“I teatri devono essere abitati”. Giuseppe D’Urso e il modello di Teatro Pubblico Pugliese

by Daniela Tonti

Non nasce teatro laddove la vita è piena, dove si è soddisfatti. Il teatro nasce dove ci sono delle ferite, dove ci sono dei vuoti… E’ lì che qualcuno ha bisogno di stare ad ascoltare qualcosa che qualcun altro ha da dire a lui.
Jacques Copeau

Le periferie, le produzioni indipendenti, il teatro nei luoghi rurali e nelle aree interne e una particolare attenzione al recupero scenico degli spazi sono alcune delle idee che sta portando avanti con successo Giuseppe D’Urso. Un trascorso importante come amministratore locale, inventore di Parco città, specializzato in problematiche del mondo giovanile, Giuseppe D’Urso il teatro lo conosce molto bene e non solo perché lo vive da vicino ogni giorno.

Amico del grande Carlo Formigoni, D’Urso è studioso di drammaturgia e avanguardie, tra i promotori di uno degli esperimenti più riusciti di teatro per famiglie (Il cerchio di gesso), con una passione che spazia dalla prosa classica fino a Eugenio Barba e Jerzy Grotowski. È attualmente alla guida del Teatro Pubblico Pugliese, il primo circuito nazionale di distribuzione teatrale con oltre 850 spettacoli in cartellone, nel cui consiglio di amministrazione ricopre un posto sin dalla creazione.

Noi di bonculture l’abbiamo intervistato.

Presidente a Napoli, il Teatro Pubblico Pugliese ha presentato produzioni per l’infanzia nell’ambito di Pugliashowcase. Il cartellone per ragazzi ha una qualità altissima. È questo oggi il prodotto migliore della Puglia?

Il teatro in Puglia gode di ottima salute e questo ci viene confermato anche da alcuni riconoscimenti importanti tipo quelli del premio Eolo 2019 per il migliore spettacolo in questo settore. Il premio è stato assegnato a due compagnie pugliesi: La luna nel letto e Inti Teatro per i due spettacoli Zanna Bianca e Cappuccetto Rosso. Due lavori che hanno avuto l’opportunità di presentarsi a Napoli dove abbiamo svolto Puglia Showcase, la vetrina del teatro per ragazzi. Qui 12 compagnie hanno presentato i loro lavori per ragazzi in due teatri, Teatro Nuovo e Palazzo Reale, nell’ambito del Napoli Teatro Festival. Il teatro gode di ottima salute, in modo particolare il teatro per ragazzi.

Medimex, che bilancio fa della prima edizione nella sua città?

È stata una bella esperienza nonostante il tempo non fosse dei migliori. La prima serata all’aperto con Renzo Arbore ci ha regalato un concerto suggestivo ma purtroppo la pioggia incessante ha scoraggiato molti a partecipare. Il giorno dopo con Brian Ferry abbiamo recuperato. Medimex si è svolto in molti luoghi non solo nelle piazze. Nelle aule del Conservatorio, presso la Fondazione dei Monti Uniti, al Teatro Giordano e al Teatro del Fuoco, a Palazzo Dogana dove si sono realizzate le scuole di musica con la partecipazione di centinaia di giovani che hanno partecipato a seminari sui diversi mestieri della musica, dalla scrittura agli aspetti più tecnici, perché i giovani devono capire che con la musica si può avviare un percorso di prospettiva. Perché può essere un lavoro non solo artistico ma anche tecnico, per chi vuole cimentarsi con il suono, le luci, la scrittura. È stata un’esperienza forse anche più bella del momento dei concerti. Per non parlare dei numerosi incontri, molto partecipati, con artisti e autori di grande prestigio . Ci chiedono ancora quando si rifarà.

L’anno prossimo dove sarà il Medimex?

