Il nostro Salone del Libro e la magia di emozionarci ancora

by Elisabetta de Palma

Fra qualche giorno il Salone Internazionale del Libro di Torino riapre i cancelli del Lingotto. Come ogni anno nei suoi padiglioni si materializzerà quello che si sente definire “il popolo dei lettori” o cose così: li osservo affascinata da quindici anni, da quando cioè vivo le “mie” cinque giornate, entrando al Salone quando apre i battenti ed uscendone quando mi buttano fuori.

Al Salone si alterna una varietà umana straordinaria, che si contamina e si rigenera. Forse, è il pubblico più colto d’Italia, capace di porre domande pertinenti a premi Nobel; che di rado ricorre alle cuffie della traduzione simultanea negli incontri con gli autori stranieri; che sostiene un’ora di fila leggendo in piedi; che gira fra gli stand e si riempie di bustine e pacchetti come alla vigilia di Natale, felice per le novità editoriali scoperte. Hanno tutte le età, e non ho mai notato prevalenze di genere.

Poi ci sono gli addetti ai lavori, editori, librai, addetti stampa, scrittori da tutto il mondo, giornalisti; e anche un po’ di pop, che non fa male a nessuno e incoraggia i neofiti. Non sono mai stanchi, hanno sempre un libro in uscita o riedizioni di cui parlarti, e se le giornate vanno bene, se le vendite li confortano, si ricaricano e danno il meglio di sé.

Al mattino e fino ad una certa ora del pomeriggio, gli studenti invadono gli spazi a loro destinati, vivacissimi e al tempo stesso ordinati, allegri e seri. Vengono da tutto il Piemonte e dal resto d’Italia, come i miei, che ogni anno affrontano felici la trasferta da Foggia. C’è un programma interamente pensato per loro, ma non è per quello che vale la pena essere lì. Le iniziative culturali non mancano in nessun territorio e le scuole progettano e realizzano a ciclo continuo attività che promuovono la lettura.

Perché il Salone, quindi?

Me lo sono chiesto da insegnante, quando ho iniziato a portarci gli studenti. È noto il dibattito sui festival letterari, su quanto nei fatti aumentino gli indici di lettura e creino lettori consapevoli: sono davvero utili o ne fruiscono sempre gli stessi, già sensibili, già informati, già convinti insomma? In Italia fioriscono un po’ dappertutto, hanno durata e tradizioni differenti, così come i concorsi, i premi.

Ma gli indici di lettura non si modificano, l’analfabetismo funzionale cresce, le librerie chiudono, le biblioteche lottano per garantire servizi minimi. Ogni volta che vengono pubblicati diagrammi, mappe, percentuali, torna l’inverno del nostro scontento.

Chi si occupa di promozione della lettura si chiede che cos’altro può fare, perché sembra che niente funzioni. Poi passa, e passa anche grazie al sentirsi parte di una comunità forte, coesa, che continuamente si dispone a testuggine e avanza piano.

Ecco, allora, il perché del #Saloon, come lo chiama il suo Direttore, Nicola Lagioia. È unico, è irrinunciabile, ed è vergognoso che ogni anno sia garantito all’intero Paese dall’abnegazione di un gruppo di irriducibili, piuttosto che da una fitta rete istituzionale e politica che ne conosca e riconosca la valenza.

La comunità che gli dà vita si impegna anche a passare il testimone, a tirarci dentro i ragazzi, volenti o nolenti. Li diverte, li coinvolge, ma soprattutto li emoziona. Perché penso sia questa la chiave di volta: l’emozione.

La lettura, come l’arte tutta, emoziona. Per questo leggiamo – o tiriamo contro il muro – un libro.

I ragazzi (e gli adulti, siamo onesti) dicono: mi annoio, leggere è noioso. Significa che il cuore non salta i battiti, che gli occhi non tornano indietro a rileggere quella frase che sembra proprio tua ma non sapevi come dirla. Quella storia non ti appartiene e non vuoi appartenerle. È difficile convincere un adolescente a non arrendersi, a continuare a cercare le sue parole in quelle che altri hanno trovato per lui.

Portare i ragazzi al Salone brucia le tappe di un percorso che altrimenti sarebbe lunghissimo: le atmosfere, i colori e i suoni, le occasioni straordinarie e le persone che si possono incontrare in una concentrazione spazio-temporale non replicabile, fanno il miracolo: emozionano.

Il resto, chi lo sa? Continueranno a leggere? Di più, di meno, meglio? Chissà.

Intanto tornano. Ogni anno, chiedono di tornare e, dopo il diploma, si organizzano per farlo da soli. E per me va già bene così.

*Elisabetta de Palma è docente presso il Liceo “C. Poerio” di Foggia. Da sempre attenta ai temi della promozione della lettura nelle scuole, sarà ospite del Salone Internazionale del Libro di Torino nell’incontro “Biblioteche scolastiche crescono. Verso un coordinamento delle reti”, organizzato dal Cepell e in programma domenica 12 maggio dalle ore 13.30 alle ore 15.30 in Sala Magenta

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