Di Foggia che facciamo? Palmisano: “Qualcuno preferisce che resti solo il controllo della mafia”

by Antonella Soccio

La Scampia dei “bei tempi”: è questa una delle definizioni che gli occhi esterni di molti intellettuali meridionali conferiscono a Foggia e alla sua provincia, territorio di Quarta Mafia.

La Scampia dei “bei tempi” in questo inizio di 2020, forse per l’assenza di notizie nelle redazioni, fatta eccezione per gli Esteri e la possibile guerra in Iran naturalmente, si è conquistata le aperture di alcuni siti nazionali, dei tg del servizio pubblico, ma mantiene i trafiletti del racconto regionale.

Cosa fare di Foggia? Si chiedono tanti protagonisti del discorso pubblico pugliese, impegnati già nella prossima campagna delle Regionali 2020. Tre attentati dinamitardi sono stati esplosi tra il 31 dicembre e il 3 gennaio e qui si è consumato il primo omicidio nazionale, un assassinio di matrice mafiosa.

Ieri sera una famiglia è rimasta viva per un miracolo del destino e le finestre di mezza città hanno tremato, come in guerra, per l’attentato all’auto in uso a Cristian Vigilante, responsabile del personale della Rssa Il Sorriso, tra i principali testimoni denuncianti dei boss del racket e delle estorsioni nel processo DecimAzione. Il manager deve ancora confermare la sua versione dei fatti al processo. Tardivamente sono state decise e disposte, nel tavolo convocato questo pomeriggio in Prefettura, misure di tutela nei suoi confronti e nei confronti degli altri commercianti colpiti.

Il clima di paura e di inarrestabile declino, nonostante i bellissimi spettacoli luccicanti o pensosi dei teatri e le energie che pure resistono, è sempre più evidente. Nei negozi che chiudono, in una marginalità estetica e morale con i ragazzini che hanno nella violenza il loro unico scatto adrenalinico, in un tessuto urbano senza regole. Quando arrivano le classifiche nazionali di qualità della vita certificano solo l’ovvio.

Due consigli comunali sono stati sciolti per mafia, Manfredonia e Cerignola, importanti aziende, come le società dei soci Trisciuoglio Insalata, che gestivano i Tributi e il Cimitero, sono state raggiunte da pesanti interdittive antimafia, altre sono state sfiorate da inchieste su possibili riciclaggi di denari illeciti. Altre ancora devono capire che fine faranno le indagini urbanistiche e quella sulla mancata bonifica di un sito industriale pericoloso e inquinante, dove sono installati i capannoni di un mega centro commerciale. Tuttavia la politica locale appare sempre più affannata in polemiche sterili, senza incidere nella separazione dei buoni dai cattivi.

Qualcuno si dimette da posti apicali per agevolare staffette forse già concordate, mentre si assiste inermi alle recriminazioni, come se la colpa non fosse mai di nessuno, per un colosso come Amazon, fatto fuggire nella vicina Bitonto.  

“L’ultimo attentato all’auto del manager è una ritorsione con minaccia. Mi sono fatto un’idea: questi ultimi episodi sono parzialmente diversi da quelli dello scorso anno. Allora non si erano accese alcune lampadine istituzionali, non c’erano state le interdittive antimafia. Il Prefetto ha chiesto di fare i nomi degli imprenditori collusi in una sede istituzionale. Quel suo discorso ha prodotto una frattura morale nella classe imprenditoriale. È dalla Confindustria Siciliana che non si sentiva un discorso del genere. In questi episodi criminali c’è da una parte la ritorsione, ma dall’altra anche Il desiderio di tenere spente le vetrine della città per avvantaggiare tutta l’economia di sottobosco. Gli affari delle mafie devono avvenire nel buio. Avere una città che possa crescere commercialmente disturba la Società”, commenta a bonculture il sociologo, docente universitario, scrittore ed imprenditore Leonardo Palmisano, candidato alle Primarie del centrosinistra per la candidatura alla presidenza della Puglia del prossimo 12 gennaio, che lo vedranno competere contro il Governatore uscente Michele Emiliano, l’ex europarlamentare Elena Gentile e il consigliere regionale Fabiano Amati.

