“Il Covid-19 si può sconfiggere. E lo si può fare ad ogni età”. L’intervista a Maria Pia Foschino

by Daniela Tonti

Mentre la curva dei contagi in Puglia si assesta sui cento casi al giorno in tutto il territorio regionale in maniera ascendente e i presidi sanitari, non sono quelli in prima linea, sono in sofferenza arrivano le prime notizie di pazienti guariti.

Sulle condizioni degli ospedalizzati, sulle cure farmacologiche, sulle fake news e sulle previsione dei danni irreversibili di questa malattia, abbiamo intervistato la professoressa Maria Pia Foschino, ordinario di Malattie dell’Apparato Respiratorio presso l’Università degli Studi di Foggia e Direttore del Dipartimento di Medicina Specialistica agli Ospedali Riuniti di Foggia.

I Coronavirus sono una vasta famiglia di virus noti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la Sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la Sindrome respiratoria acuta grave (SARS). Un nuovo Coronavirus (nCoV) è un nuovo ceppo di coronavirus che non è stato precedentemente mai identificato nell’uomo. In particolare quello denominato SARS-CoV-2, non è mai stato identificato prima di essere segnalato a Wuhan, Cina, a dicembre 2019.La malattia provocata dal nuovo Coronavirus ha un nome: “COVID-19” (dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata).

La prima domanda che vorremmo farle è sullo stato dei suoi pazienti. Sappiamo che è un numero in divenire ma al momento quanti sono? Sono lucidi? Ci sono più giovani o anziani? Più donne o uomini?

Nei 3 reparti Covid di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Ospedale D’Avanzo – Policlinico Riuniti di Foggia, abbiamo 37 pazienti ricoverati. I pazienti che giungono da noi sono maggiormente di sesso maschile con una età media di 55 anni, ma non mancano soggetti giovani. Una caratteristica che accomuna la maggior parte dei nostri pazienti, così come ci confermano anche le esperienze di altri centri, è che sono persone lucide, che si rendono perfettamente conto della condizione in cui versano e questo li rende ancor più sofferenti, oltre che nel fisico anche nello spirito.

Come arrivano al ricovero nel suo reparto? Si tratta di persone in quarantena a casa o che transitano dal pronto soccorso quando le loro condizioni si aggravano?

Nei reparti di Malattie dell’Apparato Respiratorio giungono dal Pronto Soccorso solo pazienti positivi al Coronavirus, dopo un attento lavoro di valutazione clinica e anamnestica del paziente.

In che condizioni sono? Sono tutti in una stanza? Sono allettati, cateterizzati? Si alzano dal letto?

I pazienti sono ricoverati in stanze a 2 letti e presentano uno spettro variabile di gravità della malattie, per cui abbiamo pazienti che stanno relativamente bene e che sono in grado di alzarsi dal letto e deambulare autonomamente, altri, i più seriamente compromessi, che sono costretti a letto, cateterizzati, e sottoposti a ventilazione e ossigenoterapia.

Immaginiamo che lei abbia parlato con molti di loro, hanno paura? Cosa le dicono?

Come è facile immaginare, sono persone con un grande carico emotivo sulle spalle. Sono spaventati e in ansia per il loro stato di salute, e le informazioni provenienti dai media non aiutano in tal senso. Siamo quotidianamente bombardati da notizie di morte e da trend negativi in ascesa. Poco risalto è invece dato ai numeri che riguardano i guariti; farlo, può essere di grande aiuto per questi pazienti. Il Covid-19 si può sconfiggere. E lo si può fare ad ogni età. Ne è un esempio un paziente di 101 anni che è stato recentemente dimesso dall’ospedale di Rimini, dove era ricoverato. Così, dopo le notizie di ospedali al collasso, migliaia di morti, decine di migliaia di contagiati e anziani pesantemente colpiti dal virus, arriva una storia positiva a dare un po’ di speranza e “ad insegnarci che neanche a 101 anni il futuro è scritto”. Di infezione da Covid-19 si può guarire, ed è su questo che quotidianamente puntiamo quando parliamo con i nostri pazienti.

Lei ha una lunga esperienza nelle malattie respiratorie anche infettive. Cosa la sconvolge di più di questa patologia?

