“Combattere il Covid è un lavoro di gruppo tra tutti i reparti ospedalieri”. Il trattamento dei pazienti affetti da polmonite da Covid in un ciclo di webinar

by Michela Conoscitore

Flavia Petrini, presedente del Siaarti (Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva) e membro del Comitato Tecnico Scientifico nazionale l’ha definita un’iniziativa antesignana, che in Italia ha precorso i tempi, anticipando addirittura la Protezione Civile: la serie di webinar gratuiti organizzati dalla cattedra di Anestesia e Rianimazione dell’Università degli Studi di Foggia della prof.ssa Gilda Cinnella e dagli Ospedali Riuniti. Il corso teorico-pratico sta fornendo agli addetti ai lavori strumenti e soluzioni per fronteggiare il Covid negli ospedali di tutta Italia e supportare i pazienti nella lotta contro il virus.

Nove incontri, che accompagneranno i corsisti fino a metà dicembre, in grado di analizzare la Sars-Cov-2 con l’esperienza maturata sul campo, in questi mesi, dai medici del Riuniti di Foggia.

Trattamento del paziente affetto da polmonite da Covid 19” è il titolo del corso, tutto rigorosamente in modalità online, ideato dalla professoressa Gilda Cinnella che ne è anche il responsabile scientifico.

I primi due webinar hanno analizzato il virus da un punto di vista teorico e pratico.

Il Covid in laboratorio è stato illustrato, tra gli altri, dalla professoressa Teresa Santantonio, Direttore della Clinica di Malattie Infettive degli Ospedali Riuniti di Foggia: patogeno ad RNA quindi soggetto a frequente ricombinazione genetica, ecco perché bisogna tenerlo costantemente sotto controllo, infatti il ceppo iniziale è stato sostituito da una versione mutata e più infettiva.

Come sappiamo ormai, la Sars-Cov-2 è una malattia multiorgano, il primo apparato ad essere colpito è sicuramente quello respiratorio ma, la sua velocità di propagazione nel corpo può apportare danni anche ad altri organi. La presenza del virus, oltre che nelle secrezioni respiratorie, è stata attestata nel sangue, nelle feci e nello sperma anche se per questi ultimi tre canali di diffusione non c’è ancora evidenza scientifica di una possibile trasmissione del virus tramite essi. Il Covid, diffuso da pre-sintomatici, sintomatici e asintomatici, possiede una carica infettiva maggiore poco prima che la sintomatologia si palesi nel soggetto infetto. Sono numerosi i casi documentati di pazienti che hanno contratto per ben due volte la malattia, poichè essi sono entrati in contatto con le due mutazioni del virus, di cui la seconda è la più pericolosa.

Il webinar moderato, invece, dalla professoressa Maria Pia Foschino, ordinario di Malattie dell’apparato respiratorio dell’Università degli Studi di Foggia e Direttore del Dipartimento di Medicina Specialistica agli Ospedali Riuniti, ha accompagnato i corsisti in un’esplorazione dei reparti in prima linea nell’emergenza, quelli del pronto soccorso e di terapia intensiva, cercando di capire come il malato Covid è trattato dal momento della sua entrata in ospedale fino alla, eventualmente, fase più acuta della malattia.

La parola è passata subito alla dottoressa Paola Caporaletti, capo del Pronto Soccorso del nosocomio foggiano: in ospedale arrivano soggetti con febbre, tosse e dispnea, sospetti casi Covid o con positività già accertata. La medicina dell’emergenza, ha raccontato Caporaletti, è contraddistinta da tempi decisamente brevi, infatti dopo l’accettazione la prima cosa da fare per un medico di pronto soccorso è accertarsi della condizione di salute generale del paziente e controllare, quindi, i principali parametri.

Quel che è basilare nei malati Covid è la frequenza respiratoria, un valore che è fondamentale tenere d’occhio perché il paziente potrebbe esteriormente non presentare difficoltà respiratorie, invece, è già in sofferenza. In pronto soccorso bisogna sottoporlo ad elettrocardiogramma, tampone ed emogasanalisi arteriosa, a cui si aggiunge anche un’ecografia al torace, per comprendere meglio l’impegno polmonare e il grado di interstiziopatia. Caporaletti conclude dicendo che molto spesso la situazione del paziente cambia repentinamente nel giro di 24 ore, e la sua anamnesi non collima con quella al momento dell’ingresso in ospedale.

Il dottor Donato Lacedonia, in seguito, ha messo in evidenza la ‘coppia vincente’, oltre alla terapia farmacologica, per il trattamento ospedaliero del paziente Covid: l’ossigeno ad alti flussi e la Cpap. L’ossigeno ad alti flussi non era una tecnica molto usata prima della pandemia, ma proprio in questo frangente i medici hanno notato la sua particolare riuscita poiché fornisce ossigeno umidificato ed è ben tollerato dal paziente.

La Cpap, invece, da applicare su paziente sveglio e con autonomia respiratoria, impedisce il collasso delle vie aeree e mantiene aperte zone del polmone che, normalmente, non vengono reclutate. Quel che è positivo, come fatto notare dallo pneumologo Lacedonia, è il supporto che il Cpap fornisce anche nelle porzioni polmonari già colpite dal Covid, infatti migliora l’edema aumentando la ventilazione degli alveoli contribuendo, così, alla riduzione del lavoro respiratorio nel paziente. In ultimo, è necessario sottoporre il malato a frequenti emogas proprio per determinare poi, al momento opportuno, lo switch dal Cpap alla ventilazione assistita, che è da usare con intelligenza.

Il webinar è stato concluso dalla dottoressa Michela Rauseo, medico anestesista della terapia intensiva foggiana: i malati Covid, ha spiegato Rauseo, arruolano tutti i muscoli toracici per una respirazione patologica. Quel che il Covid è, come abbiamo scoperto in questi mesi, è una polmonite interstiziale che non è da curare, quindi, con la Niv (Ventilazione non Invasiva) perché aumenta i ricoveri in terapia intensiva: il paziente produce già volumi enormi di ossigeno, oltre al danno arrecato dalla malattia si aggiungerebbe anche quello procurato dalla Niv. Rauseo si è concentrata sulle posizioni da adottare per agevolare il paziente, oltre all’utilizzo del Cpap: in modalità supina, la respirazione si concentra nelle aree apicali dei polmoni, non coinvolgendo le basi, mentre in posizione prona questa dinamica si inverte e permette il recupero degli alveoli e delle aree compromesse, con una redistribuzione del flusso d’aria. Utile, anche, la posizione tripode, un compromesso da utilizzare magari con i pazienti più anziani.

Rauseo ha, inoltre, posto l’accento sull’importanza della comunicazione e dello scambio umano col paziente affinchè quest’ultimo collabori il più possibile. Combattere il Covid, ha affermato la dottoressa Rauseo, è un lavoro di gruppo tra tutti i reparti dell’ospedale per evitare la degenerazione della malattia poiché un polmone diventato fibrotico è più difficile da aiutare in rianimazione e la respirazione meccanica aumenta i giorni di degenza.

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