“Speriamo di essere ristorati dalla voglia della gente di tornare nei cinema”. L’analisi di Camilla Toschi di La Compagnia di Firenze

by Michela Conoscitore

Caro presidente Conte,

quando tutto era chiuso era normale che fosse chiusa anche la cultura. Adesso no. Adesso è strano. Proprio perché c’è la pandemia, e per me non c’è nessun dubbio che ci sia, c’è bisogno di più cultura, cioè di una cosa che da sempre gli uomini hanno usato per elaborare l’angoscia.”

Queste sono le parole che il poeta e scrittore Franco Arminio ha postato sulla sua pagina Facebook, all’indomani del nuovo Dpcm con le ultime misure di contenimento della pandemia da Covid-19 che ha nuovamente penalizzato il mondo della cultura rappresentato da teatri e cinema. Già fortemente in sofferenza dopo il lockdown dello scorso marzo, questi luoghi culturali relativamente da poco avevano ripreso la loro attività di apertura al pubblico. Ora si ritrovano a fronteggiare questa chiusura, da tutti ritenuta ingiustificata. Chi si è recato in una sala cinematografica o in teatro, ultimamente, ha avuto modo di testare il rigore all’osservanza delle misure di sicurezza.

Si profila un mese di proiettori spenti e sipari chiusi, così bonculture ha chiesto a Camilla Toschi, responsabile della programmazione del cinema La Compagnia di Firenze, tra i più frequentati del capoluogo toscano, di spiegarci come stanno vivendo gli addetti ai lavori questo nuovo stop alla cultura:

Dottoressa Toschi, quali sono state le sue impressioni a caldo dopo l’annuncio del nuovo Dpcm da parte del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha così ufficializzato la chiusura di cinema e teatri?

Ho provato grande amarezza e dispiacere, perché al cinema La Compagnia, dove mi occupo della programmazione, stavamo registrando una grande affluenza da quando avevamo riaperto ad inizio settembre. Il pubblico affezionato è stato ancora più presente, rispetto a prima del lockdown. Tutti si sentivano in sicurezza e a loro agio. Siamo riusciti anche ad organizzare grandi eventi con ospiti senza incontrare alcuna difficoltà.

Cinema e teatri chiusi nonostante le severe misure di sicurezza osservate in questi luoghi: la decisione del Governo possiamo sintetizzarla con un rigore eccessivo e poca importanza data al mondo della cultura, tra l’altro già in sofferenza?

Partirei dal presupposto che prendere questo tipo di decisioni, soprattutto in un periodo come questo, non è mai facile quindi comprendiamo il punto di vista del ministro Franceschini, del presidente Conte e dei loro collaboratori che senz’altro avranno riflettuto a fondo sulla questione. Però è anche vero che i cinema, soprattutto quelli con una grande capienza, sono luoghi sicuri ed è stato possibile testarlo in questi mesi. Il dato condiviso dall’Agis nei giorni scorsi, ovvero la segnalazione di un unico contagiato da quando le sale hanno riaperto i primi di giugno, parla da sé. I cinema e i teatri sono i pochi luoghi, rispetto a bar e ristoranti, in cui si indossa la mascherina per tutta la durata della propria permanenza in sala. I distributori di gel disinfettante sono ovunque, il personale di sala è il primo che sente la responsabilità di far rispettare le norme. Credo che si sarebbero potuti evitare questi provvedimenti. Sarebbe stato intelligente andare per gradi, proporre per esempio un’ulteriore riduzione della capienza delle sale e magari introdurre il divieto di non poter accedere in sala se si sta mangiando o bevendo qualcosa.

Se è possibile quantificarle, quali saranno le perdite economiche e culturali che vi coinvolgono e che si ripercuoteranno sul pubblico?

Un dato pubblico, divulgato da poco da Anec (Associazione Nazionale Esercenti Cinema ndr.), è che se facciamo un confronto con gli ultimi weekend di ottobre 2019 con oggi si è registrato un decremento di pubblico che tocca l’80%. Ma è necessario anche notare che non si sono prodotti film, e quindi la gente non è andata al cinema. Ci sono alcune sale come la nostra, il Massimo di Milano, il Farnese di Roma o la Cineteca di Bologna dove invece i dati sono molto più rassicuranti, il pubblico ha frequentato quelle sale dove veniva offerta loro una proposta di qualità. Se c’è un buon prodotto, perché non vederlo in sala.

Quali sono le forme di protesta che, sia a livello locale che nazionale, i gestori di cinema e teatri stanno ideando per far sentire il proprio dissenso al governo?

C’è una petizione indirizzata al ministro Franceschini firmata da registi, attori e altri addetti ai lavori del mondo della cultura per portarlo a riflettere su questa decisione o almeno rimodularla. Ovviamente, io aderirò. Siamo in contatto con i gestori degli altri cinema sul territorio in queste ore, e siamo tutti amareggiati perché è stata una chiusura che, in questi termini, non ci aspettavamo. Immaginavamo una chiusura anticipata, con lo spettacolo delle venti come ultimo. Vedremo il 24 novembre cosa succederà.

Proprio in questa prospettiva, se la chiusura sarà prolungata ulteriormente cosa pensa si verificherà?

Le piccole realtà sono quelle più in sofferenza, e speriamo ricevano sempre il sostegno statale e regionale. Una soluzione sarebbe la programmazione in streaming, come la nostra PiùCompagnia. Bisogna reinventarsi e andare avanti giorno per giorno, sperando in bene in primis per la salute e sperando che questa batosta sarà poi ristorata dalla voglia della gente di tornare nei cinema, che l’ha dimostrato già in questi giorni.

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