Come rendere logaritmica la curva di crescita dei contagi Covid: “Se lasciamo correre l’epidemia, ci ritroveremo nella prima ondata”

by Michela Conoscitore

In questi giorni siamo subissati di dati e percentuali sull’attuale stato della pandemia non soltanto in Italia, ma nel mondo. Se la situazione generale ci appare già abbastanza complicata da tradurre per renderla più facilmente accettabile, le cifre, di contro, rimangono oscure. Questo è l’ambito in cui, da mesi ormai, si muove la statistica medica: la mole di dati viene elaborata per ottenere poi informazioni preziose in merito alla tutela della popolazione e per l’organizzazione non solo delle strutture sanitarie ma della vita quotidiana.

bonculture ha intervistato la professoressa Laura Ventura e il dottor Paolo Girardi del Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università degli Studi di Padova che, in un colloquio a due voci, hanno provato a spiegarci non solo quel che sta accadendo attualmente in Italia riguardo la pandemia da Covid-19, interpretando i dati in loro possesso, ma hanno fornito anche delle linee guida per adattarci alla seconda ondata, ora in atto:

Statisticamente per quanto riguarda la pandemia da Covid-19, cosa sta accadendo in queste ultime settimane in Italia?

Ogni giorno i titoli dei giornali e i notiziari riportano rumorosamente il numero assoluto dei nuovi casi positivi (FIGURA 1, sinistra), che è la grandezza meno appropriata per fare un confronto con i mesi della prima ondata. Le motivazioni spaziano dal consistente aumento nel numero di tamponi rispetto a marzo e aprile, all’effetto ciclico del giorno della settimana, all’accresciuta capacità del sistema sanitario di cogliere i positivi asintomatici. Tuttavia, dalle informazioni che si possono estrarre dai dati della Protezione Civile emerge chiaramente che ci troviamo in una seconda ondata preoccupante.

Se si vuole comparare la prima ondata con la fase attuale, il confronto deve essere fatto in termini relativi e, a tale scopo, si deve considerare il rapporto fra casi positivi osservati e tamponi effettuati. Il tasso di positività (FIGURA 1, destra), che indica quanti sono i nuovi positivi rispetto al numero di tamponi solo per test (sono quindi esclusi i tamponi di controllo per verificare la negativizzazione al virus), presenta nelle ultime settimane un aumento molto veloce (da un 3%, linea rossa tratteggiata nella figura, quale soglia definita dall’OMS per il contenimento dell’epidemia, a sopra il 10% nell’ultimo periodo di osservazione) e, entrando in dettaglio, si hanno differenze importanti tra regioni (FIGURA 4); alcune regioni sono in allarme e altre in allerta. Purtroppo anche per le ospedalizzazioni e i ricoveri in terapia intensiva si registrano, di conseguenza, questi aumenti (FIGURA 2).

Se si procede con questa velocità di crescita, che segue un andamento esponenziale, ci sarà un forte aumento sia dei ricoverati in terapia intensiva sia dei decessi, con numeri potenzialmente paragonali o addirittura maggiori rispetto alla prima ondata.

Quale modello matematico avete applicato, come Dipartimento di Scienze Statistiche, per studiare i numeri della pandemia?

Un modello statistico fornisce una rappresentazione semplificata della realtà finalizzata a coglierne gli aspetti d’interesse, per fotografare l’andamento del processo epidemico e per descriverlo. Per dati cumulati, come il totale dei casi positivi o i decessi, è appropriato l’uso di un modello non-lineare o di crescita (FIGURA 3, sinistra) che permette di modellare la relazione tra i dati cumulati e il tempo (in giorni) tramite una funzione crescente, caratterizzata da un andamento che all’inizio è “quasi” esponenziale per poi rallentare e infine appiattirsi, tendendo a una retta orizzontale (asintoto superiore). Una funzione particolarmente utile per descrivere l’andamento del processo epidemico è la curva di crescita log-logistica. È una curva a forma di S allungata, formata da due rami: il primo è di tipo esponenziale (dove il numero di conteggi cresce con incrementi giornalieri che aumentano progressivamente e sembra quasi esplodere) e il secondo è di tipo logaritmico (dove il numero di conteggi continua ad aumentare, ma più lentamente, cioè con incrementi che diminuiscono con il passare dei giorni). Ci sono essenzialmente due ragioni che portano al passaggio dal ramo esponenziale a quello logaritmico: la prima è che la popolazione di riferimento si satura progressivamente (per decesso o per contagio). La seconda, più realistica, è che vengono messe in atto misure di contenimento finalizzate alla riduzione dei contagi (quelle che abbiamo chiamato lockdown). Per rendere operativo il modello, bisogna stimarne i parametri. Di questo si occupa la statistica con tecniche anche raffinate, come per il modello per i decessi cumulati sino a inizio settembre 2020 riportato in FIGURA 3 (destra). Da tale data il modello non è più adeguato, in quanto i decessi hanno purtroppo riprenderanno a crescere. 

Professoressa Ventura durante l’incontro che si è tenuto su Facebook in occasione del World Statistics Day, nel corso del suo intervento ha indicato come efficaci e caldeggiato i lockdown mirati e locali. Perché attuarli e come influirebbero sui numeri attuali della pandemia?

Vi è una grande forbice esistente a livello di percentuale di positivi sul totale dei casi testati tra regioni (FIGURA 4), o anche tra province.

