Zia Monaca e l’onorevole Angelina, l’importanza di una candidatura per colpire la pignatta

by Antonella Soccio

“Nipoti, la zia Monaca è tornata”, risuona così il video della Congrega del Grano Arso per lo spot elettorale della loro candidata alle amministrative comunali di Foggia.

Gaetana Capogna, detta Zia Monaca, la leader dimenticata dei moti del pane del 28 aprile 1989, ispira un nuovo sentimento di lotta e di riscatto per quanti non si riconoscono nelle liturgie elettorali tradizionali e partitiche.

Il video per la produzione di Alessandro Tricarico, l’assistenza di Samuel Gratacap, l’audio di Fustav Gromm e la voce di Eva Rutica, che interpreta Zia Monaca, è interamente girato in uno dei luoghi simbolo dell’abbandono del capoluogo della Daunia, il Teatro Mediterraneo, che ha ospitato decine di concerti ormai più di 10 anni fa, a cominciare da quello con Bob Dylan ed è stato anfiteatro cittadino della manifestazione musicale Spazio Giovani.  

La capopolo chiama alla riscossa per uscire dall’abbandono e dalla dimenticanza. Come quel 28 aprile le fiamme della rabbia devono tornare al Comune, dice nel video.

“Nipoti, mi chiamo Gaetana Capogna, ma molti di voi mi conoscono con un altro nome che suonava più come una promessa. Vai da Zia Monaca che ti accontenta- si presenta parlando sopra le immagini vergognose del luogo pubblico degradato- Era una promessa, zia Monaca sono io e mi sono meritata questa fama perché 121 anni fa insieme alle donne di questa città mi sono presentata agli uffici comunali per chiedere giustizia, le tasse sul pane erano altissime, con la pancia vuota non si ragiona, così decidemmo di farci sentire e il Municipio che era in Via Arpi fu avvolto dalle fiamme della nostra rabbia. Era il 28 aprile del 1898, sembra ieri. Oggi in piena campagna elettorale con tutte ‘ste facce di candidati appesi ad ogni angolo della via c’è pura la faccia mia, perché sono la candidata della Congrega del Grano Arso direte voi, ma soprattutto sono la candidata che servirebbe all’apatia che ci sta consumando. Il nemico indossa maschere, gioca con noi, con il nostro bisogno di credere in qualcosa di buono. È nei tagli alla sanità, nei contratti a termine, nei quartieri trascurati, che si nasconde, si sente al sicuro nella nostra paura, nella nostra dipendenza. A volte per non rischiare, ci indica altri poveracci e ci dice che invece siamo noi i più poveri rendendoci più insicuri e spaventati. È colpa loro, dicono, se non troviamo lavoro, se abbiamo perso la casa. Delle donne incinte che arrivano dal Mali o degli stranieri che lavorano nei campi. Ma il nemico è come la pignatta della pentolaccia, va colpito”.

A far riemergere dall’oblio Zia Monaca per la Congrega del Grano Arso e per tutti i foggiani è stato lo storico Raffaele De Seneen nel suo libro “Foggia, 28 aprile 1989”, edito per Il Castello.

zia monaca

“Chi è Filomena Cicchetti o Filomena Foglietti, il cui nome risulta sempre congiunto con l’appellativo “Zia Monaca”?- scrive De Seneen- Zia Monaca, la donna che si pone a capo e conduce il primo nucleo di manifestanti dei moti del pane di Foggia, sembra scomparire dalla scena dei fatti confondendosi tra il numero dei tumultuanti in continuo aumento. Né la ritroviamo, così sembra tra gli arrestati e poi processati, né tra i contumaci, né fra i denunciati a piede libero. Una donna, Zia Monaca, che per un momento trascende dalla sua bonaria misticità, dal quotidiano delle attività casalinghe, per farsi interprete, più che del suo, dell’altrui disagio.  La Zi’ Monaca-Filomena Foglietti, venditrice di taralli non è altro che la vecchina ritratta in un dipinto di Alberto Testi dal titolo “La venditrice di taralli”.

Un desiderio quello del pittore sanseverese a cavallo tra Ottocento e Novecento di dar un volto a Zia Monaca.

Come spiega De Seneen, è solo da un’attenta lettura e rilettura degli atti processuali che spunta la vera Zia Monaca, arrestata e tra gli elenchi degli accusati.

“Zia Monaca era Gaetana Capogna nata a Foggia il 13 gennaio 1862 in Strada Pizzo la Ruota (attuale Via Le Maestre- zona Santa Chiara) figlia di Nicola, calessiere e di Occhiochiuso Guglielma trentenne. Gaetana sposa Ottavio Foglietta, manovale di ferrovia. Rimasta vedova contrasse secondo matrimonio con Pasquale Viola, bracciante. Donna lavoratrice-Foglietta Gaetana, nata Capogna è l’epigrafe che gli dedicarono il figlio e la nuora sulla lapide della tomba”.

Da un lato la lotta per il pane nella rivolta del 1898, dall’altro nelle battaglie odierne, la lotta per ciò che potrebbe essere considerato superfluo, la bellezza tradita. Per rivendicare gli spazi negati alla comunità, in una continua guerra tra poveri, esasperata dallo stigma ghettizzante nei confronti degli stranieri, che “ci vengono a rubare il lavoro”.

È stridente il messaggio del video di Zia Monaca, in un drammatico bianco e nero e con i seggiolini dell’anfiteatro, spettatori e simulacri, muti, oggetti morti, inermi, così come inermi e zittite- dalla criminalità o dalla clientela- vengono lasciate le classi popolari, nella loro strumentalizzazione perenne.

E torna alla memoria una capopolo celebre del cinema italiano, “L’onorevole Angelina” di Anna Magnani per il film di Luigi Zampa del 1947, nel quartiere periferico romano di Pietralata, nel dopoguerra ancora tiranneggiato dalla borsa nera.

Zia Monaca e come lei tante altre donne popolane italiane di quei moti del 1898 sono come Angelina, che si pone alla guida delle donne delle baracche e ottiene prima la pasta e poi altri servizi, il rifacimento stradale, la fermata dell’autobus e infine la casa, dopo l’occupazione abusiva dei palazzi in costruzione. La forza delle donne risiede nel ribaltare la meccanica del potere, nel conquistare dignità per tutte, insieme, senza sotterfugi o privilegi e contropartite nel rapporto con le classi benestanti, con le élite.

“Da noi i primi disordini ebbero luogo il 27 aprile. Una torma di popolani inferociti devastò il municipio e gli uffici della Guardia Municipale, della Pubblica Sicurezza e dell’esattoria Fondiaria. A guidare la folla era tale Anna Quintavalle, detta poi la Portapannera (la Portabandiera), “una megera” venuta fuori da un tugurio, sventolano una bandiera del Montenegro”, si legge di un’altra capopopolo di Bari.

L’Angelina di Anna Magnani rifiuta di diventare onorevole, respinge la candidatura, una volta ottenuta la casa e la sua libertà di madre e donna. Se tutte le donne e le sue amiche hanno la casa e hanno sollevato la loro condizione, a che serve far parte del Parlamento? Finisce in quel momento il suo essere “portavoce” di una istanza popolare della moltitudine, ad istanza appagata.  

Zia Monaca oggi invece deve rivendicare quella candidatura, con orgoglio. Deve strapparla, gridarla, difenderla, cucirla al petto. Farsi avanti nella pletora di candidati senza idee e senza coraggio. Tutti uguali quasi ed interscambiabili.

Pane, casa e lavoro, nel 1898 e nel 1947 del cinema.

Spazi, casa e lavoro, oggi.

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