«La DAD dovrebbe essere una parte minoritaria e complementare dell’insegnamento, se diventa il tutto è una catastrofe.» L’intervista al dirigente Trecca

by Michela Conoscitore

Dad sì, Dad no: sono mesi ormai che la discussione su effetti positivi e negativi della didattica a distanza sta dividendo e disorientando. Circa un anno fa, i ragazzi italiani stavano per familiarizzare con la scuola al computer e, ora, questa metodologia pedagogica, l’unica possibile per portare avanti il lavoro didattico con gli alunni soprattutto nel momento più critico della pandemia da Covid-19, è ritornata sul ‘banco degli imputati’, in seguito alle ultime dichiarazioni della ministra della Pubblica Istruzione Lucia Azzolina. La didattica a distanza lascerà segni indelebili sull’attuale generazione tra i banchi di scuola? I genitori come dovranno fronteggiarli?

bonculture ha deciso di compiere un’indagine, intervistando i presidi di alcuni istituti scolastici foggiani per provare insieme a fare il punto della situazione e comprendere quel che sta accadendo nelle scuole italiane, in questi giorni. Oggi tocca a Giuseppe Trecca, dirigente del liceo “Lanza – Perugini”.

Preside Trecca, com’è andato il rientro a scuola al Liceo Lanza-Perugini dopo le vacanze natalizie?

Il rientro non ha comportato particolari scossoni, perché ci siamo lasciati con la Didattica Digitale Integrata, e abbiamo ripreso sempre on line. Il nuovo acronimo del Ministero sostituisce la Didattica a Distanza dell’anno scorso: cambiano i nomi ma non la sostanza. Occorrerebbe, però, sapere il coefficiente di delusione delle ragazze e dei ragazzi di fronte a questa ennesima promessa mancata.

Lunedì la ministra del Miur, Lucia Azzolina ha dichiarato che la DAD non funziona più. Condivide le sue stesse preoccupazioni?

La DAD o come ho specificato prima la D.D.I., a mio avviso, è uno strumento prezioso e importante che abbiamo scoperto con questa pandemia, abbiamo imparato a utilizzarlo, ne abbiamo usato le enormi potenzialità e spero che non la abbandoneremo più. Però non potrà mai sostituire la Didattica in presenza. La scuola è trasmissione di saperi e conoscenze, ma è anche socializzazione, rapporto fisico tra ragazzi e ragazzi, empatia tra alunni e docenti. È evidente che la D.D.I., che dovrebbe essere una piccola parte complementare della Didattica, finisce per assorbire tutta la didattica, comincia a mostrare i suoi limiti e più questa situazione si protrarrà e più evidenti saranno le crepe e i rischi sempre più gravi che emergeranno.

La ministra ha parlato anche di dispersione scolastica, pare che il dato sia in aumento, ed è una diretta conseguenza della DAD. Qual è la situazione in merito nella sua scuola?

È presto per avere dati: l’anno scorso ci sono stati solo tre mesi di DAD e, alla fine, si è avuto il sei politico; quest’anno è ancora in fieri.

Il provvedimento del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, di lasciare libera scelta alle famiglie sul decidere se mandare i figli a scuola secondo lei aumenta questa sensazione di caos e la confusione che stanno contraddistinguendo questo anno scolastico?

Stiamo assistendo a un terribile balletto di decisioni governative a colori: giallo, arancione e rosso, D.P.C.M., Ordinanze Regionali e Ordinanze dei Sindaci, prima in conflitto tra loro e oggi peggiorative l’una dell’altra. Anche un Santo perderebbe la pazienza e anche un legulèio griderebbe basta!

Come stanno reagendo i genitori dei suoi ragazzi? Ha raccolto lamentele, preoccupazioni?

Molto compostamente: l’Italia e gli italiani stanno dimostrando una serietà, una pazienza e un senso del dovere davvero straordinario se si pensa alle rivolte esplose negli altri Paesi, sulla pandemia e non solo su quella. L’invito molto forte che rivolgo è quello di non abusare di questa pazienza, perché i segni di stanchezza ci sono e sono forti. In questi giorni presenterò un questionario a tutte le componenti scolastiche proprio per fare il punto su questa esperienza prima degli scrutini del primo quadrimestre.

La DAD pare si stia ripercuotendo pesantemente sulla capacità di concentrazione e provocando ritardi nello studio dei ragazzi. Quali sono i report dei suoi docenti sul rendimento scolastico degli alunni?

Non tutti i ragazzi hanno reagito alla stessa maniera, ci sono anche quelli che in questa situazione sono migliorati, ma per la maggior parte ci sono elementi di criticità e, in diversi casi, si sono evidenziate situazioni di vera e propria crisi.

In merito a questo, a settembre il Miur aveva approntato i piani di recupero individualizzati (PIA e PAI) che però non sono mai stati concretizzati, anche per via della cronica mancanza di docenti. Da questo punto di vista qual è la situazione nella sua scuola, anche per quanto riguarda le nomine dei professori?

I PIA e i PAI erano un’ottima iniziativa riparativa dei limiti della DAD dell’anno scorso, ma non sono decollati per i problemi legati alle difficoltà nel balletto dei docenti di inizio anno, ma, diciamoci la verità, anche per la opposizione del personale docente chiamato a svolgere un’attività aggiuntiva rispetto al suo contratto di lavoro, che ancora oggi prevede che il docente, fino alla ripresa dell’anno scolastico, sia ancora sostanzialmente libero. Prerogativa fortemente difesa dal corpo docente e dai sindacati. Il Ministero, dal canto suo, prevede il tutto gratis per un personale docente già fortemente penalizzato dal punto di vista economico. Due cose non possono stare insieme.  

Il giornalista Carlo Verdelli nel suo editoriale su Il Corriere della Sera ha parlato di ‘generazione interrotta’: qual è la sua riflessione in merito su questo anno in DAD? Quali saranno le conseguenze che dovranno fronteggiare i ragazzi una volta tornati alla normalità?

È un’espressione felice e si tratta di un articolo bellissimo. L’ho detto, la DAD dovrebbe essere una parte minoritaria e complementare dell’insegnamento, se diventa il tutto, è una catastrofe. La DaD deve ibridare, per una piccolissima parte, l’insegnamento e questo spero rimanga anche per il futuro. I ragazzi, sono certo, riusciranno facilmente a riprendere la vita normale, ad incontrarsi, parlarsi, abbracciarsi, a vivere. Le cicatrici profonde, però, quelle rimarranno e i loro danni non sono facilmente calcolabili.

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