La Corte Costituzionale pone fine all’annoso problema delle royalties? Sì, ma vince la Lobby dell’eolico

by Rino Lamarucciola

I Comuni esultano, e con loro anche alcuni Parlamentari locali che fanno a gara per ascriversene i “meriti” (?), per quella che, solo secondo alcuni pochi avveduti Sindaci, più che una vittoria, altro non è che “la vittoria di Pirro”.

I Comuni, tranne solo pochi avveduti Sindaci, esultano, e con loro anche alcuni Parlamentari locali che fanno a gara per ascriversene i “meriti”, per la sentenza del 23 marzo 2021 n.46 della Corte Costituzionale, già chiamata a pronunciarsi in merito alla legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 953, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), da cui si evince che il su menzionato Supremo Organo, nel dichiarare la legittimità della norma, ha prescritto – pur mantenendo, fino all’entrata in vigore della legge stessa (1° gennaio 2019), la piena efficacia degli accordi liberamente pattuiti prima del 3 ottobre 2010 tra le Società di produzione di energia eolica e i Comuni – la revisione delle vecchie Convenzioni per adeguarle alle Linee Guida Ministeriali del 10 settembre 2010.

I Comuni, tranne solo pochi avveduti Sindaci, esultano, e con loro anche alcuni Parlamentari locali che fanno a gara per ascriversene i “meriti”, perché, a loro dire, finalmente, dopo circa un decennio di pronunciamenti discordanti tra i TAR e il Consiglio di Stato, si è giunti al tanto atteso pronunciamento di legittimità costituzionale del “famigerato” art. 1 della legge di Bilancio dello Stato per l’anno 2019 e con esso al riconoscimento, fino al 1° gennaio 2019, delle così dette “royalties” maturate negli anni antecedenti tale data ma non ancora corrisposte.

I Comuni, tranne solo pochi avveduti Sindaci, esultano, e con loro anche alcuni Parlamentari locali che fanno a gara per ascriversene i “meriti”, perché finalmente potranno fare cassa e, forse, realizzare qualche sogno nel cassetto, potranno perfino alzare il vessillo della vittoria per “aver vinto” questa battaglia ma, di certo, non potranno non riconoscere che si è persa la guerra. Una guerra che si è consumata per lo più nei Monti Dauni, dove sono concentrate maggiormente quelle comunemente chiamate “pale eoliche”, dove, in cambio di pochi spiccioli, si è svenduto un patrimonio ambientale di indubbio valore, dove le Società produttrici di energia eolica, nella quasi totalità provenienti da altre regioni, hanno trovato terreno fertile per realizzare ingenti guadagni che hanno portato nelle loro regioni dove, peraltro, mantengono la sede legale e pagano le tasse. Una guerra che lascia sul campo solo i segni tangibili della distruzione di un territorio che avrebbe avuto ed avrebbe bisogno di una diversa valorizzazione. Una guerra che non ha prodotto altro se non ferite destinate a rimanere nel tempo. Una guerra che non ha prodotto alcuna occupazione. Una guerra, insomma, che già in partenza e ancor più nel corso degli anni, mostrava i segni di quella che sarebbe stata la sconfitta totale, la Waterloo dei Comuniche, anno dopo anno, si sono visti negare il già poco e spesso malamente utilizzato potere contrattuale nei confronti delle Società.

E’ indubbio, infatti, che all’inizio della “colonizzazione”, databile intorno ai primi anni ‘90, ai Comuni, in forza della facoltà/potestà di concedere o meno la realizzazione di impianti sul proprio territorio (Concessione Edilizia), veniva riconosciuta la possibilità di “negoziare”, oltre a modi e tempi di realizzazione, soprattutto la quantità di “royalties”, le risorse finanziarie, le “misure compensative”, la “monetizzazione”, insomma, del notevole patrimonio paesaggistico che si andava a rendere disponibile come controvalore.

Ma, è altrettanto indubbio, che con l’entrata in vigore del D.Lgs n. 387 del 2003, molte di tali prerogative vengono tolte ai Comuni, – a cui resta la sola possibilità di esprimere un parere, peraltro non vincolante, in sede di Conferenza di Servizi – per essere assegnate alle Regioni: la Concessione Edilizia, di competenza dei Comuni, lascia il posto alla così detta “Autorizzazione Unica” di competenza regionale.

E’ un primo passo, l’inizio di un percorso che, come dicevamo, gradualmente e sistematicamente, passo dopo passo, porta allo svilimento del potere negoziale dei Comuni che, con l’emanazione delle “Linee Guida Ministeriali del 10 settembre 2010”, -secondo cui “…le compensazioni, volte in tutto o in parte al riequilibrio ambientale e territoriale, vanno determinate entro limiti percentuali (massimo 3% della valorizzazione dell’energia prodotta e/o che si andrebbe eventualmente a produrre in caso di repowering) concordati nell’ambito di apposita Conferenza dei Servizi e non autonomamente tra operatori economici e Comuni – vengono definitivamente posti in una posizione marginale nella formazione del procedimento autorizzativo, relegati al ruolo di semplici spettatori a cui viene concesso di applaudire o meno, ma non già di poter incidere in alcun modo sui contenuti di un “copione” che, come in questo caso, è scritto e interpretato da altri soggetti (Regione e Società produttrici). Anzi, a ben vedere, ai Comuni, che fino a questa data erano gli unici protagonisti, gli attori principali, viene preclusa qualsiasi possibilità di esercitare quel “potere contrattuale” precedentemente riconosciutogli che, manco a dirlo, passa esclusivamente nelle mani della Regione e delle Società Produttrici.

