“Attiviamo riti con gli anziani. Ad un ciclo di vita, che sembra piatto, dobbiamo dare anima”. Il dialogo con la psicoterapeuta Pontiggia

by Antonella Soccio

…Le epoche non sono matematica.
Le epoche sono delle spazzole,
spazzole che sciolgono i nodi nei capelli,
le epoche lasciano dietro:
ombre nere, grigie o le infinite sfumature
del bianco artico.

Si affrettano a morire di Luljeta Lleshanaku nella traduzione di Julian Zhara

In Italia 300mila anziani sono ospitati in 7mila strutture sociosanitarie da Nord a Sud. In tutte le regioni le case di riposo stanno diventando dei focolai pericolosissimi di contagio da Covid-19. A Troia, in Puglia, gli ospiti di una rssa sono stati evacuati e trasferiti in un altro luogo sterile e non contaminato. La salute psichica degli anziani, soli e senza possibilità di contatto con i loro parenti, sia nelle case di cura sia nelle loro abitazioni, è messa duramente alla prova. La dottoressa Vanna Pontiggia, psicologa e psicoterapeuta, vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi di Puglia ci ha aiutato a veder più chiaro nelle necessità della senilità.

L’abbiamo intervistata, dopo il tema adolescenziale, sugli anziani, per un nostro secondo focus sulla salute psichica ai tempi del Coronavirus.  

Dottoressa Pontiggia, anche in Puglia stanno emergendo casi di contagio molto preoccupanti nelle case di riposo. Come affrontarli?

Quella degli anziani è considerata una fascia debole sia sul piano fisico sia sul piano biologico, emotivo, sulla sicurezza in generale, intrinseca ed estrinseca. Le analisi statistiche mostrano che i deceduti sono prevalentemente quello che sta succedendo nelle case di riposo ce lo dimostra ogni giorno e ora sta toccando anche noi della Puglia, a Foggia, in provincia di Bari. In un comunicato pervenuto dalle zone rosse, mi ha colpito la disperazione della popolazione: sta venendo meno una intera generazione di nonni e con la perdita dei nonni vanno via la memoria, la tradizione, i legami del passato. Quella dei nonni è una fascia di età che va sicuramente attenzionata, perché presentano una serie di fragilità.

Il tema dei nonni, è il più complesso e anche il più facile da un certo punto di vista. È più complesso perché loro hanno delle fragilità, è il più facile perché hanno una serie di risorse legate all’esperienza e alla tradizione. Però come per gli altri cittadini i nonni devono rispettare le limitazioni dei contatti stretti, delle uscite e questo va in conflitto con quello che sappiamo dell’anziano ossia che ha bisogno di stimoli, affetto, assistenza, supporto e vicinanza. Adesso diventa complicato anche il bisogno primario, che è quello dell’assistenza, del supporto e della vicinanza. Ovviamente è necessario operare un distinguo tra gli anziani. Tra quelli non autosufficienti, quelli parzialmente non autosufficienti e quelli invece che hanno autonomia. Non è stato trascurato sia dalle normative nazionali sia dalle disposizioni regionali il tema dell’assistenza, infatti sono stati garantiti i servizi socio sanitari assistenziali, come l’Adi solo legati allo stato di gravità. La limitazione regionale è che non si possono instaurare nuove pratiche per l’Adi, almeno abbiamo la certezza che i gravi non sono stati lasciati soli. In questo caso è necessario rafforzare le misure di sicurezza.

Anche se è molto difficile nelle case di cura.

Certo, assistiamo al moltiplicarsi di morti e del contagio. Servirebbe un investimento economico mirato dalle istituzioni, proprio per la complessità che la situazione richiede. Però a parte il tema del supporto per gli anziani c’è anche la questione della tutela degli operatori.

Non sono mancati in questi anni casi clamorosi di maltrattamenti nelle case di cura ai danni degli anziani. Sono stati denunciati casi di contenzione, crede che l’emergenza Coronavirus possa accentuare questi comportamenti?

