Tina Modotti, la fotografa che mai sciolse il dissidio tra Arte e Vita: reale e ideale coincisero perfettamente nella militanza politica

by Michela Conoscitore

Desidero fotografare ciò che vedo, sinceramente, direttamente, senza trucchi, e penso che possa essere questo il mio contributo a un mondo migliore.

Tina Modotti, fotografa di fama internazionale, fu una delle prime professioniste femminili nel campo. Quarantacinque anni di vita intensa, di cui sette trascorsi a fotografare il suo Messico, il paese che l’adottò e in cui riuscì ad esprimere pienamente sé stessa. Un’esistenza, la sua, dove il reale e l’ideale coincisero perfettamente nella militanza politica.

Tina Modotti, al secolo Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti, fu girovaga fin dalla più tenera età. La maggior parte della sua vita la trascorse su una nave, perennemente in viaggio. L’unico posto dove visse più tempo, dove era riuscita a mettere radici, fu il Messico, sua casa per un decennio.

Non nacque in una famiglia tranquilla; i genitori, Giuseppe operaio e Assunta sarta, vivevano in un borgo vicino Udine, poverissimo. Militanti socialisti, Tina venne al mondo nel 1896 ed ebbe come padrino di battesimo un anarchico. Due anni dopo la sua nascita, il padre decise di emigrare in Austria, per riuscire a sfamare la sua famiglia. Poco dopo, lo seguì la moglie con la piccola Tina e fu proprio in Austria che nacquero gli altri quattro figli della coppia. Nonostante le migliorate condizioni economiche, la famiglia stentava ancora a sopravvivere. Necessaria e incontrovertibile fu la scelta del capofamiglia di emigrare negli Stati Uniti. Ritornarono momentaneamente in Italia, nella loro Udine, dove ebbero appena il tempo di sistemarsi che dovettero separarsi nuovamente.

La storia della famiglia Modotti si allineava a quelle di milioni di altri italiani costretti a lasciare il Paese, ai primi del Novecento, in cerca di un futuro migliore. Tina soffrì molto la lontananza dal padre, e in quel periodo di separazione scelse di aiutare la madre a provvedere alla numerosa famiglia. La dodicenne fu assunta in un’azienda tessile del posto. Contemporaneamente, fu in quegli anni che si appassionò alla fotografia grazie allo zio Pietro Modotti che possedeva uno studio fotografico. Apprese i primi rudimenti e fece da assistente allo zio.

Tuttavia, la voglia di raggiungere il padre in America non fu scalfita dagli anni, allo stesso tempo nutriva una crescente sete di avventura non poteva essere più contenuta nella vita di quel paesotto di provincia. Così, nel 1913 a sedici anni si imbarca verso gli Stati Uniti e raggiunse il padre a San Francisco. Una volta lì, riuscì a trovare lavoro come operaia tessile. Tina, comunque, non era un tipo da condurre una vita ripetitiva ed alienante, cominciò ad esplorare la città californiana, ad interessarsi di arte e a conoscere gente. Uno di questi incontri fu il primo amore della sua vita, il pittore poeta Roubaix de l’Abrie Richey detto Robo. I due si sposarono nel 1918, e decisero di trasferirsi a Los Angeles, dove Robo aveva contatti nel mondo del cinema. La carriera cinematografica di Tina Modotti conta tre titoli, come Tiger’s Coat, e si interruppe: l’immagine cinematografica di donna provocante e oggetto delle attenzioni maschili, entrò apertamente in contrasto con le convinzioni, già profondamente femministe di Tina. E poi, in quel periodo non le dispiacque abbandonare i set, perché riscoprì un suo antico amore: la fotografia. Sempre grazie a Robo, Tina fece la conoscenza del celebre fotografo Edward Weston.

