Maddalena Gatta guerriera e dea dalla Preistoria alla Contemporaneità

by Gianfranco Piemontese

La mostra di pittura di Maddalena Gatta dal suggestivo titolo  “Dalle Stele Daunie Dee Guerriere”,  dopo essere stata nel 2012 a Bovino e nel 2013 a Foggia, finalmente giunge a Monte Sant’Angelo. Una tappa, questa nel capoluogo culturale del Gargano che vede i dipinti della Gatta esposti in un luogo particolare come è la Green Cave. Una grotta urbana al disotto di un antico edificio, uno spazio speciale nella città che è sorta intorno alla Grotta dove dal V° secolo si celebra e rinnova il culto descritto nella leggenda dell’apparitio (de apparitione) Micaelica.

Iniziamo con l’entrare nel merito delle tele dipinte con la serie che va sotto il titolo di: “Nella Caverna”. Un itinerario nel passato remotissimo, in un luogo che è un ossimoro: la caverna che all’ingresso incute timore, la caverna che al suo interno dona protezione e trasmette la quiete e/o la forza di affrontare la vita. E’ questo un antico messaggio arrivato a noi contemporanei  con le scoperte del  XX secolo delle Grotte sparse in Europa e  in tutto il mondo, da Altamira a Lascaux fino alla grotta Paglicci, per restare sul Gargano o a quella salentina dei Cervi.

Grotte, antri rocciosi dove la pittura parietale e la scultura preistorica si sono espresse in forme che Maddalena Gatta ha studiato, analizzato e reinterpretato con una sua personalissima cifra stilistica. Così come all’origine questi spazi avevano destinazioni e funzioni propiziatorie, cultuali e narrative, così oggi nei dipinti  che vediamo si affermano percorsi di iniziazione, di rinascita e di crescita attraverso i passaggi della frammentazione e/o della lacerazione.

E’ una pittura, questa di Maddalena Gatta che racchiude profonde istanze di affermazione che si esplicitano nelle figure delle guerriere, delle dee e delle stele daunie. Una esplicitazione che avviene attraverso  forme uscite da visioni oniriche che si materializzano in queste tele dall’aspetto surreale. Corpi femminili  stilizzati che vengono dipinti in coppia, ovvero due figure che ci fanno pensare a quella reale e al suo doppio spirituale. Una serie di raffigurazioni che la pittrice ci presenta con una monocromia di Terra Ocra che varia dalla sfumatura  dal tono più intenso fino a quello chiaro di un Giallo luminoso nella raffigurazione dell’ingresso a questa caverna dove s’accinge ad entrare la Guerriera.

Pugnale

Un Ocra dai possibili inquietanti rimandi al colore primigenio della Terra, intesa nella sua accezione materica e primordiale. Attenzione, mai come in  queste opere ciò che è dipinto contiene significanti e significati, da leggere e/o percepire.  Non posso non citare davanti ai dipinti di questa serie caratterizzata dal colore Ocra, quell’idea di spiritualità di uno dei maestri della moderna arte astratta: Wassily Kandinsky . Le sue indicazioni di lettura e atteggiamento da porsi davanti a dipinti, sono da recepire e tenere da conto per ciò che voi vedrete questa sera.

Dicevo segni e simboli, ripresi da quelle stele daunie, il cui ricco apparato grafico e segnico può considerarsi come l’antesignano degli attuali codici QR. Solo che in questo caso le stele rimandano alla storia della vita di donne e uomini, di cui divengono una sorta di libro aperto anzi di quadro aperto. Le Stele daunie, che hanno anticipato anche quelle forme di racconto e quindi il tramandare le gesta  del mondo romano, di cui sono testimonianza le colonne istoriate. Tra i segni graffiti sulle stele il pugnale, che è strumento di taglio e di lacerazione, qui  diventa protagonista del processo di rigenerazione che interesseranno la/le figure  dipinte della Guerriera e del suo doppio,  che io qui ed in seguito  chiamerò alter ego. Figure che  sono poste ai lati del pugnale che nel dipinto acquisisce dimensioni sovraumane.

 Tele che ci faranno pensare sull’essere Donna e sulla condizione di Guerriera, il passaggio ad una nuova condizione è sancito dalla luce che s’irradia attraverso un lacerazione sullo schema antropomorfo di stele priva di testa attraverso cui le sagome delle Guerriere, distinte dalla lunga treccia e dai polpacci  che la corta veste lascia intravvedere. Nell’antro dominato dal colore della terra, altre figure aleggiano, da una divinità sospesa, posta in asse alla tela, ad una sagoma della Dea Madre, il cui profilo è caratterizzato dalle forme esagerate e prorompenti che ricordano la Venere di Willendorf. Un impianto compositivo dominato dall’altro pianeta considerato da sempre di genere femminile: la Luna. Il bianco pianeta qui si trova in compagnia di divinità altre, ed è anche il punto a cui tutto si rivolge.

Dall’arma bianca, il pugnale, ad un altro elemento che del  bianco è depositaria la Luna  appunto. Il pianeta che fin dall’antichità è stato considerato in contrapposizione con il Sole, per l’alternanza tra il giorno e la notte, ma che ha sempre accompagnato le espressioni umane, allora come oggi. Luna considerata anche elemento di magia e così il ciclo di rigenerazione necessita delle pietre magiche, un campionario di elementi litici e frammenti fittili dove si scorgono decorazioni geometriche tipiche dell’arte vascolare.

All’interno di questo itinerario, la Guerriera gode della protezione della caverna, una condizione sancita dalla presenza della Dea Madre che con il suo morbido profilo la tutela e la  garantisce. Un’azione che si va completando, come d’altronde succede in un luogo che è cultuale, con la contemplazione da parte della Guerriera, che ormai ha acquisito le sembianze di Dea anzi di due Dee, perché se c’è un alter ego nella condizione precedente lo stesso continua in questa avvenuta rigenerazione.

   L’altra serie di opere è caratterizzata dalla monocromia in Blu, un colore che rimanda a quello degli abissi delle acque  marine più profonde, ma anche alla volta celeste, diurna e notturna. E considerando anche qui la presenza di caverne e spazi rupestri, il blu è quello scuro del cielo notturno. Un cielo a cui la dea, la guerriera, ascendono seguendo le tracce delle costellazioni. Tele dove in quattro  momenti distinti si enunciano le intime aspirazioni della pittrice: Passaggio, Purificazione, Ascensione e Rinascita. Quattro momenti che sono caratterizzati dagli elementi materici, astrali e cultuali nelle fattezze di divinità come la  Dea Madre, o sacrali come le Stele, una di questa riconducibile a quella di Bovino proveniente dal territorio di Castelluccio dei Sauri, la cui sagoma ricorda anche quella della Dea Madre.

La pittura di Maddalena Gatta ci trasporterà indietro nel tempo facendoci soffermare sulla nostra condizione contemporanea, attraverso segni e colori di una spiritualità altra, quella della Daunia antica. Tutto questo in un contesto come  Monte Sant’Angelo, dove possiamo dire che con l’affermazione del culto micaelico sia terminato il culto “politeista” .

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