Oltre la Quarta mafia, un 2019 di murales per la città underground

by Antonella Soccio

Il 2019, a Foggia, nella città della Quarta Mafia, terzultima nelle classifiche della qualità della vita che castigano il Sud, sarà ricordato anche come l’anno dei murales.

La grande opera muraria sul popolo cileno del Palazzo degli Studi di Foggia datata 1976 e firmata Brigata Pablo Neruda, un collettivo di artisti che annoverava anche il pittore, disegnatore, scultore, scenografo, regista Giovanni Albanese, non è più sola.

Ben tre enormi murales campeggiano nei quartieri più popolosi e identitari della città. Per prima è arrivata l’installazione di digital art di pixels di Oliviero Toscani commissionata da Arca Capitanata con un progetto specifico di riqualificazione urbanistica. Un ragazzino di colore fa la linguaccia, rossissima come un lenzuolo kitsch steso o una bandiera di libertà, su una facciata delle piastre, le case popolari del Candelaro, quartiere violento e teatro di tanti incontri e riunioni della malavita.

È di qualche settimana fa invece lo splendido murales della star napoletana internazionale Jorit, commissionato in Via Lucera dai salesiani della parrocchia del Sacro Cuore. Sul palazzone, con uno sguardo tenero e complice, ma da grande educatore che non fa sconti, tutti possono vedere il volto di don Giovanni Bosco, il santo dei bambini. Depurato delle strisce tribali del muralista, don Bosco è l’opera forse più buona e conciliata di Jorit. Il murales, a pochi metri dalla linguaccia di Toscani, è come un monito per i giovani del rione. È come se dicesse: guarda che ti vedo, stai sbagliando, c’è un’altra via, un’altra possibilità alla Società. Per tanti altri invece al semaforo o per strada semplicemente è una corazza di humanitas per la vita che non va, una speranza per il lavoro che non c’è, un occhio amico, una presenza di carità.

Infine è giunto nel Quartiere Ferrovia, divenuto il simbolo degli scontri leghisti con i migranti, il murales di carta del grafico e fotografo Alessandro Tricarico, dal titolo Closcià, che ritrae il clochard e amico di tutti Antonio Grilli. La solidarietà a Foggia c’è, è tanta, ma non si dice, quasi mai, come sanno i Fratelli della Stazione. La destra non sa quello che fa la sinistra.

Nei prossimi mesi, sempre nel Quartiere Ferrovia, in Via Montegrappa l’artista globale Agostino Iacurci lavorerà ad altri due murales.

Può essere l’avvio questo di una città aperta alla street art? Non mancano gli esempi e le incursioni di Blub a Foggia così come le esperienze di altri collettivi, che con Sinuhe hanno portato in vari posti degradati gli attacchi d’arte.

Di certo le tre opere murarie che hanno contraddistinto il 2019 sono accumunate da un intervento dall’alto. Differentemente dal San Gennaro di Forcella, non sono una espressione che viene dal basso, ma piuttosto una forma d’arte indotta, che il territorio e gli abitanti di quel quartiere non chiedono e alle volte non riconoscono come propria. Quasi come una invasione radical chic. Ma si tratta comunque di una occupazione che può generare bellezza, in quella che resta una città devastata dal consumo di suolo e dalla 167 più grande d’Italia.

Le facciate da decorare e dipingere sono infinite, come i brutti palazzi. E proprio i murales potrebbero divenire una forma di difesa contro quell’edilizia, spesso corrotta e soggiogata dalla criminalità, per cui sono morte tutte e tre le vittime di mafia foggiane: Ciuffreda, Panunzio e Marcone.

Foggia può diventare la città dei murales?

“La nostra è una città borderline- rileva il professore dell’Accademia di Belle Arti Antonino Foti– le lacune di cui patisce possono diventare una forza, sotto l’aspetto artistico siamo una Beirut e si può solo risalire, l’importante è mettere in atto un progetto serio, cosa di cui dubito molto si riesca a fare in ambito culturale. Siamo una città appetibile per gli addetti ai lavori, perché fortunatamente (o sfortunatamente, dipende dai punti di vista) non abbiamo la possibilità di vivere di una rendita perenne, come per esempio Lecce e, quindi, c’è spazio per iniziative lontane da un concetto di classica fruizione dell’arte, proprio perché non c’è nulla di cui fruire e quindi si deve pensare ad iniziative alternative, un po’ come cerco tra mille difficoltà di fare con Ugallery. Foggia è città da Streetart, Foggia è underground”.

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