La caratteristica più preoccupante è che Covid-19 causa una malattia polmonare più grave dell’influenza stagionale. Molte persone, nel corso degli anni, hanno accumulato immunità ai ceppi dell’influenza stagionale. Covid-19, invece, è un nuovo coronavirus contro cui nessuno ha sviluppato immunità. Insomma, nessuno può ritenersi al sicuro. E’ sicuramente vero che il coronavirus che provoca Covid-19 è meno letale di quelli della Sars e della Mers. Tutto ciò potrebbe essere da una parte rassicurante, dall’altra parte tuttavia, il fatto che nella maggior parte dei casi molti soggetti abbiano scarsi sintomi clinici, non facciano il test perché non ne sospettino la necessità, o addirittura neppure se ne accorgano di essere malati, significa che il denominatore dei malati, e quindi anche dei potenziali veicolanti della malattia, potrebbe essere enormemente più alto di quello che conosciamo dai dati ufficiali.

Questo spiegherebbe la facilità di diffusione e la difficoltà di contenerlo. E’, però, altrettanto vero che i tassi di mortalità sono più alti di quelli dell’influenza stagionale. Al momento ha un tasso di mortalità intorno al 3%, anche se in Italia sembra essere più alto.

L’influenza stagionale generalmente porta a morte meno dell’1% delle persone infette, anche grazie alla disponibilità di vaccini che vengono fortemente raccomandati alle persone più a rischio, come anziani e pazienti con malattie croniche. Ad oggi, purtroppo, non c’è alcun vaccino per Covid-19, anche se molti sono allo studio.

Un vaccino potrebbe salvare molte vite, specialmente se il virus diventasse endemico o circolasse perennemente, come l’influenza, e ci fossero ulteriori focolai, forse stagionali. Mi sento di fare un’altra preoccupante riflessione: il 10% dei malati ha bisogno di terapia intensiva e respirazione assistita; questo significa che, su un milione di persone, servirebbe ricoverare in terapia intensiva 100 mila pazienti. Nessun sistema sanitario al mondo sarebbe in grado di far fronte a un’emergenza del genere. Ci sarebbe un numero elevatissimo di vittime e troppi pazienti non potrebbero essere curati. Per questo, al momento, la nostra migliore speranza è di contenere la malattia il più possibile.

Al momento lei ha solo pazienti Covid? Ci sono tubercolotici? Ed è possibile una convivenza con pazienti con altre malattie altrettante violente?

L’Ospedale D’Avanzo di Foggia, storico ex sanatorio per i pazienti affetti da tubercolosi, vede oggi la presenza di ben tre reparti interamente dedicati ai pazienti con infezione da Covid-19. Infatti, in aggiunta ai due reparti di Pneumologia già operanti, è stato allestito, in tempi brevissimi, un nuovo reparto in grado di accogliere altri 12 pazienti. I tre reparti sono stati completamente reingegnerizzati dal punto di vista logistico-funzionale e impiantistico, le camere sono state attrezzate di vano filtro che si sono agigunte alle 3 stanze a pressione negativa già esistenti e usualmente dedicate all’isolamento dei pazienti affetti da tubercolosi. Si è lavorato senza sosta, mettendo in campo una quantità di uomini e mezzi tale da far fronte ai ristretti tempi messi a disposizione per arrivare puntuali al contenimento dell’emergenza Covid. Tornando alla Sua domanda, non abbiamo al momento pazienti ricoverati per patologie diverse da infezione da Covid19.

Le degenze sono lunghe? Come evolve questa malattia?

I sintomi più comuni di infezione da Covid-19 sono febbre, stanchezza e tosse secca. Alcuni pazienti possono presentare indolenzimento e dolori muscolari, congestione nasale, naso che cola, mal di gola o diarrea. Questi sintomi sono generalmente lievi e iniziano gradualmente, spesso senza particolare peggioramento clinico. Nei casi più gravi, l’infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e morte. Le persone anziane e quelle con patologie sottostanti, quali ipertensione, problemi cardiaci o diabete e i pazienti immunodepressi (per patologia congenita o acquisita o in trattamento con farmaci immunosoppressori, trapiantati) hanno maggiori probabilità di sviluppare forme gravi di malattia. I tempi di degenza sono variabili, e questo in rapporto sia allo stato di gravità con cui il paziente si presenta alla nostra attenzione, sia all’evoluzione che il quadro clinico ha nel corso del ricovero. È vero che gli anziani restano i più colpiti dalle forme più violente della malattia scatenata dal virus, ma la polmonite colpisce anche soggetti giovani e senza apparenti comorbidità.