Weston offrì a Tina di diventare sua assistente, oltre che modella. Il suo fascino magnetico non solo le aveva spalancato le porte del cinema ma, esercitava sugli uomini un richiamo irresistibile. Però, la fotografa non si abbandonava mollemente al primo uomo che le manifestava interesse. Gli uomini di Tina, per tutta la vita, coincisero con le proprie esigenze di donna pensante e attiva. Con i suoi amori Tina imparava, condivideva, sperimentava, soprattutto viveva intensamente.

Al fascino di Tina non fu immune nemmeno Weston, così i due divennero amanti. Robo scoprì la relazione clandestina e non volle più saperne di lei, partendo per il Messico dove era atteso per organizzare una mostra. Il Messico stava vivendo un vero e proprio Rinascimento pittorico, soprattutto grazie ai pittori muralisti, capeggiati da Diego Rivera.

Tina decisa a chiarire con Robo, partì per il Messico ma arrivò troppo tardi, perché il francese fu stroncato da un vaiolo fulminante. Modotti rimase per qualche giorno in Messico, ad organizzare il funerale del marito. Quello fu il primo contatto col Messico, così distante da lei ma, così simile ai suoi bisogni più inconfessati. La donna ebbe l’opportunità di conoscere Vasconcelos, il ministro dell’Educazione, e lo stesso Rivera.

Tornata a Los Angeles da Weston, gli raccontò entusiasta del Messico e lo convinse a trasferirsi. L’uomo, in profonda crisi con la prima moglie e non più motivato dall’ambiente losangelino, accolse la proposta dell’amante al volo. I due portarono con loro anche uno dei quattro figli di Weston, Chandler. Era il 1923.

La coppia si stabilì a Città del Messico, e aprì uno studio fotografico. In quegli anni di apprendistato, l’allieva superò il maestro tanto che Weston dichiarò, a proposito di una foto della compagna: “Tina ha fatto una foto che mi piacerebbe firmare col mio nome”. L’attività fotografica di Modotti è suddivisibile in due periodi, la prima risente ancora fortemente della vicinanza di Weston e per quanto le opere siano di pregio, risultano ancora impostate. Nel 1926, Weston decise di tornare negli Stati Uniti: la relazione finì, anche se i due continuarono a tenersi in contatto epistolare. Fu in quel momento, dalla morte di un amore, che nacque Tina fotografa comunista. Il 1927 fu l’anno dell’iscrizione al Partito Comunista messicano, delle lotte per Sacco e Vanzetti e per il Nicaragua accanto a Diego Rivera e Frida Kahlo, che era diventata una delle sue amiche più intime. Tina divenne militante oltre che artista. Per lei fu sempre un dissidio difficile da superare, quello tra Arte e Vita, soprattutto perché faticava a pensare di appartenere al mondo artistico. Lei era semplicemente una fotografa:

“Sento che il problema della vita ostacola il mio problema dell’arte. Ma cos’è “il mio problema della vita”? È principalmente uno sforzo per distaccarmi dalla vita e riuscire a dedicarmi completamente all’arte. E qui io so perfettamente che tu risponderai: “L’arte non può esistere senza la vita. Sì lo ammetto ma ci deve essere un giusto equilibrio tra i due elementi mentre nel mio caso la vita lotta continuamente per predominare e l’arte ne soffre. Per arte intendo una creazione di qualsiasi tipo. Potresti dirmi che siccome in me l’elemento della vita è più forte di quello dell’arte dovrei semplicemente rassegnarmi e trarne il meglio. Ma non posso accettare la vita così com’è – è troppo caotica – troppo inconscia – da qui deriva il mio resisterle – la mia guerra con essa – sono sempre in lotta per plasmare la mia vita secondo il mio temperamento e i miei bisogni – in altre parole metto troppa arte nella mia vita – troppa energia – e di conseguenza non mi resta molto da dare all’arte.”

