«Entriamo nei quartieri deprivati di Foggia e portiamo la cultura, lo scambio, la socialità e la condivisione di valori positivi». L’impegno dell’ingegner Marcello Salvatori

by Antonella Soccio

La tremenda afa da cambiamenti climatici, che da settimane, in questa estate pandemica di ripresa, soffoca la Puglia e il capoluogo della Capitanata, è la perfetta metafora della cappa criminale che Foggia si porta ormai addosso, terra di Quarta Mafia, in attesa del pronunciamento della Commissione d’accesso agli atti per la verifica di infiltrazioni mafiose nell’Ente comunale e nell’amministrazione dell’ex sindaco Franco Landella, nei guai giudiziari per corruzione e incastrato dalle intercettazioni.

In un tale contesto, così degradato, da dono tradito come lo ha chiamato il Questore, con la comunità sfiduciata e a tratti afasica, dibattere di libri, di autori, divagare tra le vite degli altri appare quasi un lezioso esercizio di stile. Eppure il Premio I fiori blu rivendica la necessità di portare bellezza, di diffondere parole, personaggi, idee, luoghi dell’immaginazione e dell’anima.

Un pezzo della classe imprenditoriale foggiana ha creduto nell’iniziativa diretta dalla giornalista Alessandra Benvenuto, scegliendo di essere compagna di strada di un premio dai nomi importanti.

Tra questi l’ingegner Marcello Salvatori, poliedrico e illuminato imprenditore energetico turistico e agroalimentare, che da anni crede in un mix di lavoro e sociale, passione e impegno intellettuale.

Noi di bonculture lo abbiamo intervistato.

Ingegnere, perché hai deciso di sostenere il Premio I fiori blu? Ti è sembrato coerente con la necessità della città e con la povertà educativa che purtroppo vive una parte della comunità?

Ho pensato di sostenere il Premio I fiori blu perché è un pezzo di positività, bellezza, attenzione alla cultura che questa realtà esprime e lo esprime molto bene, con ambizione. Credo che ci sia bisogno di avere ancora delle soddisfazioni intellettuali da parte di chi ha bisogno di crescere, capire e di confrontarsi e quindi anche di leggere e di conoscere. Foggia non è e non deve essere città ultima e non lo è perché ci sono persone molto importanti, intelligenti, capaci che hanno voglia di approfondire i temi e un premio letterario aiuta in questo senso, anche se io sono interessato ad altre cose, ma questo non vuol dire che una cosa escluda l’altra.

Le altre cose? Hai citato la povertà educativa e l’osservatorio sulla povertà, che era una mia idea ma non soltanto mia, una idea che ho cercato di portare avanti.

Con l’assessore Bray hai sottolineato l’importanza di una cultura che si contamina e cerca l’approfondimento multidisciplinare, per superare barriere ideologiche soprattutto sul tema dea transizione ecologica. Ti aspettavi che Foggia arrivasse così in fondo nelle classifiche e nella percezione nazionale su corruzione e mafie? Perché non riesce ad essere la città dell’ambiente, del grano, del buon vivere?

Il premio e altre iniziative sono un altro punto di vista nuovo per approcciare le cose della cultura, se n’è parlato anche con l’assessore Massimo Bray. La cultura non è soltanto quella dei premi letterari, importanti, naturalmente, ma è anche quella di chi la cultura non ce l’ha, cioè dei quartieri deprivati in cui si continua a vivere di sistemi valoriali altri, di sistemi alternativi rispetto a quelli democratici che noi condividiamo e dove le persone possono facilmente sfociare nella cultura della sotto violenza fino alla marginalità e alla devianza. Noi che abbiamo avuto la fortuna di studiare un po’ di più abbiamo il dovere di creare dei ponti tra zone della città diverse tra di loro, abbiamo bisogno di attenzionare quelle zone che sono ormai zone ghetto dove non si entra più, non tanto perché si ha paura ma perché chi ha studiato non entra volentieri perché non ci piacciono, giustamente non ci piacciono. E invece bisogna entrarci e contaminarsi e capire che usciremo da questa situazione di ultimi d’Italia non solo se c’è un cambio politico- determinante- ma se c’è uno sforzo collettivo di tutte le classi sociali della città che si incontrino tra di loro e creino degli strumenti nuovi per entrare nei quartieri affinché vivano dignitosamente. Dobbiamo portare in quei quartieri la cultura, lo scambio, lo stare insieme, la socialità e la condivisione di valori positivi.

Anni fa lanciasti il progetto sull’osservatorio sulle povertà. Cosa è cambiato da allora e come giudichi le attività parrocchiali dei quartieri più popolari? Tra qualche giorno saranno presentati i risultati al Sacro Cuore.

Le parrocchie sono un avamposto della società all’interno dei quartieri della città, potrebbero diventare un punto di riferimento per creare quei ponti di cui dicevo prima per diventare terminali di un osservatorio sulla povertà. Per osservatorio della povertà non intendo solo un centro di raccolta dati, che pure è fondamentale, ma anche un punto di incontro dove le energie migliori della città attenta al sociale si possano incontrare per capire quali sono gli strumenti e i progetti utili alla città per risollevarsi.

Con Elda Hotel ma già prima con Elda Cantine hai sperimentato un progetto di socialità e di condivisione nel segno della cultura, della musica. La pandemia cambierà alcuni percorsi e alcuni modelli di accoglienza?

Io sono ingegnere e la mia attività principale è l’energia, ma anche Elda Cantine e l’Elda Hotel con un turismo naturalistico hanno preso uno spazio importante nella mia attività. Io credo che la Foresta Umbra, il Gargano interno, ma anche il Gargano dei paesi interni, tutti molto belli, possano diventare una meta turistica integrata col turismo balneare. Dico integrata perché il mare ha la sua bellezza, non possiamo dimenticarlo né superarlo né metterlo da parte. Ma la bellezza delle aree interne non è inferiore, sopratutto in Foresta Umbra dove io sono situato. Credo che la pandemia abbia dato una maggiore capacità di stare soli e di saper stare con i propri cari e di saper pensare alle cose importanti della propria vita e nel gestire il tempo che noi abbiamo in una maniera che ci faccia sentire la nostra umanità e ci porti a percorsi non troppo mercificati e destinati al consumismo. Secondo me questa è una verità, anche se in altri casi la pandemia ha prodotto anche condizioni di stress e solitudine e problemi esistenziali importanti. Non so come ne verremo fuori, singolarmente o tutti insieme, ma la sensazione che ci sia stato un cambiamento la avverto anch’io: il tipo di turismo che vogliamo fare avrà dei cambiamenti. La nostra esperienza in Foresta credo che oggi trovi riscontro nella gente, in questo periodo in particolare.

Infine, Foggia. Molti sperano in una tua candidatura a sindaco, dopo il possibile scioglimento per mafia del Consiglio comunale. È arrivato il tuo tempo? Potresti lavorare ad un cantiere di cittadinanza attiva in questi possibili 2 anni di commissariamento?

(sorride) È una domanda a cui non rispondo, nessuno mi ha candidato né sono candidato, né credo ci siano oggi movimenti per delle candidature. Se ci sarà bisogno di confrontarsi con amici per un cantiere di cittadinanza attiva non mi tirerò indietro, non l’ho mai fatto. Amo questa città, ho dedicato tutta la vita a questa città in cui sono voluto tornare e credo che bisogna restituire assolutamente dignità a questo nostro territorio. Se possibile darò anche il mio contributo.

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