Donne che valgono, doppia preferenza e il machismo pugliese che ricorda tanto l’illusione fascista del suffragio femminile

by Antonella Soccio

“Se una donna vale non ha bisogno delle quote”, è il refrain di uomini e donne col canone maschile introiettato nei pensieri. Chissà perché la retorica del valore, che sa tanto di shampoo o di talent, non prende mai di mira gli uomini. A loro da secoli non sono richiesti valore, prestanza, perfezione o rinunce. Loro esistono e basta e occupano gli spazi, che tendono sempre ad estendersi, se li si lascia fare. In politica, al lavoro, nell’associazionismo, addirittura nei convegni. È di poco tempo fa la presa di posizione del Ministro Beppe Provenzano, che decise di non accettare la partecipazione ad un meeting in cui erano stati invitati solo uomini.

Quello che è successo nel consiglio regionale pugliese, ultimo baluardo maschilista d’Italia, la scorsa notte è scandaloso sotto tanti aspetti, ancor più se si considera che migliaia di donne hanno firmato per quella legge negli anni scorsi, credendo ora a questo ora a quell’alleato uomo nei partiti. Invano. I 5 anni necessari alla maggioranza per licenziare un testo, giunto solo grazie alla pressione del Governo Conte, i 2000 emendamenti del centrodestra, l’ostruzionismo gretto delle migliaia di fotocopie, il mescolare le questioni di genere ai regolamenti di conti contro la task force anti Covid e contro la candidatura di Pier Luigi Lopalco.

Ogni gesto degli uomini superpagati del Consiglio regionale racconta il loro attaccamento alla propria posizione dominante, che attenzione non è stata conquistata con i denti (sì, certo hanno vinto la sfida delle preferenze con i loro pari), come dovrebbero fare “le donne che valgono”, ma gli viene semplicemente garantita per diritto di nascita.

L’attesa della doppia preferenza, lunga almeno 10 anni in Puglia, mi ha ricordato la promessa di voto alle donne, fatta da Benito Mussolini in Piazza San Sepolcro a Milano nel programma nascente dei Fasci di Combattimento.

Sono 9 le donne dell’assemblea che crederanno a quel proposito: Regina Terruzzi e Giselda Brebbia, Luisa Rosaria Dentici, Maria Bianchi Nascimbeni, Fernanda Guelfi Pejrani, Paolina Piolti de’ Bianchi, Cornelia Mastrangelo Stefanini, Ines Norsa Tedeschi e Gina Tozzi. Tutte interventiste, tutte suffragiste, impegnate nel riconoscimento del divorzio e del diritto alla ricerca della paternità naturale.

Nel Comitato promotore del suffragio al IX Congresso dell’Alleanza internazionale per il suffragio femminile, svoltosi a Roma nel maggio del 1923, ci sono per l’Italia insieme alle delegate di 40 Paesi Regina Terruzzi, Grazia Deledda, Maria Montessori e Margherita Sarfatti. Anche in quel contesto il Duce prometterà il voto alle donne. Che arriverà, per il solo voto amministrativo, nel 1925, pur limitandolo a certe categorie di donne, quelle istruite e di alto censo.

A premere per la concessione del suffragio era stata anche l’anima autonomista dei Fasci femminili, a quella data ormai sottomessa e costretta ad accontentarsi, al pari di Terruzzi, ad una soluzione al ribasso. Una soluzione che verrà totalmente depennata con la riforma podestarile, che elimina il diritto di voto per tutti. Il Fascismo poi fece anche di peggio, venendo meno agli ideali di parità dell’inizio del ventennio e contrastando costantemente il lavoro femminile, che toglieva occasioni e posti ai padri di famiglia. Anche allora si cercava il valore dalle donne: buone fattrici, ottime atlete, brave italiane dedite all’autarchia.

L’illusione del voto, come scrive Ritanna Armeni nel suo bellissimo Mara, dura solo due anni. Le italiane dovranno aspettare il Referendum del 1946 per votare, laddove le austriache, le inglesi, le statunitensi, le svedesi, le canadesi e le sovietiche già lo praticavano da un pezzo.

L’illusione pugliese invece dura solo un giorno, assolato d’afa in sit in davanti alla sede di specchi della Regione Puglia. Un giorno e una notte. Sarebbe stato bello immortalare il sorriso degli uomini sotto la luna dinanzi a quel palazzo di prismi specchiati.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.