Il sofferto anelito dell’eternità di Italo Turri Monzon nel saggio di Michele Totta

by redazione

Michele Totta, grande appassionato di filosofia e laureato in teologia, sviscera nel suo saggio “La pittura Sindonica di Italo Turri” il segreto dell’arte eternatrice e l’ideale di bellezza del purissimo talento del Novecento, in arte Monzon.

Necessario è un appunto al titolo, che Totta definisce come tutto un programma per chiunque voglia approcciarsi alla statura di Italo.

Italo Turri era un uomo completamente assorbito dalla sua pittura.

Dopo l’incarico comunale di netturbino rese la sua abitazione quella di un eremita: si isolò rapito dal desiderio non solo di testimoniare la sua epoca e la sua anima, ma anche di ospitare dentro di sé, intimamente, la sua più grande maestra di vita, l’Arte. Quella cruda e vera, nuda, che non è contaminata. A contribuire all’unicità dell’opera di Monzon fu proprio questa mancanza: quella della contaminazione. Gli volevano bene, scrive Michele Totta, perché era uno non contaminato.

L’epoca di Turri è l’epoca dell’Italia sconsacrata e privatizzata, messa in ginocchio. È un’Italia in cui non c’è più società, né cristiana né socialista. Testimone di questo disorientamento è proprio il Turri, invaso da sentimenti puri come il suo tratto: è l’empatia che primeggia nel suo bagaglio umano. È Lei che gli farà rappresentare meticolosamente la vergogna della disumanizzazione novecentesca. Perché, come ogni artista che si rispetti, Turri si rifiuta di estraniarsi dagli orrori, e anzi li racconta, indifferente mai.

Coi suoi segnucci restituisce dignità e soprattutto sacralità ormai perdute a quella tanto martoriata epoca, convinto che la debolezza della compassione, che egli stesso provava, potesse far emergere finalmente una tanto necessaria soggettività. Fu infatti un omocentrista, mostrando coi suoi lavori figure umane sempre immobili, pietrificate, colme di umanità, nelle loro disperazioni: le bombe degli anni Quaranta, i civili tra le rovine. Disegnava su dei cartoni, Turri, cartoni che invece sono gigantografie di intessuto storico, essenziali per comprendere, per entrare nelle intimità di chi ha sofferto.

Ma, si chiede Totta, da dove nasce l’esigenza di Italo Turri di “testimoniare” col primitivo mezzo di comunicazione dell’uomo, l’arte?

Monzon non frequentò mai Accademie d’arte, dimostrando l’ovvio, non smentendo evidenze: si diventa artisti per malinconia, per inquietudine. Lo si diventa anche per fame, quella in grado di spostare le rabbie e la finitudine. Questo Turri lo capisce e lo accetta grazie alla prima metà del dolore. La seconda invece, dice Totta, l’ha bevuta, facendola suo sangue.

Diventandone parte, solo così poteva raccontare il dolore, potendo dirsi per davvero testimone del riscatto umano di quell’era definita da Rondini cruda, ma meravigliosa.

Michele Totta, infatti, legge in Turri la voglia innata di comunicare l’amore di ogni creatura e poi il fondo, il massimo della disgrazia.

Immediatamente dopo il dolore, essenziale per Monzon fu il ricordo, generatore, per l’essere umano, dell’esperienza. È questo ricordo, sono queste memorie sbiadite che riescono a far cogliere a Turri i tratti universali di oggetti appartenenti alla stessa specie. Si inventò la tecnica per la sua mancata iscrizione ad Accademie e scuole d’arte, ma fu aiutato e guidato dal ricordo e dalla memoria, nel suo cammino verso la grandezza, mostrando ancora una volta quanto possano essere imprescindibili i sentimenti primitivi di un uomo nella propria arte.

In Turri prevale l’accenno. È lontano da Giotto, da Leonardo, da Michelangelo, che si concentrano sul vigore, sulla precisione delle cose e delle figure. Monzon è invece maestro di ombre, di controluce, di cose sbiadite, che quasi rimandano a quel ricordo.

Turri è impronta, è immagine. E l’immagine, dice Totta, è sofferto anelito dell’eternità.

E così, dopo aver cercato Dio, dopo aver scontato la damnatio memoriae ad ogni costo, lasciandoci la disperazione e l’amore della fragilità e della precarietà degli esseri umani, Italo Turri lo ha imposto, il segno puro.

Giorgia Ruggiero

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.