L’idea è quella di fare del Medimex un appuntamento itinerante, l’anno prossimo tocca a Brindisi e Taranto. A Foggia abbiamo approfittato di momenti di relativa tranquillità a settembre portando Ezio Bosso, una bellissima esperienza e una persona eccezionale. Abbiamo scontato il fatto di non avere un contenitore ampio al chiuso, Il Teatro Giordano e il Teatro del Fuoco hanno grosso modo la stessa capienza. È stato un peccato però è uno dei temi che la classe politica dovrebbe affrontare. Foggia ha bisogno di un grande contenitore.

L’ex presidente della provincia di Foggi Antonio Pellegrino lanciò questa idea del grande contenitore. Lei era nella giunta, che si ricorda?

Il prof Pellegrino era un grande visionario come sappiamo e lui, grazie alle sue attività congressuali e mediche, capitò a Sydney e si innamorò dell’Opera House. È chiaro che era improponibile. Però l’idea fu recuperata, facemmo un incontro tra Provincia e Comune per realizzare questa grande idea che significava inserire la città di Foggia in un circuito nazionale e non solo per lo spettacolo dal vivo ma anche per attività di vario tipo con una struttura di 3-4mila posti. Poi le cose buone non le portiamo avanti e il progetto si è arenato.

Quindi non solo spettacoli?

Si, pensavamo a un centro polivalente. Pensi che io mi appassionai della cosa e riuscii ad organizzare una delegazione mista Comune  Provincia e andammo a vedere il Palas di Pesaro,  incontrammo anche il sindaco e gli amministratori per capire bene come funzionava. Si tratta di un grande impianto sportivo, punto di riferimento per spettacoli ed eventi. L’idea di un centro polivalente potrebbe essere un’occasione di lavoro per i giovani, artisti e non. Noi dobbiamo pensare anche ad altre forme e opportunità e avere uno sguardo più ampio.

La sua nomina ha incoraggiato l’ingresso nel Consorzio di Tpp di comuni della Capitanata.

Sì, il fatto che sono di questa provincia ha sollecitato alcuni sindaci e assessori ad incontrarmi, evidentemente si pongono il problema della programmazione culturale e dell’utilizzo – per chi li ha – di alcuni spazi. Ed è il motivo per cui alcuni comuni sono diventati soci del TPP.

Quali?

Cinque comuni nuovi: Monte Sant’Angelo, Pietra Montercovino, Troia, Castelluccio dei Sauri e Candela. Siamo in contatto anche con San Giovanni Rotondo, Carapelle e San Marco in Lamis. Quasi tutti questi comuni hanno un teatro però anche i comuni che non hanno un teatro  possono interagire con noi, fare un’attività più “modesta” ma di qualità. Io sono un sostenitore del teatro per ragazzi che è anche teatro per le famiglie con spettacoli che hanno il vantaggio di non aver bisogno di spazi molto grandi e quindi offrono la possibilità di adattare i luoghi, nel rispetto delle norme di sicurezza, e poi non costano molto rispetto alle compagnie che fanno il serale.

Le aree interne, Monti Dauni, Gargano e Murgia. Ci sono strategie per mettere in rete i piccoli teatri?

L’adesione di questi nuovi comuni ci consente anche di metterli in rete. Abbiamo già fatto una riunione con i nuovi soci a Palazzo Dogana e abbiamo ragionato su una prima ipotesi di programmazione. Credo che se tutto va bene con l’anno nuovo, a gennaio, ci saranno delle belle novità. In alcuni di questi comuni e lo dico con grande soddisfazione può partire per la prima volta una stagione teatrale, piccola ma bellissima. Questo non vuol dire che in passato Comuni non si sono mossi, però un discorso organico, programmato sul teatro non sempre è stato possibile farlo. Ora ci sono le condizioni e può venire in aiuto anche il bando delle Periferie in cui  sono coinvolti molti di questi comuni. Iniziative che vanno diffondendosi in tutta la Puglia.

Il bando delle Periferie ha centrato l’obiettivo di mettere in rete le piccole realtà?

