La prof Luigia Trabace: “La ricerca seria e rigorosa sul plasma iperimmune ci condurrà presto fuori dall’incubo del Covid”

by Daniela Tonti

Tra le terapie sperimentate sui pazienti covid c’è la somministrazione del plasma iperimmune che sembra bloccare il peggioramento delle condizioni cliniche con ottimi riscontri soprattutto in determinate fasi della malattia. Per studiare i risultati, L’Istituto Superiore di Sanità sta coordinando un protocollo unico nazionale, dal nome Tsunami. Lo studio coinvolge 56 centri distribuiti in 12 Regioni. Anche il Policlinico Riuniti di Foggia ne fa parte con l’avvio delle somministrazioni due settimane fa.

Noi di bonculture abbiamo intervistato la professoressa Luigia Trabace, ordinario di Farmacologia all’Università degli Studi di Foggia, Direttore del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale e tra le coordinatrici del protocollo regionale.

Professoressa lei sta seguendo il protocollo regionale per l’utilizzo del plasma iperimmune che ci può dire? Sappiamo che la somministrazione è partita alcune settimane fa in alcuni pazienti del Riuniti. Come sta andando? Quanti pazienti state trattando? In quali reparti?

Ad oggi sono stati trattati 2 pazienti, un uomo e una donna, ricoverati presso il reparto di Anestesia e Rianimazione diretto dalla prof.ssa Gilda Cinnella. Siamo in attesa di valutazione degli esiti del trattamento.

Che prevede il trattamento protocollato? Quante somministrazioni? Avviene per via endovenosa?

Il trattamento è stato eseguito infondendo, per via endovenosa, 900 ml di plasma iperimmune totale in tre giorni consecutivi, 300 ml al giorno.

Abbiamo letto che il plasma iperimmune va somministrato in una fase precoce della malattia, è vero? Mentre altri ritengono sia un’extrema ratio quando tutte le altre terapie farmacologiche sono fallite. Lei che ci può dire?

Da un punto di vista teorico, il plasma ottenuto da pazienti guariti dovrebbe essere in grado di prevenire e/o ridurre, fino alla soppressione, la carica virale grazie agli anticorpi virus specifici in esso contenuti.

Nella fase in cui i pazienti presentano (o iniziano a presentare) segni di evoluzione della malattia verso insufficienza respiratoria, è possibile che l’incremento della viremia determini l’attivazione della cascata immunologica ed infiammatoria che poi può portare all’evoluzione irreversibile della malattia. L’utilizzo del plasma in questa fase potrebbe bloccare l’innesco della progressione ed il successivo peggioramento clinico del paziente.

D’altro canto, la letteratura scientifica ha messo in evidenza, proprio pochi giorni fa, in una prestigiosa e qualificata rivista internazionale, i risultati di uno studio eseguito in 7 centri cinesi su 103 pazienti, metà dei quali hanno ricevuto la terapia standard e l’altra metà ha ricevuto, oltre alla terapia standard, anche il plasma iperimmune.

Dai risultati dello studio è emerso che l’aggiunta del plasma iperimmune non produce un miglioramento clinico. Nello studio sono stati arruolati pazienti gravi.

Ci spiega come avviene la purificazione e la preparazione? Chi la gestisce? La banca del sangue? E si tratta degli iperimmuni individuati a Foggia o in Puglia? Come funziona a livello nazionale? Ogni regione ha il suo plasma?

Tutti i donatori devono rispondere ai requisiti di legge per l’idoneità alla donazione con alcune possibili deroghe rispetto agli standard definiti dai criteri di selezione di cui al DM 2 nov.2015. Le deroghe possono riguardare in particolar modo l’età (sono eleggibili i donatori fino a 70 anni previa valutazione medica) e l’intervallo dalla guarigione clinica di 14 gg (inferiore al doppio del periodo di incubazione).

Presso il Centro Trasfusionale di riferimento viene prelevato dal soggetto il sangue intero e separato nelle sue componenti: si preleva il plasma in quantità pari a 600-700 ml in relazione al peso del donatore. La componente cellulare (piastrine, globuli rossi e globuli) invece viene interamente restituita al soggetto nel corso della procedura. La separazione delle diverse componenti ematiche avviene all’interno di un sistema chiuso, sterile e monouso. Questo processo è noto con il nome di plasmaferesi.

Il plasma viene, quindi, sottoposto ad una serie di controlli estremamente rigorosi, di test di qualificazione biologica e di inattivazione di patogeni. Al termine della procedura di inattivazione, si passa alla determinazione del dosaggio delle immunoglobuline e degli anticorpi anti-SARS-CoV-2.

Il plasma che è stato utilizzato per il trattamento dei pazienti ricoverati qui a Foggia è stato ottenuto grazie a donatori che sono stati sottoposti a plasmaferesi presso il Policlinico di Bari.

Qui in Puglia abbiamo approvato un protocollo unico regionale, nelle altre regioni la situazione è molto diversificata.

Per ottenere evidenze scientifiche solide sul ruolo di questa strategia terapeutica e fornire, in modo univoco, trasparente e in tempi rapidi, informazioni e risposte alle domande sulla sua sicurezza ed efficacia, l’Istituto Superiore di Sanità sta coordinando un protocollo unico nazionale, dal nome Tsunami. Lo studio coinvolge 56 centri distribuiti in 12 Regioni. Anche noi siamo riusciti a farne parte.

Il plasma si usa anche per altre malattie? Con che risultati? Che controindicazioni ha? Reazioni allergiche?

