L’Archeodromo di Poggibonsi e il progetto di Museo archeologico all’aperto

by Sara Fascia

Si è tenuto ieri pomeriggio il terzo incontro nell’ambito dei Dialoghi di Archeologia che ha visto protagonista Marco Valenti, docente di Archeologia Medievale dell’Università di Siena, con il suo progetto di archeologia pubblica l’Archeodromo di Poggibonsi.

Si tratta di un grande progetto italiano di museo archeologico all’aperto fortemente voluto dal docente dell’ateneo senese, il quale «ha avuto la capacità di creare modelli archeologici da proporre al dibattito in ambito sia accademico che pubblico» come spiega nella sua introduzione Pasquale Favia, docente di Archeologia Medievale dell’Università di Foggia,  «richiamando l’attenzione al dato materiale e creando opportunità di lavoro».

Poggibonsi è una città che è rimasta per molto tempo schiacciata dalla presenza di città molto importanti come Firenze e Siena, anche a causa della sua identità storica perduta con i bombardamenti del 1944 che l’hanno distrutta per il 75% (una storia che può in qualche modo ricordare quella di Foggia).

I primi scavi sono stati effettuati nel periodo 1993-2009, poi bloccati a causa di amministrazioni locali che non hanno ritenuto importante sovvenzionare il progetto, per poi essere ripresi  a partire dal 2014 quando avviene la rinascita del sito e inizia la realizzazione dell’open air museum, con il restauro della cinta muraria e l’avvio dei lavori per l’archeodromo, nello scetticismo di cittadini e mondo accademico.

Ma cos’è un open air museum?

Si tratta di «un particolare tipo di museo, con ricostruzioni architettoniche tridimensionali, spesso basate su fonti archeologiche», come spiega Valenti, «che fornisce un’interpretazione di come le persone vivevano e agivano nel passato con fini di educazione, studio e divertimento dei suoi visitatori» e in Italia ne sono presenti circa 44, ma Poggibonsi è l’unico incentrato su una realtà insediativa altomedievale, mentre gli altri sono di carattere pre-protostorico.

Spesso nell’immaginario comune questi tipi di progetti di archeologia sperimentale vengono visti come qualcosa di lontano dalla verità storica e dalla validità scientifica di una ricerca su un sito, invece questo incontro si è incentrato proprio sull’importanza della ricerca per poter arrivare ad una riproduzione di quella che era la vita quotidiana nell’alto medioevo, riconoscendo il valore dell’archeologia e l’opera degli archeologi come fondanti dell’operazione, che non viene quindi attribuita a ditte specializzate ma a professionisti del mondo accademico.

Così facendo si entra in una modalità attiva di interazione con il passato, di esperenzialità che si basa sulla ricerca scientifica, su un’ educazione della comunità e come fine ultimo sul turismo, elemento da non demonizzare in quanto consente una sostenibilità economica e di poter rimanere su costi etici (l’archeodromo è costato solo 100.000 €) favorendo la collaborazione delle amministrazioni pubbliche.

L’archeologia pubblica ha però dei rischi costanti, in particolare quello di allontanarsi dalla ricerca per attrarre i turisti con attività piacevoli per loro ma lontani dalla verità storica, dimenticando che ricostruire non ha una funzione  di diletto fine a se stesso ma serve agli archeologi in primis per capire i meccanismi di un insediamento e farli comprendere all’utenza, così da accorciare le distanze che da sempre ci sono tra le persone e i siti archeologici. Un elemento fondamentale per la comunicazione con il pubblico è la documentazione dei lavori, importante è infatti rendere partecipe la comunità non solo del risultato di un progetto ma di tutto il suo iter. Quello che si propone con l’archeodromo di Poggibonsi è un vero e proprio time travel, le cui intenzioni sono ben rappresentate nel libro “Dream Society” di Rolf Jensen il quale scrive: «si venderanno solo i “prodotti” capaci di incarnare un sogno […] perché capaci di evocare nel consumatore sentimenti, anche pensieri razionali positivi e coinvolgenti».

Prossimo appuntamento con i Dialoghi di Archeologia il 2 aprile ore 18:00 presso il Museo Civico di Foggia con Carmelo Malacrini (Museo Archeologico Nazionale di Reggio C.).

Sara Fascia

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