Alla fine sull’Arte prese sopravvento la Vita: per Modotti la fotografia fu un’arma di denuncia sociale, un mezzo per condannare il capitalismo dei latifondisti ed esaltare la popolazione sottomessa del Messico. Volti di campesinos distrutti dalla fatica, donne di struggente bellezza, bambini smarriti, mani traviate dal lavoro nei campi, infine le ‘armi’ dei contadini, falce e martello, questi i soggetti della fotografa che fece coincidere strenuamente l’ideale col reale.

Anche l’amore procedeva in quella direzione: diventata una delle esponenti più celebri della scena artistica e politica messicana, Tina si legò spesso a uomini del Partito. Prima Xavier Guerrero, poi l’esule cubano Juan Antonio Mella, uno dei suoi più grandi amori, assassinato nel 1929 mentre i due erano per strada a Città del Messico. Da allora la vita di Tina divenne più difficile. Già tenuta d’occhio dal Partito Fascista italiano che la considerò indesiderata nella sua nazione di origine, la fotografa fu invischiata nell’attentato al presidente della Repubblica messicana Pascal Ortiz Rubio nel 1930, e costretta a lasciare il Messico.

Addolorata, Tina si imbarcò su una nave diretta a Rotterdam, che dopo dieci anni la riportò in Europa. Una volta a Rotterdam, Tina raggiunse Berlino. Alla ricerca di un lavoro come fotografa presso i giornali, nessun incarico sembrava adatto alle sue esigenze. Sulla nave, durante il viaggio dal Messico, Tina rincontrò una sua vecchia conoscenza, Vittorio Vidali. Il primo incontro dei due risaliva alla fase statunitense della fotografa. Vidali, personaggio ambiguo e misterioso, convinse la fotografa ad andare a Mosca con lui. Tina venne precettata per lavorare al servizio del Comintern, il Partito Comunista sovietico, attraverso il servizio che prestò nel Soccorso Rosso Internazionale. Molti storici sono convinti della totale appartenenza dei membri del Soccorso Rosso Internazionale alle file dello spionaggio comunista. Quindi Modotti, probabilmente, nella sua vita rocambolesca fu anche spia. La donna prese parte a varie missioni, tra cui la Spagna, durante la Guerra Civile. In questo frangente conobbe la coppia di fotografi Gerda Taro e Robert Capa che la conoscevano di fama. I due provarono a convincerla a tornare alla fotografia, ma inutilmente. Per Modotti quel periodo era terminato. La disfatta dei comunisti in Spagna, e l’insediamento del dittatore Francisco Franco furono solo le ultime notizie che prostrarono moralmente Modotti. Inoltre, l’accordo tra Hitler e Stalin, nel 1939, spense definitivamente la sua fiducia nel Partito.

Tornò in Messico sotto falso nome, come rifugiata politica. Qui ritrovò gli amici di un tempo, ma non tornò più a scattare foto. Il suo Messico era profondamente cambiato, lei anche. Tina Modotti si rifugiò nel calore dei suoi amici messicani, quelli con cui trascorse le ultime ore prima della morte avvenuta il 5 gennaio del 1942, su un taxi che la stava portando in ospedale. La morte improvvisa della fotografa quarantacinquenne per molti è avvolta nel mistero. Fu davvero un malore o qualcuno, forse lo stesso Vidali che in quel momento era in Messico, aveva ricevuto l’ordine di mettere a tacere per sempre la fotografa?

Questa è una domanda che non riceverà mai una risposta. A celebrare la vita della fotografa girovaga fu l’amico poeta Pablo Neruda che le dedicò uno splendido epitaffio, Riposa dolcemente sorella, che si conclude con un verso che racchiude la vita irripetibile di Tina: Perché non muore il fuoco.

“Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi:

forse il tuo cuore sente crescere la rosa

di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa.

Riposa dolcemente, sorella.

La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua:

ti sei messa una nuova veste di semente profonda

e il tuo soave silenzio si colma di radici.

Non dormirai invano, sorella…”

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.