I comuni hanno discusso insieme dei progetti. Ho partecipato ad alcune riunioni di presentazione del bando: Pietra Montecorvino dove c’erano Roseto, Casalnuovo, San Marco La Catola, Castelluccio dei Sauri – Orta Nova con i comuni dei cinque reali siti – Orsara con Bovino, Candela e Deliceto – Manfredonia con Lucera, San Marco in Lamis, Monte Sant’Angelo, Sant’Agata di Puglia. Questi comuni di solito si incontrano  per discutere della viabilità, di qualche emergenza o di rifiuti. Invece questa volta si sono riuniti per discutere di cultura e di teatro. È stata una cosa bellissima. C’è stato un grande interesse da parte dei sindaci che sono venuti personalmente alle riunioni senza delegare nessuno. Le risorse non sono molte ma possono contribuire a creare situazioni nuove.

Tipo?

Si sono adoperati gli stessi comuni che hanno messo a disposizione un po’ di risorse ma anche qualche sponsor privato. Si è attivato un meccanismo sano e questo è il risultato migliore. Qualche teatrante mi ha anche detto “spero di vincere ma anche se non dovessi vincere ho conosciuto tante persone e avviato tanti rapporti” e credo che abbiamo centrato l’obiettivo perché era questo il senso del bando che prevedeva, comune per comune, il coinvolgimento di almeno un’associazione.

Torniamo ai contenitori. Al di là dei recuperi strutturali pensiamo al Piccinni o al Margherita, quanto è importante il contenuto? Secondo lei qual è il modello migliore: bandi aperti alla città o l’affidamento a un direttore artistico?

Si tratta di diverse metodologie. È chiaro che attivando un percorso partecipativo ci può essere una maggiore sollecitazione a confrontarsi anche sui contenuti. Se un Comune decide di assegnare le risorse sulla base di criteri oggettivi, sulla qualità del progetto, sul curriculum della compagnia o sulle finalità vere, è uno stimolo a fare meglio. La competizione non deve esser esasperata ma serve ad alzare la qualità. È chiaro che ogni situazione è diversa dall’altra.

E la politica? Non sceglie?

La politica deve scegliere ovviamente non deve entrare nel merito delle singole proposte perché questo deve farlo chi è competente. Molti teatri piccoli e grandi hanno il direttore artistico che è una figura importante che poi non vuol dire che bisogna accettare a scatola chiusa quello che propone il direttore artistico, ci deve essere sempre un confronto tra gli assessori, i sindaci, il direttore artistico e il Teatro Pubblico Pugliese. Noi abbiamo al nostro interno figure tecniche estremamente competenti che conoscono il teatro, le compagnie, le tendenze.

Che consigliate ai comuni con cui vi interfacciate?

Qualche giorno fa siamo stati a Vico e Peschici dove abbiamo visitato i luoghi e anche lì si sta ragionando. Peschici ha un teatro molto bello di 400 posti, una cosa incredibile quasi la stessa capienza dei nostri teatri foggiani. Un passo alla volta bisogna rendere abitati questi luoghi. L’idea di fare un’iniziativa ogni due o tre mesi non funziona. Le cose sporadiche soddisfano il gusto del momento ma i teatri devono essere abitati, ci vogliono i giovani, gli appassionati, gli artisti. Vanno fatte scelti importanti. La logica che il Comune o l’assessore di tanto in tanto decide di fare una cosa non produce grandi risultati. Bisogna fare diventare questi luoghi presidi permanenti di cultura e aggregazione.

Tra l’altro i teatri non sono più solo luoghi di performance teatrali

Si penso ad esempio al teatro di Troia che è un gioiellino, piccolo come capienza ma ha spazi molto interessanti adatti a fare mostre, incontri. L’idea della multifunzione è un’idea vincente.

Parliamo del Teatro del Fuoco. Lei che idea si è fatto?