Leonardo Palmisano

“Quando un grande attore internazionale come Amazon fa il suo primo sopralluogo del Sud a Foggia, in zona Asi, per il suo valore logistico e geografico e perché l’eventuale apertura dell’aeroporto insieme al porto di Manfredonia potrebbe essere un asse utile, vuol dire che c’è un valore. Ma qual è il dato? Se non bonifichi la società imprenditoriale, se non dici chiaro e tondo con chi stai, non può esserci sviluppo. Non bastano le forze dell’ordine né gli interventi giusti e legittimi della Dia, manca la partecipazione della città. Amazon, un soggetto esterno, non ha trovato interlocuzioni. Se hai paura nel piccolo in un esercizio, in un capannone, per un investimento, figuriamoci per un grosso polo logistico: il problema è molto serio e sta emergendo. La domanda che fanno molti è, ma di Foggia che facciamo? La provincia di Foggia viene vista come un problema, Taranto ha problemi molto più semplici in confronto. La mafia è radicata nel tessuto imprenditoriale, ce lo dobbiamo dire molto schiettamente. A che serve che il Pubblico costruisca un piano di infrastrutture, se poi come privato mi devono far saltare tutto il mio lavoro? Si perdono opportunità. Se devo pagare il pizzo, se devo avere contro qualcuno anche tra i politici collusi, io a Foggia non vengo. Comincio a sospettare che qualcuno nel fenomeno ci sta sguazzando, c’è un’accelerazione di attentati di natura diversa, con matrice mafiosa. Da un lato si minacciano ed intimidiscono coloro che hanno denunciato, dall’altro si soffoca quella economia, anche piccola e di prossimità, che crea indipendenza, autonomia, controllo sociale non assoggettato al potere mafioso. Qualcuno, nell’imprenditoria e anche nella politica, preferisce che rimanga il fortissimo controllo esercitato solo dalle mafie”.

Anche in presenza dei maggiori boss ormai in carcere?

“Il carcere conta poco, quei 4 cognomi delle famiglie mafiose restano, il carcere non è un deterrente su chi ha investito nel passaggio generazionale, il tema è complesso: se una famiglia è egemone, come la famiglia Sinesi, che ha costruito una capacità di darsi prosecuzione e continuità, si va molto oltre il singolo arresto. La mafia è radicata nella massoneria, nella politica, in chi governa i processi: questo significa che abbiamo il bisogno che la parte davvero sana si pulisca della Società foggiana, occorre isolare la camorra a Foggia.  L’unica via è la denuncia: gli imprenditori devono denunciare, si devono fidare di Procura, Polizia e Forze dell’Ordine, della Prefettura, devono denunciare. In questo caso forse è mancata la tutela, serve l’intervento del Ministro. Interventi istituzionali e scelte istituzionali: cosa si sta facendo per rioni come il Candelaro? Cosa si sta facendo per sostenere le parrocchie, che conoscono i fenomeni dei quartieri? La Società vuole che tutta la città diventi una periferia sotto il suo controllo, con poche isole di commercio e di riciclaggio”.

Cosa può fare la cittadinanza? C’è ormai un senso di resa.

“I comportamenti vanno modificati, non bisogna avere relazioni con quelli che sono in odore di mafia, con chi ha degli addentellati nelle famiglie mafiose, bisogna pretendere trasparenza su chi vince dei bandi e porta servizi capaci di costruire un tessuto e di diventare un pezzo del potere criminale della città. A Foggia c’è la mafia, ma c’è anche una fortissima corruzione, che favorisce il sistema mafioso, che si può scardinare solo attraverso l’intervento da Roma. Altrimenti Foggia è destinata a morire, i migliori e quelli con più possibilità, come sta già accadendo, se ne andranno. Oggi la provincia di Foggia, in ambito nazionale, rappresenta un’anomalia per la presenza di un numero alto di Comuni sciolti per mafia”.

Mattinata, prima Monte Sant’Angelo, Manfredonia e Cerignola, 4 Comuni importanti.

“Certo, quattro comuni su cui si è fondata la politica del territorio. E il capoluogo non può essere immune da tali logiche, ecco perché tutta la provincia va rivoltata come un calzino, va fatto un intervento quasi militare. Va data fiducia allo Stato, ma non con i convegnini, devi mettere sotto tutela anche armata, reale, chi denuncia, occorre presidiare i negozi, denunciare seriamente, affinché non si canalizzi l’economia da un’altra parte”.

Ritiene che il Governo ultimamente si sia concentrato solo sul caporalato, lasciando un po’ in disparte il sistema mafioso?

“Sì, si è voluto spostare l’attenzione all’economia rurale, perché è più semplice controllarla, ma quello è un segmento, per fortuna, ancora immune dalla mafia, utilizzata nelle sue compagini minori solo per la raccolta. Diverso è intervenire sull’economia legale, infiltrata. Va fatto anche a Foggia quello che è stato fatto a Cerignola, a Manfredonia, per capire cosa si può salvare e cosa deve essere soffocato”.

(la foto di alcune delle 10 macchine distrutte dalla deflagrazione è di Luca Pernice)

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