«Non esiste una terapia specifica per questa infezione: il Covid-19 è una malattia altamente variabile». A colloquio con la prof Maria Pia Foschino

by Michela Conoscitore

La seconda ondata della pandemia da Covid-19, come abbiamo appurato in questi mesi, possiede decisamente una fisionomia differente rispetto a quella di marzo: il patogeno è diventato più infettivo, e in un paese come l’Italia che ha, evidentemente, sottovalutato il ritorno della Sars-Cov-2 in autunno, ciò è stato fatale soprattutto per il nostro sistema sanitario, ingolfato e allo stremo tenendo conto anche dei mesi precedenti.

In Puglia le cose non sono andate diversamente, e se con le altre regioni meridionali aveva saputo fronteggiare la prima ondata positivamente, con la seconda abbiamo assistito ad ospedali in grandi difficoltà, tracciamento saltato e risposte che hanno stentato ad arrivare.

bonculture ha analizzato la questione con la professoressa Maria Pia Foschino, ordinaria di Malattie dell’Apparato respiratorio dell’Università degli Studi di Foggia e Direttore del Dipartimento di Medicina Specialistica agli Ospedali Riuniti, provando ad approfondire anche la cosiddetta sindrome post-Covid.

Professoressa Foschino, al momento qual è la condizione dei ricoverati Covid agli Ospedali Riuniti di Foggia tra pronto soccorso, sub-intensiva ed intensiva?

Da metà ottobre si è osservato un incremento esponenziale del numero dei contagi da Sars-Cov-2 legato ad una maggiore circolazione del virus che ha determinato un iper-afflusso al Pronto Soccorso di pazienti affetti da Covid-19.

Nell’ambito della Regione Puglia, il territorio foggiano risulta essere il più colpito con una incidenza di circa 200 casi positivi per 10.000 abitanti, decisamente più alta delle altre province pugliesi.

Nel nostro Policlinico la Direzione Generale ha prontamente risposto a questa emergenza aumentando in tempi molto rapidi il numero dei posti letto per Covid, e riducendo così significativamente la pressione sul Pronto Soccorso. I pazienti affetti da Covid-19, attualmente ricoverati nei vari reparti Covid del Policlinico Riuniti di Foggia, sono circa 200 di cui 28 in Rianimazione. Nei 4 reparti COVID di Malattie dell’Apparato Respiratorio – Ospedale D’Avanzo, sono ricoverati 55 pazienti, di cui 15 in Post acuzie e 40 nei reparti per acuti e di questi 8 in terapia intensiva respiratoria, con un’età media (circa 65 anni) più bassa ed un quadro clinico più grave rispetto alla prima ondata, tanto da necessitare, nella quasi totalità, di supporto respiratorio con ossigenoterapia e ventilazione meccanica non invasiva.

La mortalità da COVID in Puglia, con questa seconda ondata, sembra sia aumentata. Ce lo conferma? Perché si è verificato ciò?

Nei bollettini regionali degli ultimi giorni non c’è spazio per le buone notizie, non solo per il numero dei nuovi positivi, ma anche per il trend dei decessi. Con i dati oggi a disposizione possiamo soltanto ipotizzare alcune possibili cause della maggiore mortalità dovuta a Sars-Cov-2. Questa potrebbe essere dovuta al fatto che il virus colpisce fasce della popolazione più a rischio, spesso anziane, con comorbidità e quindi più fragili.

Un’altra possibile causa di letalità potrebbe essere il ritardo del ricorso alle cure ospedaliere di pazienti che rimangono nel proprio domicilio per una presentazione clinica subdola della malattia e che ricorrono, solo successivamente, al Pronto Soccorso in condizioni già critiche per insorgenza di Insufficienza Respiratoria Acuta.

Per quanto riguarda le terapie farmacologiche, sono le stesse della prima ondata o si è reso necessario potenziare le cure?

Non esiste al momento una terapia specifica per questa infezione: il Covid-19 è una malattia altamente variabile sia nella sua presentazione clinica che in termini di risposta ai farmaci che di decorso di malattia.

Molti farmaci utilizzati nella prima ondata come l’idrossiclorochina, alcuni farmaci antivirali e il Tocilizumab non hanno dimostrato negli studi randomizzati controllati efficacia in termini di riduzione di mortalità, miglioramento clinico e ricorso alle terapie intensive.

