambiente sociale diverso.

Dopo la rivoluzione bolscevica del 1917 Majakovskij iniziò a guadagnare con le sue poesie mentre la situazione economica dei Brik subì un tracollo.   Così i coniugi si trasferirono in un appartamento acquistato del poeta, vissero e viaggiarono a sue spese, con Majakovskij che definì Osip una parte della “famiglia”.  Nel frattempo si inseguivano voci e cattiverie su Lilja Brik e i suoi amanti.

Amica di Pasolini, di Louis Aragon e Yves Saint Laurent (che disse: “Conosco tre donne che sanno essere eleganti fuori dalla moda – Catherine Deneuve, Marlene Dietrich e Lilja Brik”), Lilja è stata scultrice, scrittrice, attrice e ballerina e ha fondato uno dei salotti letterari più famosi del ‘900.  “La letteratura era stata cancellata, era rimasto solo il salone dei Briks, dove gli scrittori si sono incontrati con gli agenti del KGB”, disse Anna Achmatova.

Le poesie e le lettere di Majakovskij raccontano non solo la profondità dell’amore che lo legava a Lili e lo stato di perenne tensione e sofferenza di questo amore disperato, mai totale e sempre perfettibile, ma testimoniano anche che non esisteva reciprocità.

Non dimenticarmi, per l’amor di Dio, io ti amo un milione di volte di più di tutti gli altri messi insieme. Non mi interessa vedere nessuno, non ho voglia di parlare con nessun altro che non sia tu”.

Lettera- 26 ottobre 1921

Questa consapevolezza della pochezza dell’amore di Lili in confronto al suo, logora l’animo di Majakovskij, eccessivo e massimalista in tutto, nell’arte come nella rivoluzione e probabilmente accresce l’idea del suicidio, un impulso già radicato nel profondo.

Non si contavano le persone a lui devote, che gli volevano bene, ma tutto ciò era una goccia nel mare per una persona che aveva un ladro insaziabile nell’anima che aveva bisogno che leggessero quelli che non leggevano, che venisse colui che non era venuto. Che lo amasse colei che gli sembrava non amarlo”, scrive Lili.

L’attaccamento di Majakovskij a Lili era tanto forte che lui non si preoccupava di negarlo nemmeno alle altre donne. Natalia Btjuchanenko ricorda che un giorno il poeta le scrisse:

Io amo solo Lilja. Verso tutto il resto posso solo avere un atteggiamento positivo o MOLTO positivo ma amare io già posso solo in secondo luogo”.

Dopo la morte del poeta la loro storia d’amore si trasformò in una leggenda tragica. Tuttavia Lilja fece tutto quanto in suo potere affinché l’eredità del poeta non cadesse nell’oblio rivolgendosi a Stalin e sfruttando tutte le sue conoscenze affinché Majakovskij fosse celebrato per il genio assoluto che era stato.

È stato in gran parte grazie a lei che si sono erette statue in tutto il paese, in un processo di canonizzazione senza precedenti, che le sue opere sono state ristampate e che i neologismi creati del poeta divennero di uso nel linguaggio comune.

Cominciarono a imporre Majakovskij con la forza, come le patate al tempo di Caterina. Questa fu la sua seconda morte. Di essa egli è innocente” (Boris Pasternak in “Uomini e posizioni”).

Lilja Brik nel 1977 concesse una lunga intervista a Carlo Benedetti, corrispondente storico dell’Unità a Mosca, poi pubblicata da Editori Riuniti. “Volodja non faceva che parlare di suicidio. Era un’ossessione. Lui ripeteva, testardo di non voler conoscere la sua e la mia vecchiaia”.

A memoria di questo folle amore resta anche una lunga, tenerissima corrispondenza fatta di telegrammi e lettere in cui si firmava “cucciolo” o con il disegno di un cucciolo. Lili era una gattina, Majakovskji un cucciolo e Osip un gatto. Molti critici hanno a lungo parlato del simbolismo animale di Majakovskji che si identifica con la solitudine di animali isolati dagli uomini come gli orsi o i lupi.

