Gregory Peck, l’eleganza senza tempo

by Orio Caldiron

Fin dall’inizio Gregory Peck – nasce a La Jolla, California, il 5 aprile 1916, morirà a Los Angeles il 12 giugno 2003 – s’impone per la disinvoltura con cui passa dallo smemorato in sospetto di omicidio di Io ti salverò (1945), psicanalizzato dalla dottoressa Ingrid Bergman, al farmer tutto boschi e famiglia di Il cucciolo (1946), dal cronista liberal di Barriera invisibile (1947) che si finge ebreo per indagare sull’antisemitismo allo scrittore vittima del demone del gioco di Il grande peccatore (1949), assicurandosi la simpatia del pubblico soprattutto femminile per la sua immagine di bravo ragazzo, elegante e gentile.

Se richiama la spontanea naturalezza degli eroi tutti d’un pezzo del cinema classico, è a suo agio con i personaggi tormentati e vulnerabili, che non riescono a nascondere le loro inquietudini. Come Frank Savage, il generale dell’aviazione di Cielo di fuoco (1949) che, alla testa dei piloti impegnati nei bombardamenti delle città tedesche, entra in crisi quando mette da parte l’impassibilità e soffre con i suoi uomini, mentre la tensione emotiva tocca il punto di rottura. O come Jimmy Ringo, il pistolero di Romantico avventuriero (1950) perseguitato dalla sua fama di imbattibile. Stanco e disilluso, è ormai lontano dal mito che ha alimentato le sue imprese, vorrebbe cambiar vita, farsi una famiglia con la donna e il figlio che aveva abbandonato, ma la lunga sosta al Bar Palace di Cayenne è il drammatico capolinea in cui ancora una volta vince la maledizione della leggenda.

L’orgoglio della divisa tutta alamari e bottoni dorati prevale in Le avventure del capitano Hornblower, il temerario (1951), dove l’attore guida l’ammiraglia inglese contro le navi napoleoniche in un’epopea marinara che, tra perfidi agguati, mirabolanti arrembaggi, amori tenaci, ritrova il gusto del sogno a occhi aperti. Siamo nella favola con Vacanze romane (1953), la sua prima commedia in cui è il giornalista che, sottraendola al protocollo, accompagna la principessa in giro per la città.

Audrey Hepburn gli ruba spesso la scena, ma la loro immagine in Vespa resta un’icona della modernità in arrivo. Tom Rath, l’impiegato di L’uomo dal vestito grigio (1956) si identifica con l’americano medio che si rifugia nella flanella grigia, l’uniforme della normalità, fino a quando non scopre di aver avuto un figlio dalla ragazza italiana con cui era stato durante la guerra. L’avvocato Atticus Finch de Il buio oltre la siepe (1962) – tratto dal bestseller di Harper Lee – all’inizio degli anni trenta difende un giovane nero accusato ingiustamente di aver stuprato una ragazza bianca. È uno dei personaggi più appassionati e popolari della sua galleria d’attore sensibile ai valori civili e al rispetto della diversità. Singolare romanzo di formazione di Scout e del fratello Jem, sullo sfondo del problema razziale in una cittadina del Sud, il film gli offre l’occasione di una delle performance più straordinarie dell’intera carriera, che gli vale l’Oscar.

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