Ad oggi i farmaci su cui si basa l’approccio terapeutico sono l’eparina, il cortisone e, in caso di sovrapposizione batterica, gli antibiotici, oltre che il supporto con ossigeno e ventilazione meccanica nei pazienti con insufficienza respiratoria. I dati attualmente disponibili sull’antivirale Remdesevir non sono concordanti e non dimostrano un chiaro beneficio clinico in termini di mortalità o ricorso alla ventilazione meccanica, perciò l’OMS ha formulato una raccomandazione “negativa debole” sull’uso di tale farmaco, da utilizzare, secondo AIFA, solo in casi selezionati dopo un’accurata valutazione del rapporto benefici/rischi.

Il Policlinico Riuniti di Foggia ha aderito al protocollo “Tsunami” relativo all’utilizzo del plasma iperimmune come terapia precoce per pazienti con polmonite da Sars-Cov-2 di recente insorgenza, in ossigenoterapia, che non necessitano di ventilazione meccanica. Intanto, in attesa del vaccino, le terapie con anticorpi monoclonali, potrebbero rappresentare una chiave di svolta per la gestione della patologia da Covid-19.

I malati Covid della seconda ondata presentano comportamenti peculiari e atteggiamenti psicologici, soprattutto nei confronti di medici e personale sanitario, differenti rispetto a quelli di marzo?

I pazienti affetti da Covid-19 spesso si trovano ad affrontare un dramma nel dramma. L’isolamento, il ricovero, la drammaticità dell’emergenza sanitaria inedita, rappresentano spesso per i nostri pazienti un’esperienza molto traumatica.

Rispetto alla prima ondata in cui l’opinione pubblica riteneva i medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario degli “eroi”, il persistere della pandemia, l’entità della seconda ondata, la confusione generata da contrastanti informazioni provenienti dai mass media hanno modificato questa percezione, rendendo il paziente a volte diffidente e il personale più provato, nonostante non siano mai cambiati l’impegno e la dedizione nei confronti dei malati, pur vivendo essi stessi una condizione di preoccupazione persistente per la salute propria e dei propri familiari.

Si parla sempre più spesso della sindrome post-Covid: anche se l’ultimo tampone dà esito negativo, il soggetto può ancora accusare, a distanza di mesi delle ripercussioni, talvolta anche pesanti. La Sars-Cov-2 è definita una malattia multiorgano, quali sono gli apparati che subiscono più danni?

Il grande sforzo che si sta facendo ci ha permesso di conoscere meglio l’azione patogena del virus, che determina appunto una malattia multiorgano. Infatti non solo i polmoni, ma diversi altri organi sono coinvolti nella malattia causata da Sars-Cov-2.

È stato visto che cuore, fegato, reni, milza e midollo osseo subiscono importanti alterazioni.  Da quanto emerso, un elemento chiave che causa le alterazioni a carico di questi organi, nelle fasi conclamate della malattia, è uno stato iper-infiammatorio dovuto alla tempesta di citochine, con effetto pro-coagulante, che peggiora ulteriormente il quadro respiratorio ed è esso stesso alla base dell’improvviso e inarrestabile peggioramento clinico.

Parallelamente all’aggravamento dello stato infiammatorio può comparire uno stato di iper-coagulabilità sistemica e di trombofilia, caratterizzato dalla tendenza alla trombosi venosa, arteriosa e micro vascolare, con conseguenze sistemiche. In realtà, anche dopo la guarigione clinica e la negativizzazione del tampone, il paziente continua a manifestare frequentemente una sintomatologia “post-covid” caratterizzata da astenia, cefalea e ridotta capacità di concentrazione, insonnia, ridotta tolleranza all’esercizio fisico, algie diffuse, persistenza dell’alterazioni dell’olfatto e del gusto con sindromi ansiose-depressive.

Pare che le lesioni polmonari siano le ‘testimonianze’ più importanti che il virus lascia sul paziente: quali sono le conseguenze sulla qualità della vita del soggetto? Se il tessuto polmonare è uno di quelli che si rigenera più facilmente allora perché in alcuni individui nel post-Covid questo processo potrebbe rallentare o, addirittura, non avvenire?

