Dal Rinascimento a Instagram: come funzionano le immagini. Lo spiega Riccardo Falcinelli

by Michela Conoscitore

Entrare nello studio di un creativo: equivale a questo leggere il nuovo libro, appena pubblicato del designer Riccardo Falcinelli, Figure (Einaudi Editore, pp. 530, 24 €). Dopo l’enorme successo di Cromorama, Falcinelli torna per raccontare ai lettori i segreti delle immagini, affastella tasselli di arte visuale, pagina dopo pagina, dando vita ad un saggio che non soltanto spiega come noi abbiamo utilizzato le immagini per secoli, ma anche come si costruisce un’immagine e cosa sancisce il suo successo.

Falcinelli ha presentato, in anteprima nazionale, Figure in un incontro tenutosi nella splendida cornice dell’Accademia di Belle Arti di Firenze dove ha dialogato con Gabriele Ametrano, direttore del festival fiorentino La Città dei Lettori. La discussione è entrata, fin da subito, nel vivo quando il designer ha spiegato la strutturazione del libro che è nata con le immagini e non con le parole: “Figure presenta 500 immagini in 530 pagine, ma quel che ho fatto quando ho iniziato a concepirlo, ormai tre anni fa anche se è costituito da ricordi e reminiscenze che si sono accumulate in decenni, è stato ideare una gabbia di impaginazione e individuare le immagini. Poi, alla fine, ho aggiunto le parole”.

I suoi libri si contraddistinguono, e diventano dei best seller, per lo stile che Falcinelli adotta nel raccontare un argomento che è, essenzialmente, tecnico e settoriale: “L’ambizione era quella di instaurare un dialogo col lettore, perché questo non è un libro di storia dell’arte: sto raccontando qualcosa al lettore, e lo sto facendo con spontaneità, a braccio. Rispetto ai miei libri precedenti, Figure possiede maggiormente un linguaggio colloquiale”.

Il dialogo con Ametrano è proseguito, addentrandosi sempre più nel vivo del nucleo del libro: “Questo è un libro di cultura visuale, ovvero tutto quel sistema di costruzione di significati che passa attraverso gli strumenti visivi. Oggi le immagini possono essere prodotte da chiunque, anche dall’uomo della strada. E la copertina decentrata del libro sta a significare quanta poca importanza, però, diamo ad esse. Siamo la società dell’immagine ma da un’indagine di mercato, che si è basata sui visitatori del Metropolitan Museum di New York, è emerso che non riusciamo a concentrarci su di un’immagine per più di venti secondi. Venti secondi: il tempo di fare una foto. La copertina racconta questo, il nostro livello di distrazione rispetto alle immagini”.

Ma quando nasce l’immagine? “Il Quattrocento segna il nodo teorico in merito: Leon Battista Alberti affermò che i quadri sono come delle finestre aperte sul mondo. Per l’epoca fu un’affermazione rivoluzionaria, e che ha determinato tutto quel che è accaduto dopo a livello artistico. Questa affermazione possiede un peso teorico, ma anche politico: la committenza di un’opera artistica, fino ad allora, era solo di provenienza imperiale e papale. Con la nascita della borghesia, nasce una nuova tipologia di mecenatismo che comincia a ritrarre la quotidianità. E ciò ha gettato i presupposti per la fotografia”.

Falcinelli ha continuato, dicendo: “Agli inizi del Cinquecento fu Pietro Bembo ad utilizzare per la prima volta il termine quadro, per riferirsi ad un’opera d’arte. E da allora la forma delle opere d’arte è rimasta sempre standardizzata. Tutti definiscono Vincent Van Gogh un rivoluzionario. Ma ha mai dipinto un quadro rotondo, per dire? No. Quindi perché lo definiamo rivoluzionario. Questo per dire che qualunque discorso artistico rientra in regole sociali, dentro un binario stabilito, per esempio, dai produttori di tele per pittori. Ecco perché Van Gogh ha dipinto solo quadri rettangolari, come tutti del resto: quando se le procurava, quelle erano le forme standard disponibili”.

Figure mette in evidenza quanto l’arte visiva contemporanea si poggi su regole e dinamiche del passato, perché le foto pubblicitarie di oggi ricalcano le nature morte dei pittori del Seicento e del Settecento, oppure le foto pubblicitarie con l’attrice o la modella celebre che sponsorizzano un nuovo profumo richiamano le Madonne di Raffaello. Oppure i registi sanno benissimo che mettere al centro dell’immagine una mano tesa accentra tutta l’attenzione in quel punto, come facevano i pittori barocchi nelle loro opere. Quel che è cambiato, però, è l’approccio all’immagine troppo veloce e senza un background culturale, soprattutto per i più giovani: “Per noi, oggi, guardare un’immagine è scorrimento scorrimento scorrimento fin quando non ne capita una che ci colpisce, e riusciamo a fermarci nello scroll del dispositivo sul quale la stiamo visualizzando. I più giovani bisogna educarli al confronto, tra opere ed epoche e questo può farlo la didattica artistica. Non bisogna diventare storici dell’arte, ma bisogna imparare ad osservare davvero un’immagine e comprendere come funziona”.

L’incontro si è concluso con una delle ultime domande dal pubblico, uno dei partecipanti ha chiesto se a noi sono arrivati i capolavori degli artisti del passato, che come affermato da Falcinelli, “il pubblico di massa ragiona solo per capolavori”, quali saranno le nostre immagini che saranno ricordate in futuro? “Quel che era sacro nel passato, oggi è stato sostituito dal famoso. La celebrità è il sacro della società di massa, quindi le immagini che rimarranno saranno quelle più famose. Come le orecchie di Topolino, sono convinto di questo”.

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