Graziano Graziani e i saperi interstiziali

by Enrico Ciccarelli

Nel 1976 chiesero a Jorge Luis Borges, già piuttosto anziano e cieco veggente, un’epigrafe o una dedica per una nuova edizione dell’I King, il libro cinese dei mutamenti, usato da millenni come strumento di divinazione. Ne scaturì una lirica breve e stupenda (che riporterò in lingua originale in calce a questo articolo), che nella traduzione di Francesco Tentori Montalto si conclude con “La via è segnata, è quella della freccia/ Ma nelle crepe Dio è celato e attende”.

Penso che questo distico si presti bene a descrivere i due ultimi libri di Graziano Graziani, critico teatrale e redattore di Radio Tre, che per i tipi di Quodlibet Compagnia Extra ha pubblicato nel 2015 “Atlante delle micronazioni” e nel 2018 “Catalogo delle religioni nuovissime”. Ho avuto il privilegio di conversarne con l’autore l’anno scorso (in realtà sono trascorse poche settimane, ma l’antichizzazione credo aumenti il fascino del discorso) nell’edizione 2019 di Pagine di contrasto, alla foggiana Libreria Velasquez e in presenza del suo genius loci Francesco Berlingieri. Li ho trovati due volumi davvero interessanti e godibili.

La presentazione alla Libreria Velasquez a Foggia

Si tratta di serissimi e accurati volumi, frutto di serissime ed accurate ricerche cui l’autore ha dedicato anni di lavoro, che appartengono a pieno titolo ai saperi interstiziali, a quelle particolari “crepe” di cui parla Borges.

La superficie di questi due libri, con le loro complessive ottocento pagine formato A5 stampate in caratteri a misura di anziani ma non troppo, ha l’apparenza –e in parte la sostanza- del divertissement, del bestiario fantastico. Un repertorio di bizzarrie e scherzi della storia, che spaziano dal ragazzo di Milwaukee che ha proclamato la propria stanza Stato sovrano al regno caraibico di cui è sovrano (eletto) lo scrittore Javier Marìas, dal culto del Prodigioso Spaghetto Volante allo Jedismo (religione il cui Profeta è naturalmente George Lucas), in un fantasmagorico periplo del globo, delle sue bandiere e delle sue fedi, con episodici allargamenti alla numismatica, alla filatelia, alla filosofia morale.

Libri divertenti e, grazie alla struttura ipertestuale, leggibili in modo disordinato e zigzagante, che sono in modo assai palese dei finti esempi di saggistica. Più precisamente di narrativa in forma di saggio. Qual è il filo narrativo del romanziere in disguise Graziano Graziani, con quel nome che allude all’iterazione e alla tautologia?

L’opinione di chi scrive è che egli, facendoci divertire con la Chiesa maradoniana (che divide le date in a.D. e d.D., ossia Avanti Diego e Dopo Diego) e il principato di Ladonia (consistente in due sculture situate all’interno di un Parco Nazionale svedese, finto Stato che rischiò di essere “invaso” da cinquemila pakistani, sedotti dall’offerta online di un passaporto e di un permesso di soggiorno a prezzi modici), ricordando figure poco note come l’autoproclamato Imperatore degli Stati Uniti (un Antonio Pappalardo ante litteram e di lui molto più simpatico e seguito), resocontando la disputa sulla sovranità dell’Isola Ferdinandea, saviamente beffata dalle dinamiche telluriche che la rendono talora emersa e talora sommersa, spiegando le ragioni economiche e politiche che favorirono in passato la creazione di Stati-cuscinetto, ci sospinga nel mezzo di una scomoda verità.

Non la Verità che gruppi più o meno creativi (Graziani cita anche i singolari Ebrei convertiti di Sannicandro Garganico) credono gli sia stata rivelata o abbiano scoperto: la verità di come ci sia in realtà poca differenza fra le micronazioni e le macro, così come tra le religioni nuovissime e quelle vetuste. Ciò di cui siamo pronti a sorridere, quello che si presta alla nostra derisione o sarcasmo non è poi così dissimile, nella sua forma e nella sua sostanza, da ciò che in noi è granitico, autoevidente, postulato.

Certo, gli Stati Uniti d’America hanno più truppe e maggiore capacità di incidere del ligure Principato di Seborga. Vero, quelli disposti a morire per testimoniare il Cristianesimo o l’Islam sono più numerosi di coloro che si immolerebbero per il Bokononismo. Ma la vertigine dimensionale non cancella la sostanziale identità di fondo. Rimarcarla non è irridere l’importanza delle nazioni e delle fedi, ma irridere noi, sogni di ombre, che di questi reami più o meno immaginari ci sentiamo cittadini.

Memore di quell’Alfred Jarry che probabilmente gli sarà occorso di recensire da critico, Graziani propone con ironica sapienza trattati di geografia e di teologia patafisica, di quella scienza che studia le eccezioni anziché le regole. Perché le eccezioni non confermano la regola, come vuole il detto: la denudano, svelandone l’intima precarietà e sfuggevolezza, il possibile inganno. Due libri che fanno bene; il fatto che li si debba acquistare pagandoli in euro, anziché nell’inesistente moneta di Akhziviland non è il meno riuscito dei paradossi che accompagnano un’opera che ha l’ossimoro come fedele guida (nel senso di corrimano, non di Führer).

A proposito di ossimori, ecco la promessa poesia di Borges.

Para una versión del I King

El porvenir es tan irrevocable
Como el rígido ayer. No hay una cosa
Que no sea una letra silenciosa
De la eternal escritura indescrifrable
Cuyo libro es el tiempo. Quien se aleja
De su casa ya ha vuelto. Nuestra vida
Es la senda futura y recorrida.
Nada nos dice adiós. Nada nos deja.
No te rindas. La ergástula es oscura,
La firme trama es de incesante hierro,
Pero en algún recodo de tu encierro
Puede haber un descuido, una hendidura,
El camino es fatal como la flecha
Pero en las grietas está Dios, que acecha.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.