Ha avuto modo di seguire pazienti guariti?

Si definisce clinicamente guarito da Covid-19, un paziente che, dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione virologicamente documentata da SARS-CoV-2, diventa asintomatico per risoluzione della sintomatologia clinica. Il soggetto clinicamente guarito può però risultare ancora positivo al test per la ricerca di SARS-CoV-2, per cui, definiamo guarito colui che risolve i sintomi dell’infezione e che risulta negativo in due test consecutivi, effettuati a distanza di 24 ore uno dall’altro, per la ricerca di SARS-CoV-2. Presso l’Ospedale D’Avanzo si aprirà a breve il primo Centro post acuzie dotato di 15 posti letto. In questo modo i pazienti usciti dalla fase acuta di malattia, guariti clinicamente, e che potrebbero essere dimessi, ma che risultano ancora positivi ai test, verranno accolti in un reparto che consente di proseguire il loro isolamento prima di tornare a casa, scongiurando il rischio di infettare i conviventi. Questo consentirà anche di liberare posti letto, per accogliere nuovi pazienti, nei reparti dedicati agli acuti.

È una malattia che porta danni irreversibili ai polmoni o al cervello? Quali?

Per la maggior parte dei pazienti il COVID-19 inizia e finisce nei polmoni, perché, come l’influenza, i coronavirus danno malattie respiratorie. Da un punto di vista radiologico si tratta della “solita risposta standard” del polmone a un insulto acuto iniziale (infettivo o infiammatorio) con una lieve prevalenza statistica per i lobi inferiori e la fastidiosa tendenza a dare, specie in fase tardiva, localizzazioni bilaterali. L’epidemia in questo momento è in una fase di evoluzione da acuta a subacuta nella maggioranza dei pazienti, e quindi ancora non siamo in grado di esprimere certezze sulla progressione nella fase cronica, ossia qualche forma di fibrosi polmonare residua.

La perdita dell’olfatto si è rivelata essere uno tra i diversi sintomi di Covid-19. Ignorato all’inizio della malattia, ormai è stato accertato in diversi paesi colpiti dal coronavirus e potrebbe essere spiegato con la capacità del virus di infettare il sistema nervoso centrale dei malati, in particolare nella zona del cervello deputata alle funzioni olfattive. È la nuova ipotesi, contenuta in due articoli scientifici. Il primo, pubblicato dai ricercatori cinesi sul Journal of Clinical Virology, ha analizzato i dati ottenuti sui coronavirus diversi dalla Sars-CoV-2, mentre il secondo, pubblicato sul Chemical Neuroscience, propone dei meccanismi capaci di spiegare questa potenziale capacità del virus, ad infettare il sistema nervoso. Per il momento però si tratta di ipotesi.

Con che farmaci vengono curati i suoi pazienti? State testando i farmaci sperimentali? Come sta andando?

L’approccio terapeutico che stiamo seguendo è quello che ci viene dalle linee guida nazionali ed internazionali di Malattie Infettive e Tropicali. Sono stati identificati differenti “fenotipi” di pazienti in base alla gravità delle manifestazioni cliniche e radiologiche. Per ogni “fenotipo” è stato delineato uno schema terapeutico, che prevede farmaci antivirali, idrossiclorochina (antimalarico), antibiotici e terapia corticosteroidea in differenti combinazioni e dosaggi. Queste linee guida sono tuttora in divenire, si stanno susseguendo vari aggiornamenti sulla base delle esperienze cliniche dei diversi centri, soprattutto quelli più colpiti della Lombardia. Accanto a questi approcci più “tradizionali” stiamo utilizzando in via sperimentale il farmaco biologico Tocilizumab, anticorpo monoclonale anti-IL6 ereditato dalla reumatologia per il trattamento dell’artrite reumatoide. La nostra esperienza con questo farmaco, che abbiamo utilizzato precocemente nei malati critici, sembrerebbe essere positiva.

C’è poi un problema secondario di assistenza, essendo precluso l’accesso ai parenti che molto spesso hanno un ruolo anche di compensazione della carenza cronica di personale (in quelle mansioni possibili, pensiamo all’igiene etc.) voi come avete sopperito? Avete incrementato le unità di infermieri e OSS?