I tempi di osservazione ristretti non permettono ancora di avere dati certi, ma il danno polmonare determinato dalla malattia potrebbe non scomparire del tutto alla risoluzione della polmonite.

L’ipotesi al momento è che la polmonite interstiziale causata dal virus possa determinare nel tempo fibrosi polmonare, che a sua volta comporta l’“irrigidimento” del tessuto ed eventuale compromissione degli scambi gassosi. Ad oggi un riscontro frequente è rappresentato dalla ridotta tolleranza all’esercizio fisico nei mesi successivi alla guarigione, anche nei soggetti giovani, che comporta una ripercussione sulla loro qualità di vita.

Questa condizione potrebbe dipendere da una risposta immunitaria sproporzionata dell’organismo?

I sintomi lamentati dai pazienti nel periodo post-Covid potrebbero essere legati, come in altre patologie virali, all’immunoflogosi dovuta alle citochine infiammatorie rilasciate dal sistema immunitario al fine di arginare il patogeno invasore, che persiste anche dopo la clearance del virus. Ciò non toglie che la percezione della persistenza di alcune manifestazioni potrebbe essere dovuta anche all’impatto devastante che ha avuto la patologia, non solo dal punto di vista organico, ma anche sul piano psicologico.

Proprio in merito al post-Covid, come sta procedendo l’attività di follow-up dei pazienti agli Ospedali Riuniti di Foggia? Quali sono le loro richieste più frequenti e le loro paure? Quanto incide l’aspetto psicologico nella totale ripresa del paziente?

Presso il nostro centro è stata istituita un’attività ambulatoriale/Day Service dedicata al monitoraggio dell’evoluzione clinica e radiologica dei pazienti ricoverati presso il Policlinico Riuniti per infezione da Sars-Cov- 2. Il follow- up si propone di proseguire il percorso di cura e di monitorare lo stato di salute dei pazienti a 3, 6 e 12 mesi dalla dimissione. L’ambulatorio prevede un percorso di esami e visite coordinate per verificare la persistenza di eventuali complicanze post-guarigione.

Spesso i nostri pazienti presentano disturbi della sfera ansioso-depressiva come disturbi post-traumatici da stress, ansia, insonnia e depressione. In generale le conseguenze psicologiche da Covid-19 possono essere causate, come è stato visto da diversi studi, sia dalla risposta immunitaria al virus stesso, sia da fattori di stress psicologico come l’isolamento sociale, la persistente preoccupazione di reinfettarsi o di infettare gli altri.

Professoressa, secondo lei conosciamo ormai tutto del Covid-19 o potrebbe sorprenderci ancora?

Sono quasi 10 mesi che conviviamo con il virus, molti aspetti abbiamo imparato a conoscerli, molti altri restano ancora misteriosi e ci vorrà del tempo per comprendere appieno questo inedito Coronavirus. Questa pandemia ha scatenato un’ondata senza precedenti di ricerca, condivisione di dati e scienza aperta, fornendo via via un quadro del virus che è tutt’oggi ancora incompleto. Nonostante spesso in questi mesi le notizie abbiano creato confusione, amplificato dubbi e speranze, la scienza – con il suo metodo scientifico – rimane l’unica assicurazione per il futuro.

Quali sono le sue riflessioni in merito alla gestione della seconda ondata in Puglia come nel resto d’Italia? Il caos e la confusione, soprattutto istituzionale e gestionale, che irrimediabilmente si è riversata sugli ospedali, si sarebbe potuta evitare con un po’ di lungimiranza e accortezza nei mesi estivi?

In questa seconda ondata, il Covid sta congestionando sul territorio nazionale e mondiale sempre di più ospedali, reparti e pronto soccorso. Il virus ci aveva concesso un’estate di tregua per riorganizzarci ma evidentemente questa opportunità non è stata sfruttata al meglio dalle istituzioni, per quanto sia veramente complesso governare e gestire una emergenza di questa portata. L’obiettivo prioritario a cui si sta lavorando a tutti i livelli è quello di ripensare a nuovi modelli organizzativi ospedalieri e territoriali per l’appropriata gestione di pazienti sia affetti da Covid-19 che da patologie no Covid. Per forza di cose saremo noi che dovremo adattarci al coronavirus e non il contrario.

Prof.ssa Maria Pia Foschino

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.