Un anno di Covid, la rianimatrice Rauseo: «Iniziamo ad accumulare stanchezza, senza intravedere ancora la possibilità di una regressione»

by Michela Conoscitore

Un anno fa entravamo in contatto col Covid, il virus che ancora oggi preoccupa scienziati e popolazione mondiale. Per quanto la risposta della comunità scientifica sia stata fulminea e, nel giro di un anno, ha portato all’ideazione di ben tre vaccini e altri ancora sono già nelle fasi finali di sperimentazione, il patogeno minaccia tuttora la nostra quotidianità.

Ciò che sta preoccupando maggiormente l’Italia in questi giorni è il pericolo varianti: numerose aree del Paese sono necessariamente tornate in zona rossa, e abbiamo assistito al rialzo dell’indice di contagiosità. Dopo l’insediamento del nuovo esecutivo, si attende un cambio di marcia soprattutto per quanto riguarda la campagna vaccinale. Promesse, speranze e previsioni per far materializzare un po’ di normalità in questa pandemia ma, per i medici sempre in prima linea la lotta nei reparti Covid non si è mai interrotta.

bonculture ha intervistato la dottoressa Michela Rauseo, medico rianimatore agli Ospedali Riuniti di Foggia per fare il punto sull’emergenza in provincia:

Dottoressa Rauseo da medico rianimatore in prima linea nella lotta al Covid, può raccontarci questo specifico momento della pandemia?

È un momento di cui si parla tanto e si continuerà a parlare anche in futuro, sia per gli effetti sulla popolazione globale, che per quanto attiene al mondo scientifico. La nostra generazione si trova a gestire una patologia ex novo, scoprendone quotidianamente sfaccettature che ci fanno cambiare modo di gestirla man mano che nuove linee guida vengono fuori. Non si conosce il nemico, né le sue evoluzioni o le sue varianti. Siamo all’erta. Meno impauriti, grazie al vaccino, più esperti, perchè anche le procedure di vestizione e svestizione sono diventate pratica usuale in un anno. Ancora sbigottiti, c’è ancora molto da studiare in merito a immunità e genetica.

La pandemia ha ‘compiuto’ un anno: quali sono le riflessioni che ha accumulato nel corso di questo periodo?

Quello che penso e che so è che iniziamo ad accumulare stanchezza, per la qualità e quantità di mole di lavoro: visitare e dedicarsi al malato con la corazza rende tutto più complicato, gestire pazienti che sembrano migliorare e poi precipitano drammaticamente, informare sulle condizioni del malato solo telefonicamente, vivere nell’incertezza di un trattamento fino a dimostrazione contraria, e settorializzare il lavoro tra malati Covid e non Covid, senza intravedere ancora la possibilità di una regressione, un indebolimento di casi o gravità.

Dal suo osservatorio speciale, il reparto di Rianimazione degli Ospedali Riuniti di Foggia, sta percependo l’inizio della terza ondata?

Terza ondata? Le posso dire solo che il nostro Policlinico si è organizzato coi numeri e i posti letto, il mio Direttore ha creato dei gruppi di rianimatori dedicati ai malati Covid. Assistiamo ad un turnover notevole, e di conseguenza accogliamo pazienti senza tregua. È una fortuna che non si sia ancora riproposto lo scenario raccapricciante delle ambulanze in coda, come è stato a novembre 2020, con tutte le difficoltà legate all’overbooking di postazioni.

La Puglia, come altre regioni del meridione, sta attraversando alti e bassi in questi ultimi mesi di pandemia, rispetto ad un anno fa quando sembrava fosse stata graziata. Qual è la situazione a Foggia, con i pazienti del suo reparto?

Il Policlinico ha a disposizione due rianimazioni Covid, per un totale di 32 posti letto, da 16 posti letto l’una, occupate circa all’80% attualmente. Ma è in continua evoluzione il livello di saturazione. Poco prevedibile.

Secondo lei si sta facendo tutto il possibile in regione per contenere i contagi?

Direi di sì.

Casi di varianti del Covid-19 ne avete avuti in reparto? Quali avete curato e qual è stata la loro incidenza?

Ancora nessun isolamento genomico diverso dal solito. Le manifestazioni degli ultimi ricoveri sono sempre legate all’insorgenza di insufficienza respiratoria, accompagnata più o meno da febbre e dispnea.

Le terapie nel trattamento del Covid, rispetto ad un anno fa, hanno subito modifiche tenendo in considerazione le varianti del patogeno?

Non in base alle varianti, ma in base all’evidenza medica al riguardo. I risultati degli studi disponibili iniziano a orientarci verso l’utilizzo di un farmaco o meno. Ma come le dicevo, c’è una fonte inesauribile di scoperte quotidianamente pubblicate e condivise.

Si era parlato anche di una cura alternativa, quella del lavaggio del sangue in cui rientrerebbe anche l’uso del plasma. Cosa ne pensa in merito?

Da donna di scienza e dirigente medico ricercatore, mi esprimerò solo quando la mia curiosità sarà saziata in merito. Non ho abbastanza dati al momento.

Argomento ‘vaccini’: lei l’ha ricevuto? Come ha reagito il suo corpo all’inoculazione?

Ricevuto, sto sviluppando anticorpi. Nessun sintomo al di fuori della dolenzia nella sede dell’inoculazione.

La campagna di vaccinazione in Italia, come in Puglia, sta andando a rilento? Perché?

Non ho una risposta assoluta. Credo che i dipartimenti dedicati stiano facendo del loro meglio. È nell’interesse dell’intero sistema sanitario, regionale e nazionale. Nessun fanalino di coda e nessun responsabile.

Durante il webinar a cui ha partecipato lo scorso dicembre ha messo in evidenza quanto sia importante costruire un rapporto col paziente, affinchè collabori alle cure. Può illustrarci meglio questo aspetto del suo lavoro?

Nei pazienti svegli e coscienti è di fondamentale importanza richiedere un certo livello di collaborazione: la maschera per la ventilazione non invasiva o il casco, le manovre di prono-supinazione e le ore trascorse in queste posizioni e con questi presidi, in ambienti con luci sempre accese, allarmi che suonano, con gente che circola continuamente, non deve essere l’esperienza più bella, per questi pazienti spaventati dalla scoperta di questa patologia, lontani dai propri cari. Spiegare al malato quali sono i programmi, fare in modo da non perdere mai il dialogo, gli sguardi, unica fonte di rassicurazione e riconoscimento, è indispensabile per la riuscita di una strategia vincente, quando la malattia ne permette questo tipo di gestione.

Si sta facendo un gran parlare in Puglia sulla scuola, un argomento spinoso e difficile da gestire per la giunta regionale. Qual è la sua opinione in merito? Davvero le scuole sono da ritenere pericolosi focolai di contagio?

Io non penso che le scelte siano state inappropriate o non basate su evidenze, perciò qualsiasi decisione metta al sicuro la popolazione e le fasce più fragili, permettendo a noi di garantire un adeguato accesso alle cure, è da parte mia totalmente condivisibile. Non auguro a nessuno la fetta di inferno a cui abbiamo dovuto assistere nel corso di quest’ultimo anno.

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