È chiaro che una soluzione va trovata. Il teatro del Fuoco non può continuare così, per tanti motivi che conosciamo tutti. Io avevo lanciato, in maniera molto sincera, l’idea di trovare uno strumento per la gestione di tutti i teatri foggiani. Foggia ha questa particolarità che non tutti i comuni hanno e cioè ha tre teatri pubblici. Si può pensare a una soluzione innovativa sia per il Teatro del Fuoco che per l’Oda Teatro che è in una situazione di abbandono, fortunatamente non ancora vandalizzato. Non  va bene? Troviamone un’altra.

Per esempio?

Credo che la cosa migliore sia trovare una soluzione che metta d’accordo gli enti interessati, come Teatro Pubblico Pugliese potremmo dare sicuramente un apporto tecnico-organizzativo che è uno dei nostri compiti. Come accade al Piccinni di Bari, in attesa del bando del comune stiamo gestendo i vari servizi necessari per il funzionamento e non perché abbiamo questa ambizione, assolutamente, ma perché siamo al servizio dei comuni. Noi diamo volentieri il nostro contributo di esperienza, di conoscenza. Teatro Pubblico Pugliese è un ente che ha un suo profilo preciso con professionisti di valore e una rete di competenze. Non si può dire che la cultura risolve problemi delicati come il degrado e anche alcuni fenomeni preoccupanti del mondo giovanile (basi pensare alle baby gang) e poi teniamo i teatri chiusi. Sottoutilizzato il teatro del Fuoco, chiuso l’Oda. I teatri devono essere abitati dagli operatori, dalle compagnie. Chiunque sia l’ente non c’è dubbio che a gestirlo debbano essere i teatranti.

Secondo lei si riuscirà a giungere a un accordo?

Se partiamo da questo probabilmente troviamo anche l’accordo. Secondo me, con la procedura giusta, il Teatro del Fuoco può essere affidato per la gestione quotidiana a un organismo teatrale professionale. Lo stesso riguarda l’Oda Teatro, lo stesso riguarda il Teatro di Carapelle e di Peschici che hanno capienza di 400 posti, lo stesso riguarda il teatro di Pietra Montecorvino. 

A Manfredonia gli Apocrifi stanno costruendo una stagione molto interessante anche se l’affidamento del teatro scade a dicembre. Sta seguendo?

Scade a dicembre ma sono fiducioso, ho parlato con il commissario che è una persona molto attenta e in una situazione così difficile per Manfredonia chiudere anche il teatro sarebbe stata una tragedia. La stagione si farà e sarà di qualità, c’è il nostro pieno coinvolgimento.

Lei è un sostenitore dei teatri nelle masserie e un amico del grande Carlo Formigoni.

Carlo Formigoni è un personaggio eccezionale. Forse non tutti sanno che Carlo Formigoni è un grande formatore prima di essere un grande teatrante, regista etc. ha formato decine di attori e operatori. Il Cerchio di gesso è nato grazie a Formigoni, il Teatro Kismet e il Teatro delle forche sono nati grazie a Formigoni Parlo di quelli che conosco, so che è in continua attività e  merita la giusta riconoscenza di tutti. E infatti ci sto pensando. Da qualche tempo ha fondato il Teatro dell’altopiano, in campagna tra i trulli di Cisternino. Un’esperienza particolare che consiglio a tutti di conoscere. Nel ‘90 condusse un laboratorio teatrale a Foggia e da lì sono nati tantissimi artisti come Massimiliano Poli, Daria Paoletta, Salvatore Rotolo, Maria Mennuni ed altri. L’idea di valorizzare luoghi non urbani è molto interessante.

C’è già qualche progetto?

Sono stato recentemente all’Auditorium del Villaggio Don Bosco, piuttosto grande e discretamente attrezzato. La Comunità Emmaus con i gruppi teatrali foggiani sta lavorando sull’idea di creare un centro di promozione culturale in campagna coinvolgendo la gente del posto. Non sarà semplice ma sono fiducioso. Intanto è un posto molto bello e non è molto distante dalla città, in più c’è una comunità molto interessata a questa nuova sfida.

Il teatro resiste come un divino anacronismo.
Orson Welles

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