Antonio Polito e Le regole del Cammino: un grande giornalista, spirito laico, alla ricerca dell’Europa cristiana

by redazione

C’è qualcos’altro che spinge la penna di Antonio Polito, oltre la voglia di raccontare e di raccontarsi nel suo ultimo saggio,”Le regole del Cammino”. 

Di certo la curiosità su quel che il destino ci riserverà nei giorni a venire, ma anche le incertezze, forse le paure ed insieme la voglia di attraversare il percorso della vita con spirito sereno e gli occhi ben spalancati.

Polito, intellettuale di chiara impronta meridionale, riesce bene a trasmettere al lettore quella strana sensazione che, con una gradualità progressiva ha preso ad abitare le coscienze assopite del tempo che scorre, soprattutto con l’avvento della pandemia e che potrebbe racchiudersi nell’angoscianti interrogativi.

Il libro è bello, anche perché rivela nelle sue pagine una delicatezza sottile ed autentica, sospesa tra l’ansia di capire, guardare avanti e la necessità di riuscire a conservare la traccia dell’esperienza sin qui percorsa.

Una narrazione che scorre su un versante tridimensionale, da quello materiale sul cammino di San Benedetto, a quello spirituale della ricerca dell’Europa cristiana descritta dalle comunità monastiche.

Poi c’è la dimensione della politica che Polito fotografa in maniera mirabile riprendendo valori assoluti come la libertà individuale e la fratellanza, la responsabilità.

Ecco l’esigenza di rimettersi in cammino perché “d’ora in poi niente per noi sarà più una passeggiata”, l’autore lo scrive con disarmante realismo, affacciando il bisogno ineludibile di una rigenerazione personale e collettiva, una introspezione da compiere “con un passo lieve, la mente più sgombra, più in pace con se stessi e perciò più utili agli altri”.

Uno scritto venuto dal cuore di uomo che ha maturato grandi esperienze, umane e professionali, senza mai perdere quel taglio discreto ed elegante che contraddistingue Polito e che si rivela in maniera solare nelle pagine del libro, soprattutto laddove arriva a toccare sentimenti universali della vita.

Più di tutto ho apprezzato la sua capacità di affrontare temi esistenziali delicatissimi, come quello della Fede. Lui, spirito laico, riesce ad affrontarli con invidiabile disincanto senza trasformare mai la sua laicità in una religione civile.

Anche in questo va riconosciuta in pieno l’onestà intellettuale di uno scrittore, di un grande giornalista che non cammina mai senza se stesso.

Un libro da leggere, sicuramente. E direi anche utile perché delinea l’itinerario di un percorso che tocca le corde più sensibili dell’anima,un invito a guardarsi dentro pensando agli altri e al mondo che ci circonda, camminando.

Proprio come suggeriva Rousseau nelle sue Confessioni.

“ Non riesco a meditare se non camminando. Appena mi fermo non penso più, e la testa se ne va in sincronia con i miei piedi”.

Micky dè Finis

FOTO Umberto Pizzi

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