Dieci finalisti per il Premio I fiori blu e «la felicità pubblica» perduta, secondo Ritanna Armeni e Massimo Bray

by Anna Maria Giannone

Non è stata una selezione facile per la Giuria tecnica del Premio I fiori blu presieduta da Paolo Mieli e composta da Ritanna Armeni, Marco Ferrante, Sandra Petrignani, Lidia Ravera, Massimo Recalcati e Silvia Truzzi. Dimezzare i 20 libri partecipanti e arrivare a 10 finalisti è stato tutt’altro che semplice visti i nomi in campo per la seconda edizione del premio letterario con sede a Foggia e con la direzione artistica della giornalista Alessandra Benvenuto.

5 saggi e 5 romanzi potranno essere votati fino al 18 luglio sul sito del premio.

Per i saggi si tratta di: Marco D’Eramo, Dominio, Feltrinelli; Cristina De Stefano, Il Bambino è il Maestro, Rizzoli; Paolo Di Paolo, Svegliarsi negli anni venti, Mondadori; Daniela Lucangeli, A mente accesa, Mondadori; Antonio Polito, Le regole del cammino, Marsilio.

Per i romanzi invece: Maria Grazia Calandrone, Splendi come vita, Ponte alle Grazie; Serena Dandini , La vasca del Führer, Einaudi; Mario Fortunato, Sud, Bompiani; Nicola Lagioia , La città dei vivi, Einaudi; Loredana Lipperini, La notte si avvicina, Bompiani.

Le due cinquine sono state annunciate ieri in una serata di ritorno degli eventi in presenza nello splendido cortile di Palazzo Dogana a Foggia in compagnia dell’assessore regionale alla Cultura Massimo Bray e della scrittrice e giornalista Ritanna Armeni, che per l’occasione ha presentato il suo ultimo romanzo “Per strada è la felicità”.

Nel pubblico molti partners istituzionali dell’iniziativa culturale voluta da Benvenuto e dall’associazione I fiori blu. Dall’assessore regionale Raffaele Piemontese al direttore dell’ufficio studi di Confindustria Micky de Finis, passando per l’editore di Teleblu Tito Salatto, l’ingegnere Marcello Salvatori, la delegata culturale della Provincia Angela Lombardi, per la responsabile comunicazione dell’Unifg Rossella Palmieri e per la dirigente dell’ufficio scolastico provinciale Maria Aida Episcopo.

” Il premio, giunto alla seconda edizione, gode tra l’altro del patrocinio del Teatro Pubblico Pugliese e ha raggiunto lo scorso anno risultati lusinghieri. Foggia ha non pochi problemi ma la cultura è una delle “cure migliori” per risalire la china. Il mondo del libro attraversa un periodo favorevole, grazie alle tante iniziative per promuovere la lettura e dobbiamo continuare a creare occasioni di incontro e confronto culturale”, ha detto Peppino D’Urso presidente del Teatro Pubblico Pugliese, citando sul finale Massimo Gramellini.

Prima di svelare i dieci finalisti, coordinati da Alessandra Benvenuto, Massimo Bray e Ritanna Armeni hanno tenuto un coltissimo scambio sul 1968, sulla provincia italiana e sulla rivoluzione delle donne, partendo dal romanzo della giornalista e scrittrice, ex portavoce di Fausto Bertinotti e dalle dinamiche che la protagonista del libro, Rosa, vive.

“Per strada è la felicità”, come ha detto la sua autrice non è un saggio sul ‘68 né un trattato sulla creatività del boom economico. È un libro sui sentimenti di quegli anni. E secondo Armeni il sentimento precipuo degli Anni Sessanta, oggi sconosciuto ai giovani, è la felicità pubblica, come la chiama, ossia la sensazione di poter fare insieme agli altri e alle altre, tutto ciò che il proprio talento e la propria volontà politica sentiva.

“Il romanzo si svolge in anni molto generosi anni in cui la creatività delle persone è stata molto alta. La mia protagonista viene da una piccolissima città del Sud, va a fare l’università a Roma dove incontra qualcosa che non si aspettava. Il mondo si rovescia, conosce gli studenti che vogliono cambiare la scuola, conosce gli operai che in quel periodo hanno cambiato l’Italia, i cui frutti e benefici ancora ci riguardano. Deve fare un salto ulteriore quando incontra lo sguardo femminile. Sono anni di grandissima creatività sociale e culturale, una creatività di cui usufruiamo passivamente anche oggi”, ha esordito Armeni.

A tal proposito l’assessore regionale e direttore della Treccani ha assimilato il romanzo di Armeni a Zazie nel metró di Raymond Queneau, la cui citazione di un altro suo libro dà il nome al Premio foggiano.

“Zazie arriva a Parigi dalla provincia e scopre la capitale con stupore. Nel libro di Ritanna c’è la rivoluzione delle donne che vogliono uscire dal linguaggio maschile e da dinamiche maschili. Io ho fatto un percorso simile, arrivando da Lecce sentivo la provincia nei rapporti e nelle cose che non potevo fare. C’è un pezzo della storia importante del Novecento da non dimenticare”.

“La mia non è una autobiografia, anche se nel romanzo ci sono elementi autobiografici, io arrivai a Roma da Brindisi. In Zazie il sentimento principale è lo stupore, mentre in Rosa è il sentimento di libertà. Siamo in una città di provincia, ma badate bene negli anni Sessanta una città di provincia era ben diversa da una città di provincia di oggi. Rosa respira la libertà, non c’è il controllo sociale, nessuno la conosceva, c’erano i cineforum. Rosa scopre la libertà, una cosa di grande importanza per andare avanti”, ha osservato l’autrice.

Nel libro c’è anche un elemento oggi dimenticato in tempi di forte disuguaglianza sociale.

“In quel tempo i figli di operai potevano diventare dottori, come diceva Pietrangeli. Le donne potevano frequentare l’università. L’ascensore sociale saliva, anche abbastanza rapidamente. Si poteva arrivare al primo piano o al quinto ma saliva. Quando vedo la società di oggi vedo che i giovani stanno peggio di ieri. Non ho mai pensato di essere senza lavoro, ho sempre pensato mentre studiavo che sarei stata meglio dei miei genitori, che avrei avuto un avanzamento sociale. Adesso un ragazzo non solo sta fermo al primo piano, ma anche corre il rischio di andare nel seminterrato. E mi fa rabbia”.

Tra la Rosa di allora e una Rosa di oggi c’è una discrasia rispetto alle possibilità ai nastri di partenza.

Bray ha anche introdotto il tema dei social. Negli anni Sessanta esisteva una piena solidarietà sociale. Oggi lo stesso avviene sugli smartphone? Le opinioni sono state differenti. Se secondo l’intellettuale salentino i social tendono a isolare le individualità, secondo Armeni i social network sono anche uno strumento di consapevolezza di genere.

“La rivoluzione delle donne si concretizzò con i gruppi di autocoscienza. Col #metoo credo ci sia stata una autocoscienza planetaria da New York a Matera. I gruppi di donne che si costituiscono e creano questioni sui social per cui si battono sono tanti e attraverso i social si confrontano e creano pensiero femminile”. Lo Sputiamo su Hegel di Carla Lonzi continua su Instagram a detta di Armeni.

(le foto sono di Samuele Romano)

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.