«In Sicilia le donne sono il vero traino del cambiamento». Nunzio Primavera narra le cronache dell’800 ne “L’oliveto delle monache”

by Mariangela Cassano

Ogni storia ha sempre delle radici in chi scrive. Si finisce con il raccontare qualcosa che è dentro di noi. Per il primo impulso c’è bisogno però di uno spunto narrativo … inizia così la mia intervista a Nunzio Primavera autore del libro “L’Oliveto delle Monache” che in questo libro racconta una storia di uomini ma soprattutto di donne che, tramite le proprie spiccate capacità imprenditoriali, cercheranno di risolvere problemi all’apparenza insormontabili. Può la purezza di un luogo sacro trionfare sull’avidità e sul desiderio ostinato di arricchirsi?

Le protagoniste sono donne di buona volontà e grandi passioni.

Come nasce l’idea del libro?

Ogni storia ha sempre delle radici in chi scrive. Si finisce con il raccontare qualcosa che è dentro di noi. Per il primo impulso c’è bisogno però di uno spunto narrativo. Infatti, c’è da qualche parte d’Italia un monastero di clausura con delle monache molto attive, con un oliveto magnifico e un panorama eccezionale. Come c’è anche chi è disposto a fare carte false per averne il possesso. Da questo episodio che appartiene ai nostri tempi, ma sembra venire fuori dalle cronache dell’800, è nata l’idea di raccontare della Sicilia che piace a me, dove la spinta a fare cose buone non si fa affogare da chi vorrebbe fare prevalere l’egoismo. E in questa storia la parte svolta dalle donne è quella positiva.

Il libro racconta di donne e di un connubio tradizione/innovazione vincente… perché questa storia al femminile?

Raccontando delle donne cerco di comprenderle. E pensando a come sono scopro donne molto in gamba e capaci di determinare il loro presente, ma soprattutto il futuro. Ho descritto donne che conosco, siciliane e non, che tramite le proprie spiccate capacità imprenditoriali cercano, come quelle del romanzo, di risolvere problemi all’apparenza insormontabili. Quella che ho scritto è una storia di donne che danno agli uomini grandi lezioni di intelligenza e lungimiranza in molti campi. Nel lavoro sanno cogliere opportunità che soltanto loro sanno intuire, anche lì dove nessuno riesce a intravedere occasioni per crescere. Nella fede sanno essere devote senza cadere nel bigottismo, anche quelle che hanno scelto una vita di preghiera nella clausura di un monastero. Nella famiglia sanno compiere le scelte giuste con libertà e lontano da qualsiasi retrogrado cliché. Nella società sanno raccogliere l’eredità culturale della tradizione e coniugarla con la voglia di guardare al futuro, divenendo portatrici di innovazione. In Sicilia le donne hanno compiuto un cammino di grande emancipazione, sono il vero traino del cambiamento.

Tra i personaggi del libro c’è uno che ha qualcosa del tuo vissuto?

Ho trasposto nel romanzo caratteri di persone che mi sono molto vicine. C’è, quindi, la mia vita, ci sono anche i miei amori, gli amici, le persone care. Credo che scrivendo non ci si possa astrarre da se stessi, altrimenti la narrazione diventa falsa e vuota. Di sicuro amo molto il personaggio di Mimì, il vecchio autista, che nei suoi modi burberi, ma generosi, mi ricorda mio nonno Nunzio, del quale porto indegnamente il nome. Ma anche sorella Angela Maria mi appartiene. In lei rivedo le capacità di una donna che è molto cara al mio cuore e a lei mi sono ispirato chiedendomi sempre come si sarebbe comportata in ogni circostanza.

Sei siciliano, attualmente vivi nella splendida Siracusa. Quali sono le influenze artistiche e letterarie che hai ricevuto dalla tua terra?

