“Contro la povertà educativa uno spazio per i bambini in Dad con una buona connessione, i device e il supporto degli educatori”. Le buone prassi di Pianoterra al Rione Sanità

by Michela Conoscitore

La Didattica a distanza è tornata tra gli argomenti topic di questo periodo per via della parziale o totale chiusura delle scuole in Italia, a causa dell’inasprirsi della pandemia da Covid, che ha visto gli alunni tornare davanti a computer e tablet nelle proprie camerette. Si sta parlando degli aspetti educativi della Dad e delle ricadute pedagogiche che essa avrà nell’educazione dei bambini ma non si pensa spesso alla possibilità che in molte famiglie, per molteplici problematiche, gli alunni sono impossibilitati a seguire le lezioni a distanza perdendo così una fetta consistente del programma educativo del corrente anno scolastico. Non conoscendo la durata del protrarsi della pandemia, rischiano anche di perderlo per intero.

bonculture ha indagato anche questo aspetto della Dad e lo ha fatto raccontando, e scoprendo, la preziosa realtà, al rione Sanità di Napoli, del centro Punto Luce gestito dalla onlus Pianoterra. Il centro, di cui Irene Esposito è la direttrice e Alessandro Cerullo il coordinatore, sta fornendo ai propri ragazzi un supporto con la Dad permettendo così a tutti di ‘andare a scuola’, seppur in modo virtuale:

Irene, innanzitutto puoi raccontarci l’esperienza sul territorio della onlus Pianoterra?

Pianoterra nasce a Napoli nel 2008, da tre soci fondatori che sono Alessia Bulgari, Ciro Nesci e Flaminia Trapani. Essendo Flaminia una psicologa e terapeuta e Ciro un logopedista hanno notato come i loro pazienti fossero bambini i cui problemi derivavano essenzialmente da difficoltà di tipo socio-economico. Riflettendo, hanno pensato che intervenendo prima in contesti di deprivazione, povertà e marginalità è possibile correggere le traiettorie di vita di questi ragazzi, supportando le famiglie, poiché i problemi dopo possono essere solo corretti e non cancellati. Pianoterra si interessava inizialmente alla coppia madre-bambino intervenendo nei loro primi anni di vita insieme, e spesso anche fin dalla gravidanza. Col tempo abbiamo esteso la fascia di interesse, andando oltre i bimbi 0-3 anni, dato che, dal 2008, le famiglie sono cresciute come i bambini e quindi ci siamo affacciati sul mondo dell’infanzia e dell’adolescenza attraverso il progetto del centro Punto Luce nel rione Sanità che è finanziato da Save the Children Italia. Oltre al centro educativo e alla progettualità offerta dai finanziamenti dell’organizzazione internazionale fin dal 2014, oggi si stanno aggiungendo altre iniziative grazie anche ad altri aiuti e supporti.

Perché avete deciso di fornire un supporto alle famiglie nel seguire i ragazzi nella Didattica a distanza?

Irene Esposito: La Campania è stata la prima regione in Italia a chiudere le scuole, anche se è stata una delle ultime ad aprirle. Avevamo contemplato questa possibilità e il rischio chiusura, vista la pandemia, ideando un servizio flessibile perché sapevamo che per una serie di motivi, dalle condizioni abitative a difficoltà nell’accesso alle nuove tecnologie come la mancanza di dispositivi come pc e tablet, i bambini che venivano da noi al Punto Luce per le attività pomeridiane avrebbero avuto sicuramente difficoltà anche per la Dad. Difficoltà che si erano già presentate durante il lockdown della scorsa primavera, cosa che abbiamo potuto verificare perché da marzo a giugno il nostro centro ha fornito sostegno scolastico a distanza. Quindi oggi abbiamo deciso di fornire questo servizio, uno spazio per i bambini dove poter seguire la Dad con una buona connessione, i device e il supporto degli educatori. Senza dimenticare la possibilità di uscire dall’ambiente domestico per riavere una pseudo normalità, non perdendo il contatto con altri ragazzi e quindi la socializzazione che alla loro età è fondamentale.

