Legalità: solo le Regole sconfiggono la Forza

by redazione

Parlare della mafia, capire come è cresciuta e quanto sia riuscita nel tempo a strutturarsi in una comunità dolente come quella della Capitanata non è solo un atto doloroso e doveroso.

Direi che è un comune sentire necessario e soprattutto utile, almeno quando l’approccio cognitivo sul delicato tema è affidato ad un metodo serio, che ricostruisce minuziosamente fatti e circostanze come in una filigrana che recupera la storia consegnata alla memoria che non dimentica mai.

Ne ho avuto netta la sensazione a San Giovanni Rotondo, dove ho ascoltato, per la rassegna letteraria Libri in Corso, le riflessioni a punta secca di Antonio Laronga e Franco Moscone, personaggi di non poco conto per le rispettive responsabilità rivestite che osservano la legge degli uomini e quella di Dio.

In vero è una discussione che fanno in molti ma che a non tutti, a mio sommesso parere, riesce di compiere in maniera così pacata e ponderata, come in un viaggio che si attraversa con la giusta consapevolezza di guardare ad occhio nudo le sinistre emozioni che la cronaca ci consegna giorno dopo giorno.

A San Giovanni Rotondo è stato come sentire un racconto per immagini, come in quel libro, La Quarta Mafia, scritto da “un magistrato sul fronte”, dove le questioni mafiose tuttora aperte sono descritte con un taglio nudo e crudo, ripercorrendo la triste trama di fenomeni criminogeni ormai acclarati.

Un’analisi puntuale in una narrazione che ha avuto di sicuro il pregio di non restare mai in superficie perché è andata avanti sino a toccare il cuore di quel terribile dramma che abbiamo davanti, individuando momenti ed accadimenti ben situati in uno spaccato storico che è lì, come prova regina, a dar conto dell’operoso impegno di una criminalità spavalda e temeraria, perché il suo compito è quello di incutere paura cagionando uno smarrimento sociale indicibile.

A me è parso che l’Osea – l’ Osservatorio Società Economia e Ambiente – e il laboratorio urbano Coworking Artefacendo siano riusciti a coniugare molto bene, grazie anche alla sobria ed elegante conduzione di Alessandro Santarsiero, la necessità di sapere con quella di sperare ancora e intuire, magari prima possibile, una via d’uscita dal buio tunnel che ha seminato efferati delitti nelle nostre contrade.

La speranza, è noto, aiuta a vincere la paura. Monsignor Moscone, pastore di grande esperienza, lo ha detto con parole nette che bisogna saper cogliere perché “ la pioggia si fermerà, la notte finirà, il dolore svanirà, ma la speranza non è mai così persa da non poter essere trovata”, scriveva Hemingway.

L’idea decisamente vincente che per me è prevalsa nel sentimento civico dei molti presenti in una serata significativa ed interessante, sta tutta in due parole, pronunciate con lucida determinazione da Laronga, scrupoloso Procuratore aggiunto, da sempre in campo per contrastare i poteri mafiosi e “la mala bestia” come Sturzo denominava le corruttele dei palazzi.

Una sorta di scelta di campo ad un bivio dove incontriamo la Forza e le Regole.

La prima consegnata non solo alla protervia, alla violenza ma anche al subdolo esercizio sugli altri del frutto di relazioni di potere politico ed economico e rendite di posizione sociale.

La seconda è tutta rimessa all’agire, alle forme di condotta e di comportamento in una società che deve però poter credere ancora di poter vivere in un domani migliore perché, come ammoniva il grande Piero Calamandrei, “ la libertà è condizione ineliminabile della legalità : dove non vi è libertà non può esservi legalità”.

Micky dè Finis 

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