Densità di Raffaele Notaro, la storia di un’amicizia profonda nel caos di una società che sta implodendo

by redazione

Ci sono libri che scuotono le coscienze. E inquietano. Densità invade l’animo di chi lo legge, sin dalle prime pagine.

Il giovane nuotatore Filippo, quattordici anni, si lancia in una piscina vuota: si lasciò cadere in avanti come un gigante che muore. Un atto sconvolgente: da ragazzi ci si dovrebbe sentire forti come giganti, invincibili perché si ha tutta la vita davanti, riflette Angela – una significativa figura femminile del romanzo di Raffaele Notaro.

Il dramma di sopravvivere alla perdita dell’amico Filippo diventa un’esperienza durissima per Gabriele, che resta con quel grumo denso di disperazione, nella solitudine, nell’angoscia dei sospetti che aleggiano su di lui per la morte inaspettata di un ragazzo brillante e solido come Filippo.

Densità è un libro di fatti e di dubbi: Filippo è morto, certo. Ma si è ucciso o è stato ucciso? Le forze dell’ordine indagano, la comunità del paese giudica sommariamente.

Densità tocca molti punti dolenti del nostro tempo: le fragilità dell’adolescenza, la solidità dell’amicizia, la pressione sociale che può stritolare le persone, l’incomunicabilità nel rapporto tra genitori e figli. E di ogni tema Notaro fornisce un’interpretazione personalissima e acuta.

Parlare dell’amicizia tra adolescenti è un terreno scivoloso, i paragoni forse pesano: da Fred Uhlman, (L’amico ritrovato) a Paolo Giordano (La solitudine dei numeri primi) il tema potrebbe sembrare abusato. Misurarsi con il rischio della banalità è, però, una sfida che dimostra il calibro delle note originali. Chi non sa rassegnarsi, quando occorre, a dire anche quello che gli altri hanno detto – come scrive U. Saba – non potrà mai dirsi artista. Un bravo scrittore dice sempre la verità sull’essere umano, con onestà. E si tratta di un compito difficilissimo, perché, per esempio, un conto è parlare genericamente di amicizia, altro è saperla definire. E per questo Raffaele Notaro sceglie una frase di Cicerone come esergo: bisogna voler bene come se un giorno si dovesse arrivare a odiare. L’antitesi voler bene/odiare è una scelta stilistica che mette in evidenza l’intento di Notaro: scandagliare la complessità dei sentimenti umani. Ma il tratto originale dell’autore sta nella più profonda caratterizzazione del sentimento di amicizia come una “differenza di densità”: l’amicizia è questo, una differenza di densità. Ti permette di rimanere te stesso anche quando sei vicino a una corrente impetuosa. L’amicizia, se è vera, nella liquidità melmosa che annulla le differenze e le diversità perché le teme, è ciò che salva.

Densità arriva in libreria in un momento storico difficile, nel cuore di una pandemia, in cui il distanziamento imposto dalle misure sanitarie ha messo a dura prova la sensibilità dei giovani, così bisognosi anche di fisicità, ha inciso sulle loro relazioni, sulle loro amicizie. Indagare in un simile contesto temi delicati come il rapporto tra Filippo e Gabriele, intenso ma pure da molti frainteso, raccontare la morte di un adolescente, il senso della perdita e del lutto vissuti dalla prospettiva di un ragazzo fragile come Gabriele, denotano la sensibilità di Notaro che osserva la realtà con l’occhio di chi non ha risposte, ma vuol porre domande a una società che in molti modi uccide.

E le ancore di salvezza vacillano: famiglia, scuola, società si frantumano tra errori, inerzia, inadeguatezza.

La famiglia oscilla tra atteggiamenti iperprotettivi e l’ansia correttiva/curativa che pervade i genitori. Angela come madre si interroga: che cosa c’era nell’adolescenza di così disturbante e irreversibile che solo l’età adulta poteva curare? In maniera molto rivelativa Notaro usa il verbo curare, per denunciare il deleterio atteggiamento di chi vede nell’adolescenza una malattia e pretende di correggere quella delicata età che spesso erroneamente è considerata come una vite storta da raddrizzare, per usare un’espressione cara a Massimo Recalcati.

Certo, essere genitori è difficile, significa compiere scelte impegnative: il rischio di sbagliare per amore è altissimo. Essere genitori è assumere il nostro veleno quotidiano, dice ancora Angela.

Forse aveva ragione il giovane Holden, che nella pagina finale del romanzo di Salinger, descrive genitori che cercano ansiosamente di proteggere dalla pioggia i loro pargoli, perché non si bagnino come pulcini. È un’immagine che descrive perfettamente il punto di vista adulto sul carattere indifeso dei giovanissimi, appunto da proteggere. Holden invece, dice: ero bagnato fradicio. Me ne infischiavo, però. Mi sentivo così maledettamente felice. Forse hanno ragione loro, i ragazzi, a voler attraversare la vita senza “ombrelli”, senza ossessive protezioni esterne, ma imparando a conoscere i rischi, facendone anche esperienza.

Uno scontro di prospettive in cui in gioco c’è l’amore, il modo in cui bisogna amare.

Infine Notaro sposta lo sguardo sulla società: la vicenda si svolge in un immaginario paese del Sud, Castel Carpino. C’è un momento nel passato di questo paese che segna in modo indelebile la gente del posto: il crollo di una montagna. È un fenomeno naturale che assume però un valore più profondo: è la metafora di un paese tormentato non solo dal fango di una frana, ma da quello altrettanto grave dei giudizi di chi si ferma solo alle apparenze.

Da un punto di vista lessicale ritornano spesso in Densità espressioni come il parlar dietro, e termini come pettegolezzi, dicerie che intorbidano la verità e inquinano i fatti.

Il paese sotto la lente critica dell’autore diventa una gabbia dalle pareti invisibili.

E’ chiaro che Castel Carpino non è solo un paese del Sud, è lo specchio del nostro tempo, fatto di semplificazioni, un tempo che teme la complessità, che procede per arbitrarie equazioni, per assurde deduzioni. Forse Castel Carpino siamo tutti noi.

Densità è la storia di un’amicizia profonda. Densità ritrae il caos di una società che sta implodendo. Densità rivela la fitta cortina di incomunicabilità che ci divide.

Densità è una questione di stile, un’idea di letteratura, quella che – come ricorda P. Roth – ha il dovere di spiegare la complicazione, suggerire la contraddizione. Non cancellare la contraddizione, non negare la contraddizione, ma vedere dove, all’interno della contraddizione, si colloca lo straziato essere umano. Tener conto del caos, farlo entrare.

Teresa D’Errico

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