Speciale Natale: dolci e profumi irresistibili delle tradizioni

by Carmine de Leo

Non è facile descrivere con le parole i profumi ed i sapori che si diffondono per le case nel periodo natalizio. In ogni dimora, anche in quelle più modeste, nell’atmosfera del Natale, le massaie sono intente a preparare dolci, manicaretti ed altre squisite tipicità gastronomiche delle festività natalizie.

Il panettone è oggi un dolce internazionale, da nazione a nazione, da regione a regione, da città a paese, altri cento dolci tipici arricchiscono il menù natalizio delle nostre case.

In Capitanata, con poche varianti da un paese all’altro, dominano i menù del Natale, soprattutto una serie di dolci tipici; vere delizie, tramandate da secoli.

Tra i più famosi dolci natalizi della Daunia ricordiamo le mandorle ricoperte con cioccolato e legate con lo zucchero, meglio conosciute come mennele atteret  e poi  le frittelle soffiate, oppure ripiene di ricotta, formaggio grattugiato e acciughette.

Queste ultime squisitezze, affiancate dalle tradizionali pettole, sono volgarmente conosciute con un nome abbastanza umoristico:i loffie du monac.

Pane, pizzelle e pettole, sono i protagonisti di tante leggende popolari collegate all’alimentazione, in Puglia se ne conoscono parecchie, come a Taranto le pettole di Santa Cecilia che hanno origine dalla distrazione di una donna nel giorno della festa di questa Santa, il 22 novembre, data che cade nel periodo in cui i pastori erano scesi dalle loro montagne dell’Abruzzo e del Molise per transumare con le loro greggi nella vasta pianura Dauna ed arrotondavano i loro guadagni suonando in coppia le melodie natalizie con le zampogne, da cui il nome di questi particolari musicisti erranti che percorrevano tutti i paesi della Capitanata racimolando offerte in denaro, ma anche in generi alimentari.

La donna tarantina, affascinata dal suono della zampogna, dimenticò il suo impasto per fare il pane, che presto aumentò troppo di volume e, quando se ne accorse, per non buttar via la pasta provò a friggere dei pezzi nell’olio; i pezzi di pasta di pane si indorarono presto  trasformandosi in piccole pittelle, ovvero pizzelle che, risultate molto gustose, ebbero subito un grande successo nelle cucine pugliesi.

Le Pettole

Ma anche in provincia di Foggia, a Rignano Garganico, abbiamo una storia simile; la protagonista, però, questa volta è una Santa, Anastasia, venerata in questa cittadina garganica, a cui, mentre impastava il pane, fu annunciata la nascita di Gesù; la Santa, senza scoraggiarsi mise subito a friggere in olio bollente alcuni pezzi della pasta di pane, inventando in tal modo le pettole.

Un tempo si usava anche riporre nelle case ai bordi dei presepi i cosiddetti pani di Sant’Anastasia, in segno di offerta, seppur modesta, al Bambinello Gesù.

Anche a Foggia, si tramanda una leggenda popolare che vede protagonista la Madonna, che nascose il Bambinello durante la fuga in Egitto della Sacra Famiglia, sotto la pasta di pane, liberatolo poi dall’impasto, saltò fuori ancora più bello di prima ed allora la Madonna suggerì alle donne del vicinato di conservare pezzi di quella pasta che sarebbero serviti poi per friggere delle gustose  pettole.

Ma ecco ancora per la delizia del nostro palato i calzoncelli, deliziosi dolcetti a forma di cuscinetti, rappresentanti, secondo la tradizione popolare, tanti piccoli guanciali per il Bambinello che deve nascere e formati da strati di pasta dolce con all’interno marmellata, oppure cioccolata, o anche ricotta zuccherata,­ il tutto imbevuto nel dolce vincotto.

Sempre nello stesso vincotto vengono imbevuti anche altri tipici i natalizi della Daunia, le cartellate, strisce dentellate di pasta che, attorcigliate in fantasiose forme circolari, rappresentano, per tradizione, le lenzuola per il Bambinello della Notte Santa.

Le cartellate

Ma chiudiamo il capitolo dei dolci ed apriamo un’altra pagina della nostra gastronomia tradizionale, quella relativa ad altri tipi di menù che vengono consumati a tavola, la sera della vigilia della Notte Santa, o nei giorni di Natale o Santo Stefano.

Vogliamo ricordare soprattutto il pranzo della vigilia, il tipico cenone che si consuma nel tardo pomeriggio o nella tarda serata, in attesa della mezzanotte.

Domina sulle nostre mense natalizie un pesce, l’anguilla, me­glio conosciuta con il nomignolo di capitone; che in maggioranza proviene dai nostri laghi di Lesina e Varano.

Questi pesci vengono preparati in diversi modi, secondo anti­che, ma semplici ricette, sotto gli occhi sbalorditi ed attenti dei bambini che corrono in cucina ad osservare con meraviglia le code dei “capitoni” che, ancora vivi, si agitano disperatamente prima di essere soffritti in padella.

Altra pietanza tipica abbastanza diffusa sulle tavole di Capitanata è la zuppa, quella per eccellenza. piatto poco costoso, nato originariamente nelle cucine di  quelle famiglie più povere e poi, grazie al suo squisito sapore, assunto anche nelle mense più agiate ed arricchito nei suoi originari e semplici ingredienti in varianti che ne hanno impreziosito man mano il sapore.

Si tratta di una composizione di vari strati di pane duro abbrustolito, farcite con pezzetti di diverso formaggio locale ed anche salame e mortadella, il tutto messo a cuocere con carne di tacchino nello stesso squisito brodo di quest’ultimo.

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