Con la sentenza della Suprema Corte (n. 46 del 23 marzo 2021) che, oltre a quanto già detto, stabilisce la obbligatorietà di adeguare le Convenzioni in essere alla luce delle prescrizioni contenute nelle suddette Linee Guida, si chiude il cerchio e i Comuni, da semplici spettatori, per effetto di tale normativa, diventano ostaggio delle Società Produttrici che, per quanto viene loro concesso, vedono notevolmente accrescere il loro potere contrattuale se è vero, come è vero, che a queste ultime viene riconosciuto il diritto di proporre/imporre un adeguamento delle Convenzioni anche ai Comuni che, avendole stipulate antecedentemente al 1° ottobre 2010, non sarebbero state obbligate ad alcuna rinegoziazione e rideterminazione delle compensazioni monetarie (royalties) concordate.

E’ indubbio, quindi, che a pagare i costi, qualora le Società Produttrici dovessero decidere di proporre/imporre ai Comuni di sostituire in toto le “compensazioni ambientali e territoriali” che, come tali, non sono ascrivibili ai Bilanci dei Comuni, alle attuali “compensazioni monetarie” (royalties) che, al contrario, attualmente concorrono alla loro formazione, sarebbero maggiormente/solo i Comuni che, in tal caso, verrebbero a trovarsi inevitabilmente nella impossibilità di assicurare gli stessi equilibri di bilancio e, di conseguenza, di tenere fede ai Programmi e agli impegni fin qui assunti. Né, tantomeno, se le Società Produttrici, al fine di indurre i Comuni ad accettare una rinegoziazione al ribasso delle compensazioni monetarie (royalties) concordate, dovessero decidere –cosa che sicuramente faranno- di utilizzare la stessa normativa per condizionare a loro favore la scelta dei Comuni che, venendo a trovarsi nella condizione di scegliere tra le “compensazioni ambientali e territoriali” e la possibilità di continuare a percepire, seppure in misura fortemente ridotte, le “compensazioni monetarie” (royalties) –che come già detto, a differenza delle prime concorrono alla formazione dei Bilanci degli Enti Locali- si vedrebbero costretti, obtorto collo, ad operare una scelta che, inevitabilmente, andrà a ricadere su quest’ultima opzione che, comunque, consentirebbe loro almeno di fare fronte alle spese correnti

Per quanto ci si possa sforzare, riesce oltremodo difficile comprendere, di fronte a questo scenario, l’esultanza dei Comuni e di alcuni Parlamentari locali che fanno a gara per ascriversene i “meriti”, non voler ammettere, invece, che ancora una volta i Comuni sono costretti a soccombere allo strapotere della “Lobby dell’eolico” a cui, per effetto della già citata sentenza della Suprema Corte, come se non bastasse, viene riconosciuto, oltre al diritto di proporre/imporre ai Comuni l’adeguamento delle Convenzioni in essere alle condizioni che più riterranno opportuno, anche quello di considerare, ai fini fiscali, le misure compensative, siano esse “ambientali e territoriali” o “monetarie” (royalties), come costi nella determinazione del reddito di impresa.

Appare chiaro,a ben vedere, che i Comuni, e con loro anche alcuni Parlamentari locali che fanno a gara per ascriversene i “meriti”, abbiano ben poco da esultare. Questa “lunga guerra”, che lo si voglia ammettere o meno, è stata vinta dalla “Lobby dell’eolico” che, a parte il fatto di dover corrispondere ai Comuni le concordate “compensazioni monetarie” (royalties) non versate fino al 1° gennaio 2019, è posta, dato il suo accresciuto potere contrattuale, nella condizione di dettare le “nuove regole” per gli anni a venire. Sul versante dei Comuni, invece, appare altrettanto chiaro che agli stessi, privati del potere negoziale che gli era proprio, oltre al fatto di potersi vantare di vedere riconosciuti i crediti maturati fino alla su citata data, non resti altro che cercare di contenere i danni che potrebbero derivare dal possibile riconoscimento delle sole “compensazioni ambientali” e sottostare a forme e modalità di rinegoziazione dettate dalle condizionalità (modi, tempi, valore, ecc.) che le Società sicuramente porranno in essere a loro favore, pur di continuare a introitare, fosse anche solo in minima parte, le “compensazioni monetarie” (royalties) necessarie per evitare di pregiudicare i propri Bilanci.