Il piano straordinario della Regione Puglia ha consentito l’assunzione di medici, infermieri e operatori sanitari per fronteggiare l’emergenza da Covid-19. Da tempo soffrivamo la carenza di personale e, in questa fase critica, sarebbe stato impossibile per noi far fronte alla situazione senza l’incremento di organico che abbiamo avuto. La pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali e degli ambienti, richiede uno spiegamento di forze non indifferente, al quale siamo riusciti a far fronte solo grazie all’arrivo del nuovo personale. In questi giorni le notizie anche dal resto del mondo sono drammatiche, pensiamo alle sette suore fuggite da una casa di riposo. È una malattia che sembra aver colto tutti impreparati. E non va meglio in Italia dove si ha il tasso più alto di contagi tra i medici e operatori, a causa della mancanza di dispositivi di protezione individuale.

Come vivete? Oltre la paura del contagio c’è anche una forma di ansia di finire le risorse a disposizione? È difficile rassicurare le persone che lavorano con lei?

Da medico e Direttore di una struttura in prima linea nell’emergenza da Covid-19, sento sulle mie spalle da una parte la responsabilità di curare nel modo migliore possibile i pazienti che ci vengono affidati, dall’altra, ancora più forte, quella di tutelare tutto il personale, medico, infermieristico e OSS, dotandolo di tutti i dispositivi di protezione individuale che consentano di scongiurare il rischio di contagio. In questa fase i DPI, come è noto a tutti, scarseggiano, e questo è fonte di grande preoccupazione. Sono 50 i medici morti per infezione da Covid-19. Un bollettino di guerra pesante. Il nostro Paese non ha bisogno di martiri o di eroi, ma di professionisti messi in condizione di poter lavorare in sicurezza, per il bene della collettività.

Professoressa la sua vita è cambiata?

In questo momento storico senza precedenti, l’incertezza pervade la nostra vita pubblica e privata, favorendo l’insorgenza di paura e ansia, spesso difficilmente gestibili. La mia vita privata è stata stravolta come quella di tutti. Il poco tempo che trascorro a casa è in rigoroso isolamento e lontano dai miei cari. La pandemia da COVID-19 rappresenta certamente una sfida per ciascuno di noi e ci chiede di ripensare tempi, spazi e priorità della nostra vita. Dobbiamo però cercare di riprendere il controllo della situazione, e mettere in atto tutto quanto è possibile sia per evitare di ammalarci sia per proteggere gli altri: stare a casa, lavare le mani correttamente e frequentemente, disinfettare le superfici con cui veniamo in contatto con le mani, come per esempio il telefono, il computer, il mouse. L’ansia e la paura che stiamo tutti vivendo devono stimolarci ad adottare comportamenti consoni alla situazione di emergenza che stiamo vivendo, a tutela nostra e della comunità.

Si sente di fare una riflessione sulle fake news da cui siamo inondati in questi giorni, come per esempio il servizio di Leonardo?

L’ultima, solo in ordine di tempo, è quella inerente la teoria sulla genesi del coronavirus, che circola in Italia dalla serata di mercoledì 25 marzo, rimbalzando di chat in chat su whatsapp e sui social network, e che racconta che il 16 novembre 2015 un servizio mandato in onda da “Leonardo”, rubrica scientifica del Tg3, parlava di un coronavirus creato in Cina in laboratorio per motivi di studio, che sarebbe stato in grado di provocare una sindrome respiratoria (una Sar, cioè) nei topi. Da lì l’idea che il Covid-19 sia nato in un laboratorio cinese, e dalla Cina si sia diffuso in tutto il mondo.

Puntuale è arrivata la smentita da parte del mondo scientifico. Il nuovo coronavirus (Sars-CoV-2), secondo uno studio sui genomi del Sars-CoV-2 e virus affini pubblicato sulla rivista Nature Medicine, dimostra che sarebbe il risultato dell’evoluzione naturale di altri virus della stessa “famiglia” e non un prodotto di laboratorio o di ingegneria genetica (cioè non fatto dall’uomo manipolando geni virali in provetta), come insinuato più volte dall’inizio dell’epidemia. Invito tutti, per evitare di imbattersi in notizie false e pericolose, di cercare informazioni esclusivamente su fonti istituzionali ufficiali e certificate. In un momento così delicato diffondere notizie infondate non fa che aumentare l’ansia e l’incertezza. Mai diffondere notizie senza essere certi che siano veramente attendibili. 

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