Sì, per lo stress, per questo servono tutela e supporto per gli operatori professionisti, per i parenti preposti all’assistenza che devono trovare questa giusta garanzia di sostegno e cura, ma anche maggiori dispositivi di protezione che diano loro sicurezza perché il compito di caregiver è già complesso e a rischio burn out. Personalmente insieme ad un gruppo di professionisti, abbiamo attenzionato la legge sui caregiver della Puglia che non prevedeva un’assistenza psicologica ai caregiver: noi abbiamo inviato come Ordine ufficialmente un emendamento alla Regione chiedendo  espressamente che fosse inserito lo psicologo come supporto al caregiver, perché la figura del caregiver è fondamentale per il benessere dell’anziano e della persona allettata. Figuriamoci in questo momento. Il caregiver è già a rischio, perché sono figure a rishio burn out siano essi operatori nelle strutture o nell’ambito domiciliare. In questo momento trovano maggiori ostacoli nell’espletamento delle funzioni e dei loro compiti, la complessità è maggiore. L’accudimento quotidiano della persona allettata o anziana è molto più complesso. Mi sentirei di dire indirettamente che per tutelare gli anziani dobbiamo tutelare gli operatori. È un circolo, tutelando gli operatori tuteliamo gli anziani non solo sul piano fisico assistenziale, ma anche sul piano psichico. Il Covid-19 ci mette tutti in un sistema di colleganza, che non è solo un sentimento di fratellanza e di vicinanza, ma di sistema. E per sistema intendo collegamento operativo. Non dobbiamo dimenticare i gestori delle casa di cura, che non devono ricorrere ad inadempienze ma devono essere seguiti, non dobbiamo tenere il fucile spianato contro di loro, ma seguirli e coadiuvarli nell’espletamento dei compiti.

Non è troppo facile scagliarsi contro i gestori in questo momento? C’è chi addirittura, dopo solo un caso di Covid-19, parla di “bombe infettive” nelle case di cura.

Se vogliamo sopravvivere alla condizione di emergenza, non possiamo dimenticare nessun attore. Nessuno, nessuno. Compresi i gestori che non possono trovarsi con le denunce se poi siamo privi dei dispostivi di sicurezza.

I nostri anziani vanno tutelati perché rappresentano un punto di riferimento, quindi anche quelli delle strutture pur essendo lontani dal domicilio di appartenenza sono per noi un riferimento. L’auspicio è anche la collaborazione e non il fuggi fuggi degli Oss; è capitato di sentire che si era in carenza di oss in alcune strutture, un po’ come i medici, perché se i medici decidono di fare il medico non possono correre davanti al Coronavirus evitando l’assistenza al paziente, idem per gli oss e per altre figure professionali. Occorre aiutare gli operatori ad aderire alle richieste, con un supporto. Da un gruppo di volontari, ci è arrivata la richiesta di creare un corso on line video per i volontari e per gli operatori. Come Ordine cercheremo di rispondere a questa richiesta. È l’azione che noi vogliamo fare verso i volontari e gli operatori che non sono tutte persone formate e preparate, ma che devono avere degli strumenti per fronteggiare il Covid-19. È all’attivazione dello spirito di squadra a cui l’emergenza ci stimola e a cui siamo chiamati. Abbiamo attivato un numero verde di supporto agli operatori sanitari con la Protezione Civile.

Cosa accade invece per i tanti anziani autosufficienti che vivono soli in casa? Dopo un primo momento di euforia con i canti sui balconi che hanno accompagnato molti anziani- tanti hanno ammesso di commuoversi davanti a quelle manifestazioni di speranza- adesso resta solo la rete familiare. Come supportare quegli anziani che avevano una vita piena di relazioni? Per tanti anziani soli il momento dell’uscita al supermercato rappresenta una delle poche forme di socialità nel quartiere, come riempire questo vuoto?  