Alessandro Cerullo: Anche questa iniziativa è supportata da Save the Children e fa parte di un progetto molto più ampio, Illuminiamo il Futuro, che si pone come obiettivo il contrasto alla povertà educativa. Molto apprezzata anche dai genitori perché il supporto per la Dad occupa lo spazio mattutino della giornata, che è ovviamente lavorativo non essendoci lockdown in Campania. Non è stato previsto alcun sostegno nell’ambito alle famiglie, ed essendo molto diffuso a Napoli e nel quartiere della Sanità il lavoro nero, queste famiglie non avrebbero usufruito di alcuna tutela, e ciò si sarebbe ripercosso soprattutto sulle donne lavoratrici. Inoltre, questi bambini vivono in abitazioni molto piccole e affollate, e quindi avevano necessità anche di un contesto tranquillo dove poter seguire le lezioni. In questo particolare momento la Dad stava lasciando indietro bambini che, in generale, possiedono poche risorse e quindi il problema è stato fin da subito palese.

Come vi siete organizzati logisticamente con i bambini?

Alessandro Cerullo: Per rispettare le misure di contrasto al Covid ci siamo organizzati in due gruppi di sei-sette bambini, prevalentemente provenienti dalle elementari, la fascia di popolazione scolastica più colpita dalla chiusura delle scuole, che sono seguiti da due operatori per gruppo.

Come prosegue la giornata dei ragazzi al centro Punto Luce?

Alessandro Cerullo: Oltre alla Dad la mattina, nel pomeriggio offriamo attività di supporto scolastico in presenza o a distanza, perché il centro accoglie minori dai sei ai sedici anni, organizzandoci con una turnazione. Sono presenti anche una serie di laboratori ludico-ricreativi come la pittura, il coding che permette la familiarizzazione dei bimbi con i device digitali, e in questo momento stiamo lavorando alla creazione di un cortometraggio che si inserisce all’interno di un progetto più ampio, ovvero la produzione di una mini serie web ideata con i ragazzi degli altri centri educativi della Sanità. Stiamo collaborando anche con il fotografo ivoriano Mohamed Keita che sta replicando un’esperienza che aveva già tenuto in Mali coinvolgendo sempre dei ragazzi, ora l’ha esportata qui alla Sanità dopo l’esposizione del suo lavoro proprio a Napoli, al Museo Archeologico Nazionale.

Qual è la valenza che il centro Punto Luce ricopre in un quartiere come il rione Sanità di Napoli?

Alessandro Cerullo: Rappresenta un punto di riferimento qui sul territorio perché oltre ad essere un luogo sicuro di aggregazione dove far trascorrere del tempo ai propri figli, siamo interpellati anche per altri aspetti della vita dei ragazzi. Grazie a Save the Children che ha accolto subito l’iniziativa di aprire la mattina per il supporto alla Dad, dotando i bimbi dei tablet in modo molto tempestivo, possiamo offrire ai ragazzi e alle loro famiglie anche una consulenza legale, la possibilità di valorizzare dei talenti e rispondere a delle esigenze anche di tipo materiale attraverso le doti educative, un percorso personalizzato dove ogni minore in comprovata situazione economica disagiata può beneficiare di un sostegno che può essere speso per l’acquisto di un bene o di un servizio. Durante il lockdown tramite Pianoterra e Save the Children sono stati forniti generi alimentari e pagate utenze.

Irene Esposito: Anche in termini di rete, c’è una bella realtà qui alla Sanità. Questo quartiere è da sempre percepito come periferico seppur si trovi in pieno centro cittadino. Negli anni, però, sono proliferate le realtà associative sul territorio che hanno contribuito col loro intervento a cambiare la situazione che oggi è nettamente molto diversa, tanto che la Sanità attrae anche molti turisti. Punto Luce fa parte di quella rete che opera sul territorio senza logiche di competizione, anche in una prospettiva di accesso ai finanziamenti. Collaboriamo tra noi per non duplicare gli interventi e coprire tutte le esigenze.

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