Dopo 40 anni a Roma vivo a Siracusa, città di una bellezza commovente. Qui si riepiloga la storia della Sicilia, a partire dal Teatro Greco e dal bellissimo Duomo in Ortigia che è luogo di culto dall’VIII secolo avanti Cristo. Ci ricorda che Siracusa è stata città greca e quello era il tempio di Atena, poi luogo dove sicuramente ha predicato san Paolo, con i bizantini basilica paleocristiana, poi moschea con gli arabi in Sicilia, quindi con i normanni di nuovo chiesa cattedrale. Sono nato a Enna, nella Sicilia interna che ha dato i natali a personaggi come Nino Savarese, Umberto Domina e Franco Enna. Quest’ultimo, in fase di riscoperta, grande scrittore di gialli Mondadori e di fantascienza nella collana Urania, è il precursore riconosciuto, con Giorgio Scerbanenco, del noir all’italiana, anzi Enna di quello alla siciliana. Non poco a Franco Enna (il vero nome era Franco Cannarozzo) devono (direttamente o indirettamente) scrittori come Andrea Camilleri, Gaetano Savatteri, Santo Piazzese e altri. Mettici anche che mio padre, allievo di Enna e Domina, dallo sbarco degli americani e per venticinque anni è stato cronista di nera per i principali giornali della Sicilia e nazionali, oltre che per gli americani Time Life e Associated Press. Aggiungi che mia madre, pittrice, appartiene alla famiglia Pirandello e trovi che c’erano tutte le condizioni ambientali per diventare giornalista e scrittore. Ma da qui a essere letto il passo non è breve. Bisogna scrivere, scrivere, scrivere e trovare il verso giusto per raccontare con il cuore ciò che hai dentro. Poi occorre che ai lettori piaccia ciò che scrivi.

Ci sono giovani scrittori che hanno destato il tuo interesse in questi anni?

Sicuramente Stefania Auci con la saga dei Florio. Non rappresenta un fenomeno di passaggio. È una scrittrice che entra dentro la Storia di Sicilia e d’Italia riuscendo a fare anche un po’ di contro-storia, con intelligenza demolendo certi paradigmi assoluti e inscalfibili imposti dalla cultura dominante, quella del pensiero unico scaturita all’indomani della Liberazione. Quella che sui manuali su cui abbiamo studiato la storia del Risorgimento ci ha raccontato un’epopea in una precisa chiave di lettura, dimenticando che i liberatori in camicia rossa venivano da terre dove gli agrari imponevano aberranti contratti di schiavanderia e risicolonia a bifolchi e coloni e dove le contadine erano destinate a fare le serve in casa dei padroni, a lavorare i campi, ad allevare i figli e a tenere pulita la loro casa. Quella che ha visto Garibaldi approdare a Marsala sui piroscafi della compagnia Rubettino che poi stranamente ha preso il posto della compagnia di navigazione Florio sulle rotte verso l’America e nel Mediterraneo. Quella che non racconta che Nino Bixio a Bronte, su ordine di Garibaldi, per difendere la ducea della famiglia dell’Ammiraglio Nelson, spara ai contadini che pensavano che finalmente sarebbe stata data a loro la terra.

Qual è il tuo prossimo progetto?

Le monache del monastero più bello del mondo hanno ancora qualcosa da dire. Sento anche che le ragazze, le due protagoniste, stanno andando avanti con il loro progetto imprenditoriale e sicuramente bisogna raccontare lo stato di avanzamento dell’impresa… e dei loro amori. In tanti mi chiedono notizie. Poi ci sono un po’ di storie siciliane che sto mettendo in ordine e un romanzo che riguarda una crociera in tempo di pandemia. Infine, è in preparazione la terza parte, dedicata ai giovani, della storia della mia cara e sempre presente nel cuore Coldiretti. Di lavoro ne ho. Devo solo fare ordine nel mio tempo per non ingolfarmi. A gestire il tempo, e non solo quello, sono molto più brave le donne di noi uomini.

Mariangela Cassano

Scheda del libro

Titolo: L’ oliveto delle monache
di: Nunzio Primavera

Editore: Pendragon

Anno edizione: 2021

Collana: Linferno
Pagine: 252 p.
ISBN:9788833643069Prezzo: € 16,00

Nunzio Primavera. Siciliano di Enna, vive tra Roma e Siracusa. Giornalista professionista esperto sui temi sin­dacali, economici e agroalimen­tari. Dagli anni Settanta in Coldiretti, assunto dal fondatore Paolo Bonomi. È stato redattore delle riviste Il Coltivatore, Il Coltivatore Italiano e Campagna Amica. È stato assistente e capo della segreteria degli ultimi tre presidenti della Coldiretti. Nella sua attività di scrittore ha pubblicato numerosi saggi storici, sociologici e culturali sulla campagna italiana.

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