Sono lettere cariche di insicurezza, tensione e dolore in cui se non fosse per lo straordinario lavoro di ricerca sulla parola, sulla potenza della parola, lacerata dall’insoddisfazione, dal dolore e dall’isteria dell’amore sarebbe quasi difficile riconoscere il Majakovskij poeta futurista dall’energia creativa inesauribile e monumentale, regista geniale d’avanguardia che avrebbe influenzato generazioni di cineasti tra cui Ėjzenštejn, l’uomo libero e rivoluzionario. Majakovskij che abbracciò la Rivoluzione diventando rapidamente un tribuno e il suo portavoce più riconosciuto che si batté per l’alfabetizzazione di massa.

Non esistono famiglie ideali. Tutte le famiglie falliscono. Può esistere soltanto un amore ideale. Ma l’amore non lo si ottiene con i “devi” o “non si deve” lo si ottiene soltanto con un libero confronto con il mondo intero. Io non sopporto di arrivare ai “devi!”. Io amo infinitamente quando io non “devo” arrivare, starmene sotto le tue finestre, aspettare anche soltanto il balenare dei tuoi capelli da un’auto.

(1926)

Negli anni ‘70 Lili scrisse nel suo diario: “Ho fatto un sogno: sono arrabbiata con Volodya per essersi sparato, e lui mi mette così delicatamente in mano una minuscola pistola e dice: Comunque, farai lo stesso.

E nel 1978, all’età di 86 anni, Lili fece lo stesso. Si ruppe l’anca e non volendo diventare un peso per nessuno si suicidò con una dose letale di sonniferi.

Il sigillo letterario di questo amore, oltre la fitta corrispondenza (“L’amore è il cuore di tutte le cose”, edito in Italia da Beat), è senza dubbio Lilicka! Invece di una lettera.

Una lirica che mostra la sua anima fragile, autentica e vulnerabile. Scritta secondo i canoni del futurismo, la cui cifra è sostanzialmente la negazione di ogni canone, la poesia fortemente simbolica e antitetica, dimostra non solo il genio di Majakovskji, l’uso innovativo mezzo linguistico nelle forme tese, quadridimensionali dei verbi ma rapisce il lettore in una spirale crescente di sofferenza.

Una poesia potente che metta a nudo l’uomo. Fortissimo, libero, mai spezzato nemmeno dalla prigione e dalla guerra, era indifeso e vulnerabile di fronte all’amore, con un cuore incatenato nel ferro e un’amarezza che si può solo “vomitare”.

Lilicka! (Invece di una lettera)

Il fumo del tabacco ha divorato l’aria.
La stanza
é un capitolo del kru
čenico inferno.
Ricorda –
A questa finestra
per la prima volta,
frenetico, ti accarezzai le mani.
Oggi te ne sta lì,
il cuore nel ferro.
Un giorno ancora –
e mi caccerai,
insultandomi, forse.

Nell’anticamera fosca a lungo non scivola rotta dal tremito la mano nella manica.

Fuggirò via, Il corpo getterò in strada.

Selvaggio impazzirò, troncato dalla disperazione. No, non ce n’è bisogno cara, buona, dài facciamo pace, ora. E’ lo stesso

amore mio –

un fardello grande infatti –

peserà su di te

ovunque andrai.

Lascia ruggire in un ultimo grido l’amarezza di offesi lamenti.Se a fatica si riesce ad uccidere il toro –

lui andrà via,

ad accasciarsi nelle fredde acque.Ma, oltre al tuo amore

io

non ho mare

e dal tuo amore neanche col pianto ottieni tregua.Se vuole quiete lo stanco elefante –regale si sdraia sulla sabbia infuocata.Ma, oltre il tuo amore

io

non ho sole,

eppure non so dove sei e con chi. Se tu avessi tormentato così un poeta,

lui

l’amata avrebbe venduto per soldi e per gloria,

ma io

non ho caro altro suono

che il suono del tuo nome amato.

E non mi butterò nella tromba delle scale, non berrò del veleno, non oserò premere il grilletto contro la tempia.

Su di me, al di fuori del tuo sguardo , non ha potere la lama d’alcun coltello.

Domani dimenticherai che ti ho fatto regina, che l’anima in fiore s’era bruciata d’amore, e il carnevale polveroso dei futili giorni sgualcirà le pagine dei miei poveri libri…

Le foglie secche delle mie parole
sapranno convincerti a restare

coi loro avidi respiri?

Ma fa’ che
io copra con un’ultima tenerezza
il tuo passo che si allontana.

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