Viale del Tramonto, il capolavoro di Billy Wilder che Hollywood non accettò mai

by Daniela Tonti

Uno degli errori che si
commettono nel giudicare il cinema americano è di ritenerlo esaurito. Succede
poi che un film  come Viale del tramonto
ne attesta non solo la vitalità,  ma il
progredire del gusto, la libertà da certi pregiudizi correnti.

"Ennio

Viale del tramonto fu un film spiacevole per Hollywood da guardare, perché era su Hollywood. Alcuni lo amarono. Altri lo odiarono. I giornali del settore si divisero. “Variety” lo definì inquietante. È inquietante. “The Hollywood Reporter” fece una bella recensione, sostenne che era un film che doveva essere studiato fotogramma per fotogramma. Ma la storia più famosa è quella dell’incontro tra Louis B. Mayer -il capo della Metro Goldwin Mayer- e Billy Wilder dopo una proiezione. Louis B. Mayer si infuriò e disse a Wilder: “Come hai potuto farlo?” Era disgustato dall’immagine di Hollywood che ne veniva fuori.

Billy Wilder aveva una vena pungente e sardonica. Alcuni critici hanno notato che è stato l’unico regista di Hollywood i cui genitori furono vittime dell’Olocausto, tentando di spiegare con questa tesi il fatto che nei suoi film -anche in commedie come Sabrina– è sempre presente un sottotesto di amarezza e tristezza.

Il tema di Viale del Tramonto  è la corruzione che esiste a Hollywood, quanto essa sia spietata e come la gente farebbe di tutto per fare carriera, anche se questo vuol dire andare a letto con una gloria del passato fuori di testa.

Il Sunset Boulevard è un famoso viale di Los Angeles: va da Silverlake all’Oceano Pacifico, sul cui orizzonte tramonta il sole. Ma si riferisce anche ai personaggi del film. Il protagonista del film è Joe Gillis, sceneggiatore squattrinato che per sfuggire ai creditori si ferma nella villa di una vecchia gloria del cinema muto, Norma Desmond. Gli offre un lavoro e lui lo accetta. Si odierà per questo.

È un tema ricorrente nei film di Wilder: la gente che si vende in un modo o nell’altro. C’è un odio per se stessi che pervade tutti i suoi film. Quando Billy Wilder era uno spiantato nella Hollywood degli anni venti, lavorava come accompagnatore all’Hotel Eden ballando con le signore. Lo aveva trovato umiliante. Due dei suoi migliori film L’asso nella manica e L’inferno dei vivi, parlano di uomini che farebbero di tutto pur di sfondare.

Nei panni di Norma Desmond, l’attrice Gloria Swanson che era a suo modo una vecchia gloria. Esattamente come il personaggio che interpreta, la Swanson non era più alla ribalta, stava preparando il suo famoso ritorno. Sosteneva di non sapere quale fosse il suo ruolo. Pensava fosse una piccola parte. Perché mai avrebbero scelto lei come protagonista? Non la si era vista sin dagli anni 30, quindi accettò la proposta.

Era l’unica tra tutti noi che capì in pieno l’importanza del film, di quello che sarebbe diventato.
Nancy Olson
 

Oltre al fascino e alla bravura, uno degli ingredienti che fecero di Gloria Swanson una diva negli anni Dieci, fu il lusso sfrenato di cui amava circondarsi. Le riviste dell’epoca erano piene di commenti riguardanti la sua vasca da bagno d’oro massiccio, il suo ascensore profumatissimo, i suoi abiti misteriosi e la generale atmosfera di lusso in cui era immersa.

L’attribuzione del ruolo ad una star degli anni dieci permette a Wilder una riflessione più articolata che non riguarda semplicemente Hollywood in generale, ma le differenze tra il cinema precedente e quello posteriore all’avvento del sonoro, in sostanza tra cinema d’immagine e cinema di parola. Tutta la vicenda è narrata da una voce fuori campo, la voce di un morto: nel cinema sonoro nemmeno i cadaveri rimangono in silenzio. Il ricorso contemporaneo al flashback e al commento fuori campo attribuisce alla voce di Joe Gillis una sorta di onnipresenza narrativa: soltanto le sue parole hanno la facoltà di ripercorrere la vicenda in modo ordinato e coerente. Già in La fiamma del peccato, le fila del racconto venivano tenute dalla voce di un personaggio, Walter Neff, che sta morendo e la cui ultima azione consiste in una confessione verbale. In Sunset Boulevard, l’idea è spinta all’estremo. Il personaggio principale non è moribondo ma morto così che la sua personalità finisce per confluire in una voce. Norma uccide Joe e questo pare garantirle la vittoria e la supremazia; in realtà ciò che sarebbe stato vero e valido nel cinema muto, non ha più alcun valore in quello sonoro. Non è infatti sufficiente neutralizzare il corpo, ancorché cadavere, Joe, in virtù proprio della voce, può controllare il film .

Anche William Holden era a suo modo una vecchia gloria, si era fatto un nome in un film uscito dieci anni prima, Passione. Era in un momento duro per la sua carriera. Era passato tanto tempo da quel film e soprattutto da quando lo consideravano “la grande speranza”.  Si rivelò perfetto nel ruolo.

Nei panni del maggiordomo c’è Erich Von Stroheim, che offre una rappresentazione perfetta di quello che era. Negli anni Venti diresse Mariti ciechi (1919), Femmine folli (1921) e il suo capolavoro Rapacità (1923), la cui durata originaria era di circa sette ore. Lo accorciarono di un quarto della sua lunghezza, rovinandogli la carriera. Negli anni Quaranta Stroheim si era ridotto a interpretare film di second’ordine quali Lo sguardo che uccide in cui finisce decapitato dalla ghigliottina.

Queen Kelly (1929) è il film che vediamo nella sala proiezioni di Norma Desmond. È un film di Erich Von Stroheim del 1928, incompiuto. Quando Gloria Swanson si mette in piedi di fronte alla sua immagine e fa quel gesto sinistro, lo rende ancora più sinistro perché quel film le rovinò la carriera.

Nella scena della partita a carte con gli amici di Norma compaiono grandi star del cinema muto, che nel 1950 erano state dimenticate. Anna Q. Nilsson, un’attrice svedese precorritrice di Greta Garbo, H.B. Warner, un ottimo attore drammatico che aveva interpretato Cristo in Il re dei re di DeMille. E per ultimo, il grande Buster Keaton.

Il fatto che Viale del Tramonto non abbia vinto l’oscar come miglior film, riflette in parte l’avversione di Hollywood per l’argomento, cioè per se stessa. Si batteva con Eva contro Eva, che vinse. Andò molto meglio negli anni successivi tanto che un musical di Broadway interpretato da Glenn Close è uscito qualche anno fa ed è stato un enorme successo.

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