Non si può sottacere, a conferma di quanto sopra, che alcune Società Produttrici, evidentemente già a conoscenza dell’esito della sentenza, abbiano inoltrato ai Comuni, ancor prima della pronuncia della Suprema Corte, formale richiesta di adeguamento delle Convenzioni alla Linee Guida Ministeriali. Né, tantomeno, che qualche Comune, alla luce di ciò, già si è visto costretto a convocare d’urgenza il Consiglio Comunale per deliberare l’annullamento della Convenzione in essere e la sua sostituzione con altra Convenzione che, a fronte delle somme che la Società Produttrice avrebbe dovuto versare al Comune fino al 1° gennaio 2019, si impegna a versare a “saldo e stralcio” solo una parte delle stesse, solo a partire dall’approvazione della relativa deliberazione e solo in più annualità. A ciò si aggiunga, per meglio comprendere in quali mani effettivamente risieda oggi il potere di “dettare le nuove regole”, che nella stessa proposta di “nuova Convenzione”, la cui validità è prevista per 29 anni, la Società produttrice si impegna a versare al Comune non già, come sarebbe normale, la quota annua per l’intera durata della Convenzione, bensì la quota annua per soli 15 anni che, come se non bastasse, partirebbero solo dall’anno successivo all’ultimo versamento del “saldo e stralcio”.

Tralasciando per il momento altre considerazioni in merito (per esempio: Repowering), che attesterebbero ancor più che, anche/soprattutto grazie ad alcuni Parlamentari locali che ne vantano i “meriti” (?), HA VINTO LA LOBBY DELL’EOLICO, non si può sottacere, però, che di fronte a questo “nuovo scenario” i Comuni e le stesse Comunità sono chiamati a riflettere sulla necessità di individuare nuovi percorsi, di mettere in campo strategie capaci di rimediare agli errori fatti in passato, di prospettare soluzioni che facciano di queste criticità delle opportunità, di proporsi più che come semplici interlocutori, come gli unici e veri soggetti responsabili del destino del proprio territorio, di individuare, insomma, con urgenza i “nuovi paradigmi” verso cui indirizzare con convinzione e determinazione una diversa “azione politica” che, ferma restando la condizione che i Comuni e le stesse Comunità acquisiscano la necessaria consapevolezza e urgenza di abbandonare la logica del “meno peggio”, del “meglio poco e subito”, porterebbe indubbi e maggiori benefici all’intero territorio dei “Monti Dauni”.

Questa già più volte richiamata Sentenza, quindi, potrebbe rappresentare, qualora i Comuni dell’Area Interna dei Monti Dauni decidessero, nell’ottica del “breve periodo”, di continuare con la politica del “meno peggio”, del “meglio poco e subito”, il mantenimento dello “status quo”, “il punto di non ritorno” oppure, qualora decidessero, come sarebbe sicuramente consigliabile e auspicabile, di orientare la scelta a favore delle “compensazioni ambientali”, l’inizio di una nuova era, “il punto di partenza” da cui avviare, nell’ottica del “medio-lungo periodo”, una “politica territoriale” che, tenendo conto delle opportunità previste dalle misure legate alla così detta “Transizione Ecologica” del “Recovery Plan”, possa consentire ai Comuni, attraverso una inevitabile e quanto mai necessaria riconfigurazione/rideterminazione della stessa “Strategia dell’Area Interna”, di operare una riconsiderazione delle “politiche ambientali” che hanno caratterizzato gli ultimi decenni, di individuarne e rimuoverne le eventuali criticità, ma, soprattutto, di formulare proposte orientate alla costituzione di una vera e propria “Comunità Energetica” che metta insieme, per quota parte, tutti i Comuni dell’Area, i Cittadini che ne vorranno far parte, senza escludere le stesse Società Produttrici.

Al contrario, i Comuni non sarebbero in alcun modo ulteriormente giustificati se perdessero questa irripetibile occasione. Non possono e non devono più perdere tempo nella ricerca di soluzioni utili solo a tamponare i sempre più esigui Bilanci. A loro viene chiesto oggi di operare scelte coraggiose e lungimiranti, capaci di creare condizioni di miglior favore per le proprie Comunità, finalizzate al mantenimento in loco del valore aggiunto che, sicuramente, ne deriverebbe. C’è bisogno del necessario coraggio per superare le indubbie difficoltà che sicuramente si presenteranno nell’intraprendere questo cammino. C’è bisogno, come si dice, di “buttare il cuore oltre gli ostacoli”, di individuare e tracciare il giusto percorso, le modalità e gli steps da fare per raggiungere questa meta, sicuramente ambiziosa, ma altrettanto possibile e indifferibile. A tal fine, c’è bisogno che da subito venga attivato uno specifico “forum” che, oltre alla “Cabina di regia” e agli stessi Comuni dell’Area Interna, veda la presenza degli Stakeholder e, soprattutto, dei Cittadini che si sono visti preclusi da qualsiasi possibilità di incidere sulle scelte fin qui operate.

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