Gli anziani più autosufficienti hanno bisogno di un contatto con amici e parenti, ma in questo periodo devono rimanere a casa. Si deve fare in modo attraverso la rete amicale, familiare, sociale- perché non tutti hanno amici e parenti e ci sono delle situazioni di scompenso segnalataci- che l’anziano venga abbandonato impaurito eccessivamente, perché le insicurezze sono fisiologiche per l’età e in questo periodo possono implementarsi e acuirsi. La tecnologia può aiutarci, però sappiamo che non tutti gli anziani sono tecnologici, uno strumento può essere il telefono, vanno stimolati ad avere un contatto con amici, figli, nipoti. E questi ultimi a loro volta devono trovare degli spazi di tempo. Facciamo una riflessione: nella vita di routine di tutti i giorni abbiamo sacrificato il tempo nei confronti di chi è legato a noi affettivamente. Quello che il Covid-19 ci chiede è proprio la ridefinizione del tempo, a cui tutti noi dobbiamo aderire. Se si trova il tempo si trova lo spazio mentale per gli anziani, che aiuta gli anziani, però se riflettiamo aiuta anche i più giovani e i più piccoli a mantenere i legami. Soprattutto le nuove generazioni possono ricevere quella preziosità in saggezza, esperienza, in amore, di cui gli anziani sono portatori, ma anche capacissimi. Anche i giovani e i bambini hanno bisogno di questo.

Anche a distanza e col telefono?

Certo. Sarebbe utile anche l’aiuto dei Servizi Sociali con le associazioni di volontariato per attivarsi nei confronti degli anziani soli, che non hanno parenti, per far sentire loro calore e vicinanza.

Non dappertutto però la rete del welfare sta funzionando, vero?

E invece dobbiamo attivare le cooperative, ho dato disposizioni ad una delle cooperative che collaborano con noi: non si deve pensare solo alla spesa, ma anche alle forme di vicinanza, sono in attesa di conoscere il progetto. Le persone anziane devono avere certezze. Che tutti figli, parenti, amici, siano attenti ad osservare le regole di prevenzione, non dobbiamo creare in loro il disagio e l’ansia, che il derogare alle stesse può causare. Dobbiamo guidarli attraverso l’osservazione delle norme. Sappiamo che non tutti gli anziani sono attenti alle norme igieniche, ma dobbiamo aiutarli. Si devono dare certezze e garanzie sulla presenza dei servizi. Tutti i Comuni hanno attivato dei servizi domiciliari di aiuti possibili, non tutti sanno andare sul sito del Comune, si può quindi portare a domicilio i numeri utili. Si può pensare a questa forma per l’attivazione dei servizi.  

In alcuni Comuni si sono attivate delle app per i servizi a domicilio, certo si può dire che i figli e i nipoti possano usare l’app per il nonno, ma forse si potrebbe fare meglio o no?

Sì, queste forme di contraddizioni vanno superate, anche tornando a forme di semplicità a cui non eravamo più abituati. Si può pensare di valorizzare il ruolo dei nonni, chiedendo loro per chi è in grado, per chi è più attivo, di scrivere quello che ritengono: una storia passata, una ricetta, un pensiero, una esperienza, un insegnamento di vita, un episodio, citazioni culturali e scientifiche per gli anziani più colti. Va attivato il loro patrimonio: dare loro un ruolo in questo momento. Può essere utile per i figli, i nipoti, gli amici un rito, che noi pensiamo sia superfluo. Ad esempio il rito del saluto mattutino o notturno, il rito fornisce quella presenza nei sentimenti anche a distanza e dà la gioia del momento, che in questo momento non è un semplice rito, ma un collegarsi con loro in un ciclo di vita, che sembra piatto ma a cui dobbiamo dare anima. Anche questi piccoli gesti sono importanti. Il rito può essere una forma di ancoraggio, mentre invece non dobbiamo passare agli anziani notizie allarmistiche notizie sulla gravità dei pazienti.

