Il vaporetto per le Isole Tremiti (di ieri, di oggi, di domani…)

by redazione

Sono venuto a cercare alle Trèmiti l’ultima immagine del mare pulito, lontano dalle spiagge-paludi dove il garbino sa di erbe marcite e la risacca trasuda petrolio. Da Tèrmoli, nella pigrizia del sole, l’aliscafo corre verso le isole, sollevato su un filo di spuma.

A bordo c’è l’aria condizionata, hostess dal sorriso accattivante servono tartine alla crema di gambero e spremute di pompelmo. Accanto a me un ingegnere di Colonia, vestito alla maniera dei pirati, fruga l’orizzonte nelle lenti del binocolo con l’aria severa e assorta della vedetta che abbia avuto l’ordine di cercare il periscopio di un sommergibile, o un vascello da speronare. Toccheremo terra fra quaranta minuti.

Quand’ero ragazzo, s’arrivava alle pinete e alle vigne di San Domino con un vecchio cargo dalle stive piene di cassoni d’acqua dolce che impiegava mezza giornata, se i motori riuscivano a mettercela tutta. Affacciati alle ringhiere della piazzetta di Rodi vedevamo accostare il postale verso le nove del mattino, tutto bianco, non più grande di un guscio, con i tendoni scoloriti sul ponte di poppa, e gli ombrellini delle signore aperti come fiori lungo i bastingaggi. Lo ricordo come fosse ieri. Il piroscafo avanzava piano sul mare calmo e sgombro del porticciuolo, lungo le banchine quasi deserte, finché a piccole spinte andava ad adagiare il suo fianco rasente il molo. La manovra era fatta in silenzio: gli uomini legavano le gomene ai pilastrini di pietra e gettavano la scaletta all’imbarcadero. Così la nave, immobile, pareva una casa, circondata dalle altre case di Rodi; la banchina diventava un vicolo fiancheggiato da una parte dai villinetti della ferrovia e dall’altra dalla murata del postale. Spesso andavamo a passeggiarci e a curiosare, sospinti dall’ozio estivo. Scendevano donne con sporte e sacche, o marinai che avevano finito l’ingaggio a Venezia e Ancona. Da qualche oblò si affacciava una testa insonnolita di meccanico, e guardava giù sbadigliando. Usciva dai portelli un buon odore di cucina e di pane fresco. Per anni ho desiderato di salire su quella nave, di vedere le Trèmiti.

Ma allora le gite per mare si chiamavano traversate, e mia madre soffriva di stomaco, anche su una barca a remi. Per questo, forse, la memoria ha conservato le tracce del primo incontro con le isole. Partii di buon’ora con la corsa del mattino, il postale si chiamava Santa Dorotea. Al momento di staccarsi dal molo era un po’ sbandato da un fianco, per il peso delle persone che s’affollavano sul ponte e agli oblò dalla parte di terra, in modo da poter salutare con le mani e i fazzoletti.

Al largo c’era mare grosso: le casse e i sacchi di derrate, ammucchiati un po’ dappertutto, presero a rotolare pericolosamente sugli impiantiti di legno, era una fatica scansarli in tempo. Poi sull’acqua calò una nebbia pesante, il mare divenne liscio come l’olio, e la navigazione cieca continuò fino a mezzogiorno, nel molle fumigare dei vapori che salivano dal profondo come da un tepidario.

San Domino s’annunciò con un coro di cicale, che pareva venire dal nulla. Dietro quel canto indovinammo le scogliere, le chiome dei pini, gli alberi di fico protesi sulle insenature, l’opulenza delle viti piantate nei solchi di terra rossa e avara.

(continua…)

Matteo De Monte

L’ AUTORE

Matteo De Monte (Cagnano Varano 1920- Foggia 1980). E’ stato inviato speciale del Messaggero, dove ha avuto come maestri Francesco Maratea e Mario Missiroli.

E’ stato nel giornalismo dal 1939. Ha viaggiato in Africa, Asia, Europa e America in occasione di grandi avvenimenti della cronaca e della politica: dalla rivoluzione d’Ungheria al Congo, dalla crisi di Peron ai fatti militari d’Algeria e delle Antille, fino agli avvenimenti dell’ occupazione sovietica di Praga e della guerra fra Arabi e Israeliani.

Ha vinto il “Premio Marzotto”, il “Bagutta” per il giornalismo, il “Premio Internazionale Roma”, il “Premio per la difesa della Natura” del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Elzevirista, autore di racconti, ha collaborato alla TV e a numerose riviste.

Peccato che il Comune di Cagnano Varano, dove è nato, abbia, finora, dimenticato di ricordarlo…

                                                                                                                 g.m.

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