La strategia degli anticorpi ottenuti dal plasma di soggetti convalescenti dopo una infezione virale, la cosiddetta “immunizzazione passiva”, è stata una tra i trattamenti anti-infettivi più diffusi ed efficaci in epoca pre-antibiotica e rimane uno dei pilastri fondativi della immunologia. Ancor oggi l’immunoprofilassi mediante immunoglobuline umane specifiche è un presidio insostituibile per la prevenzione post-esposizione di un certo numero di infezioni virali quali rabbia, morbillo, epatite B. E’ già stata utilizzata in passato nel corso della epidemia di SARS nel 2002-2003 e nel 2014-2016 in Africa Occidentale, in occasione dell’epidemia di Ebola.

Nel caso della SARS, prima malattia respiratoria umana causata da un Coronavirus, il trattamento con plasma iperimmune è stato associato ad una riduzione della mortalità, con risultati migliori se somministrato in una fase precoce della malattia. Peraltro, le evidenze disponibili in letteratura hanno confermato la sicurezza dei trattamenti con plasma iperimmune, in linea con quanto già osservato nella pratica trasfusionale con plasma fresco congelato.

Poche settimane fa un’azienda farmaceutica ha avviato lo sviluppo di una terapia a base di plasma ottenuto da pazienti guariti, con un prodotto chiamato TAK888, i cui risultati saranno disponibili nel prossimo futuro.

Professoressa se può spiegarci come il suo lavoro è cambiato con il covid, se ha avuto modo anche di studiare o testare altri farmaci come gli antimalarici o il farmaco per l’artrite reumatoide o se ci vuol dire che idea si è fatta di questa malattia e perché è così resistente ai farmaci esistenti.

Il mio lavoro si è significativamente arricchito di una componente estremamente interessante e molto motivante allo stesso tempo. Abbiamo deciso di costituire una taskforce, con l’emergenza, all’interno della Società Italiana di Farmacologia.

Basandoci sulle poche informazioni che man mano si rendevano disponibili sia sul virus che sull’intero quadro sindromico che caratterizzava la malattia, con altri colleghi farmacologi distribuiti sul territorio nazionale abbiamo cercato di dare un contributo lavorando giorno e notte nel tentativo di identificare farmaci già in uso per altre malattie o anche ritirati dal commercio per i loro limiti di efficacia e sicurezza e potenzialmente utili da “riposizionare” in un protocollo terapeutico sicuro ed efficace, tra cui alcuni antivirali, farmaci per la pancreatite o per l’alcolismo, farmaci utilizzati per ridurre il colesterolo nel sangue, gli antimalarici o il tocilizumab.

A tale riguardo, bisogna sottolineare come il riposizionamento sia una strategia efficace per identificare velocemente dei potenziali agenti terapeutici con un profilo di sicurezza noto per trattare una malattia emergente appunto come la COVID-19.

La Società Italiana di Farmacologia si è anche attivata molto nel contrasto alle fake news. Che ci può dire?

Abbiamo attivato due pagine all’interno del sito web della Società, una dedicata al comune cittadino in cerca di notizie affidabili sulla pandemia (SIF Magazine). Siamo, infatti, consapevoli che i complessi dibattiti medico-scientifici diventano materia di discussione pubblica, perché riguardano la salute dei cittadini ed è nel diritto dei cittadini essere informati. Per cui, abbiamo cercato, con la massima professionalità, di fornire informazioni sempre chiare e utili. Ci siamo, infatti, resi conto che le fake news stavano superando ogni limite, dalla candeggina da bere all’utilizzo degli oli essenziali delle piante aromatiche come il basilico per proteggersi dal virus.

Nell’altra pagina, che abbiamo chiamato COVID-19, abbiamo raccolto e sintetizzato i risultati degli studi nazionali ed internazionali sulle terapie utilizzate per i pazienti affetti da COVID-19, per renderli immediatamente fruibili ai professionisti del settore, soprattutto clinici.

I risultati ottenuti a Foggia sono stati oggetto di studi anche su riviste internazionali, giusto?

Con i colleghi che non si sono mai risparmiati, impegnati in prima linea e senza sosta a fronteggiare la pandemia, abbiamo sottomesso un lavoro ad una rivista internazionale che descrive, in “real life”, i risultati che sono stati ottenuti qui a Foggia con il protocollo che è stato messo a punto e comprendente la co-somministrazione di farmaci che agiscono con meccanismi diversi, cercando di aggredire la malattia sotto più profili. Ne stiamo producendo anche un altro, nel tentativo di capire qualcosa in più rispetto alla ormai nota diversa incidenza della malattia negli uomini rispetto alle donne. In altri termini, analizzando i dati dei pazienti ricoverati qui a Foggia, tra cui i parametri ematochimici, la presenza eventuale di altre patologie pregresse e/o concomitanti, gli stili di vita e la risposta ai trattamenti, stiamo cercando di studiare perché si ammalano di più gli uomini.

Purtroppo, ad oggi, questa nuova malattia, causata da SARS-CoV-2 (COVID-19), ai fini dell’approccio terapeutico è da considerarsi orfana. La attuale terapia è costituita da farmaci senza indicazione specifica, selezionati sulla base di esperienze accumulate in poco tempo o di studi clinici preliminari presenti nella letteratura scientifica.

In definitiva, sono pienamente consapevole del fatto che abbiamo ancora tanto da studiare e da impegnarci per capire come fronteggiare adeguatamente la pandemia, e come identificare le varie facce che questa malattia ha mostrato. La speranza è che la ricerca scientifica seria e rigorosa, da troppi anni sotto-finanziata e considerata una non priorità, condotta con tenace accanimento dietro le quinte della ribalta, ci conduca presto fuori da questo incubo.

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