Notavo che tanti anziani tecnologici e acculturati, che nella loro vita lavorativa hanno svolto ruoli decisivi nella società, sono quelli più inclini a credere alle fake news e al materiale che captano dagli strumenti social. Come mai?  

Perché loro sono in carenza per gestire queste condizioni, si sentono impotenti, c’è l’insicurezza dell’età, i messaggi allarmistici vanno molto filtrati.  C’è il processo di identificazione, loro vedono anziani morire e si identificano. C’è tutto l’aspetto delle ricadute economiche sulle famiglie, se tutto ciò non viene filtrato, l’anziano può essere angosciato. Le difficoltà sono oggettive, ma all’anziano vanno dosate, per dare loro una risorsa e non un indebolimento. Gli aspetti fisici e psichici sono correlati e devono essere d’aiuto, senza creare condizioni di angoscia. La comunicazione deve non improntata a forme depressive ma a forme positive, prospettiche, nonostante l’età.

Parlando invece degli anziani che hanno particolari attitudini e hobby. Vanno spronati, aiutati ad aumentare i loro passatempi, stimolarli all’uso di tv e libri. Tutto quello che è stimolo è una risorsa importante. Una attivazione potrebbe essere quella di stimolare i giovani a connettersi con i nonni attraverso le discipline, si possono chiedere ai nonni racconti e storie, interfacciarsi se i nonni sono social. Un altro suggerimento potrebbe essere far fare il racconto della giornata, aiutarli nella pianificazione della giornata. Uno degli aspetti neuropsicologici degli anziani è l’alterazione dello spazio e del tempo. Dare un tempo alle azioni significa coordinare le loro azioni definendole in un tempo che cambia durante la giornata e che non è piatto. Le coordinate spazio temporali non vanno trascurate, perché sono la base di quegli aspetti neuropsicologici che si deteriorano con l’avanzare dell’età a livello cognitivo.  

Tanti anziani, lo abbiamo visto nelle invettive nei loro riguardi da parte di molti sindaci, si comportano con fatalismo, quasi a sfidare la morte. Che tipo di atteggiamento è questo?

È un atteggiamento intanto di cattiva informazione e formazione e comunque di sfida rispetto ad una vita che ha superato tante difficoltà e che deve sfidare anche questa. L’oppositività dell’anziano è un aspetto comportamentale che va guidato e non inasprito anche perché diventa un braccio di ferro, che non può andar bene e in quel caso si deve intervenire attraverso forme di contenimento più legate ad aspetti dei legami.

Secondo lei allora gli amministratori che si sono scagliati così violentemente contro gli anziani hanno avuto un effetto opposto nella loro psiche?

Non voglio assumermi la responsabilità di dire questo, però dico che questo non serve. Con l’anziano ogni aspetto comportamentale di ritualità diventa una forza: rompere la ritualità per loro è difficile, vanno guidati verso un cambiamento, che richiede un processo mentale da costruire. Molto aiuto possiamo chiederlo ai volontari, alle famiglie, ai ragazzi.

L’auto mutuo aiuto è decisivo, aiutando i nonni, i ragazzi si aiutano. Ho attivato nel mese di ottobre una festa dei nonni di collegamento intergenerazionale, di cui sono convinta da sempre perché le forme di correlazione intergenerazionali sono arricchenti per tutti. È importare creare anche nei giovani una rappresentazione dell’anziano come risorsa, come sviluppo di evoluzione per tutti noi.

L’ultimo focus che vorrei fare è sui nonni social, per loro è tutto più semplice, perché con l’aiuto dei mezzi informatici è possibile attivare video, immagine, forme sincroniche ma anche diacroniche, perché il sonno del nonno è diverso da quello dell’adolescente. Si può chiedere al nonno di avere una canzoncina per il bambino. Dobbiamo pensare a forme semplici che ci aiutino a vivere la gioia del momento, di ogni momento della nostra giornata che sia fatta di speranza, di collegamento affettivo che si può alimentare oltre le mura domestiche.

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