Pertanto è essenziale attuare al più presto dei lockdown mirati, localizzati, tempestivi e di durata opportuna. È vero che il termine lockdown spaventa e ci ricorda l’angoscia della scorsa primavera, e allora potremmo pensare anche di cambiargli nome, ad esempio“congelamento locale” o “chiusura temporanea”. Però è importante iniziarli subito, dovunque servono, dove la crescita è molto veloce, anche e soprattutto se si tratta di grandi città come Milano. Alcune misure restrittive possono essere pesanti per specifiche attività commerciali o del tempo libero, ma sono più sostenibili di una nuova chiusura totale, che rischia di essere l’unica soluzione se non si ferma questa risalita dei contagi. Se “lasciamo correre” l’epidemia è del tutto verosimile ritrovarsi rapidamente nella situazione della prima ondata.

Tamponi e test sierologici: quale importanza ricoprono nelle ricerche di statistica medica?

Nella pratica medica, i test sono utilizzati con finalità diagnostiche, in quanto vengono somministrati per determinare se un paziente ha o non ha la malattia che il medico sospetta. Il test diagnostico perfetto dovrebbe avere zero pazienti Falsi Positivi (ossia pazienti sani classificati falsamente come positivi) e zero pazienti Falsi Negativi (ossia pazienti malati classificati falsamente come negativi).

La statistica interviene nella validazione di un test diagnostico, andando a stimare e quantificare la sua sensibilità e specificità (FIGURA 5). La sensibilità indica la proporzione di pazienti malati e individuati correttamente come positivi dal test (Veri Positivi) rispetto al numero totale di malati; un test quindi è sensibile al 100% quando tutti i malati risultano positivi al test e non si hanno Falsi Negativi. La specificità misura la proporzione di pazienti sani classificati correttamente come negativi (Veri Negativi) rispetto al numero totale dei sani; un test quindi è sensibile al 100% quando tutti i sani risultano negativi al test e non si hanno Falsi Positivi.
Nella pratica è impossibile ottenere un test con 100% di sensibilità e specificità, pertanto si cerca un test che abbia buone performance complessive. Inoltre la statistica, oltre a quantificare l’accuratezza dei test diagnostici, permette anche di valutare se è sufficiente sottoporsi a un test per essere ritenuti guariti dal Covid-19, o se è necessario farne due.

Analizzare i dati di questi giorni ad essi relativi, quali aspetti della pandemia mettono in evidenza?

È necessario osservare che con riferimento ai test effettuati in questa fase della pandemia, la percentuale di tamponi positivi non riflette l’andamento del contagio nella popolazione: nella scorsa primavera i tamponi venivano effettuati a chi aveva almeno tre sintomi, mentre ultimamente anche a chi è entrato in contatto con individui positivo. Si tratta di un campione, “selezionato”, in quanto si va a cercare, in pratica, persone nelle quali è elevata la probabilità di trovare il virus. Per avere una fotografia fedele della diffusione del virus, invece, bisognerebbe raccogliere i dati in maniera maggiormente obiettiva, osservando dei campioni nei quali possono essere inclusi, con le giuste proporzioni, sia gli infetti (sintomatici e asintomatici) sia le persone sane.

I dati e i numeri, che ai più sembrano freddi e inespressivi, invece forniscono informazioni preziose. Come si svolge quotidianamente il vostro lavoro di ricerca, soprattutto negli ultimi mesi di pandemia? Come Ateneo, c’è una collaborazione con la Protezione Civile?

Non vi è una vera e propria collaborazione con la Protezione Civile. I dati forniti dalla Protezione Civile sono pubblici e possono essere analizzati da tutti gli esperti. Ad esempio, Robbayes-C19 è un gruppo di ricerca che ci vede coinvolti e che si è aggregato spontaneamente a inizio pandemia nell’intento di studiare i dati della Protezione Civile e la capacità descrittiva e previsiva a breve termine di alcuni modelli statistici sulla diffusione in Italia del Covid-19. Le analisi sono condivise nella pagina Facebook.I numeri forniti dalla Protezione Civile permettono il controllo della diffusione e evoluzione della pandemia attraverso il loro monitoraggio. In questo, la statistica è essenziale in quanto fornisce gli strumenti per la sintesi dell’informazione in essi contenuta. Tuttavia con i dati a disposizione non è possibile fare previsioni accurate, in quanto sono raccolti senza seguire una precisa regola statistica, ossia sono dati sono raccolti con criterio emergenziale e/o sanitario. Il compito dello statistico è dunque anche quello di divulgare le informazioni estratte, tenendo conto dei limiti intrinseci presenti in queste tipologie di dati.

Stiamo parlando di probabilità e previsioni però, in base ai dati in vostro possesso, cosa ci attende nelle prossime settimane? E quali potrebbero essere le variabili in gioco?

La corretta lettura e analisi statistica dei dati dell’epidemia è utile: per preparare meglio le strutture sanitarie; valutare possibili strategie a livello locale (chiusure localizzate e altre misure); esplorare possibili correlazioni tra i dati e le misure adottate. Se guardiamo ai dati della Protezione Civile che possono essere misurati in maniera quasi obiettiva, come i decessi e i ricoverati in terapia intensiva, l’andamento attuale è preoccupante e l’appiattimento delle curve di contagio è ora uno dei principali obiettivi. Infatti in questa seconda metà di ottobre stiamo osservando una accelerazione, che deve essere assolutamente rallentata. Quindi “congelamenti locali” o “chiusure temporanee” possono essere efficaci, come mostra un recente studio pubblicato sulla rivista Lancet Infectious Diseases, come pure l’aumento del numero di tamponi di prima diagnostica ai quali dovrebbero seguire misure veloci e efficaci di tracciamento e messa in isolamento.Per concludere, è importante ribadire che ognuno può fare la sua parte: un recente studio americano svolto dal più autorevole ente governativo statunitense mostra come la probabilità di contagio sia influenzata dalle abitudini e dallo stile di vita. Quindi utilizziamo le mascherine, evitiamo gli assembramenti e limitiamo gli spostamenti con i mezzi pubblici.

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