“Cannabis. Il futuro è verde canapa”: il saggio di Mario Catania

by redazione

Diarkos edizioni presenta il libro “Cannabis. Il futuro è verde canapa” del giornalista Mario Catania, un moderno compendio che analizza e approfondisce tutti gli utilizzi che si possono fare della pianta di canapa. C’è chi dice siano mille, chi 25mila e chi oltre 50mila, sicuro è il fatto che siano innumerevoli e che oggi, dopo anni di censura ideologica su questa pianta, si sta assistendo alla sua rinascita in tutti i settori. Sì, perché la canapa è la migliore alleata che abbiamo a disposizione per l’economia, per l’ambiente e per contrastare i cambiamenti climatici – quale risorsa pressoché inesauribile in grado di sostituire i derivati del petrolio e ridurre drasticamente i livelli di CO2, sposandosi perfettamente con i   principi dell’economia circolare – e non da ultimo per milioni di pazienti affetti dalle patologie più disparate e spesso altamente invalidanti.

bonculture anticipa due capitoli del volume.

Cannabis e sintomi del cancro: “Benefici globali”

Cannabis e cancro: un argomento delicato, difficile da trattare, e per il quale, anche solo per scriverne, servono coraggio e moderazione. Anni fa, quando scrivemmo i primi articoli sulla potenzia- lità della cannabis nel trattamento di diversi tipi da cancro, fummo sommersi di e-mail di pazienti che ci chiedevano consigli, facendoci sentire ancora di più la responsabilità̀ implicita nel nostro lavoro, nei confronti dei pazienti, in primis, ma anche della pianta e delle verità̀ scientifiche ad oggi accertate in diversi studi pubblicati su riviste accreditate e prestigiose.

La cannabis medica nel trattamento dei sintomi del cancro è ormai una realtà̀: gli studi scientifici che ne certificano i benefici sono ormai decine e la cannabis viene prescritta per contrastare il dolore, gli effetti collaterali di radio e chemioterapia, la nausea e soprattutto per far tornare l’appetito ai pazienti oncologici, un aspetto che potrebbe sembrare di poco conto ma che è in realtà fondamentale.

«L’utilizzo della cannabis terapeutica nell’ambito delle cure palliative e in particolare nei pazienti oncologici è un argomento che sta incontrando sempre più̀ riscontro e sempre più̀ utilizzo nella pratica clinica». È la visione del dottor Vittorio Guardamagna, direttore dell’Unità di Cure Palliative e Terapia del Dolore dello IEO e componente del comitato etico della fondazione Veronesi. «Stiamo parlando di un mondo in cui il farmaco può produrre effetti benefici per il paziente sia dal punto di vista del controllo del dolore, ma anche su una serie di sintomi che il paziente oncologico in fase avanzata presenta, come l’insonnia, l’agitazione, la perdita d’appetito, che vanno a impattare gravemente sulla qualità della vita». Secondo l’opinione del dottore «ci troviamo di fronte a un farmaco che non definirei panacea, ma quasi, nel senso che il beneficio sulla qualità della vita e globale». Nel 2018 allo IEO sono stati avviati dei corsi di formazione interna su come si prescrive, come si utilizza, quali sono le tipologie dei diversi cannabinoidi, le indicazioni terapeutiche per un corso molto pratico con l’obiettivo di arrivare a formare tutti gli oncologi.

«I risultati sono eccezionali: abbiamo un’ottima risposta sugli aspetti clinici dei pazienti. Non abbiamo ancora incominciato le sperimentazioni sull’azione dei cannabinoidi direttamente sulla malattia oncologica, ma su tutto quello che dalla diagnosi, durante le cure e nella fase avanzata la cannabis può produrre positivamente sul paziente. Avere un ottimo supporto preparato con un farmaco che è molto sicuro e quasi esente da effetti collaterali, permette di ottimizzare le cure come radio e chemioterapia».

L’uso di terapie anticancro combinate presenta infatti una serie di vantaggi rispetto al singolo trattamento poiché consentono di colpire simultaneamente la crescita, la progressione e la diffusione del tumore a vari livelli. Recenti osservazioni suggeriscono che la somministrazione combinata di cannabinoidi con altri farmaci antitumorali agisce in sinergia per ridurre la crescita del tumore. Ad esempio, la somministrazione di THC e temozolomide, farmaco chemioterapico, esercita una forte azione antitumorale nel glioma, un effetto che è evidente anche nei tumori resistenti a temozolomide. Un effetto simile è stato osservato quando THC e CBD sono stati combinati con la radioterapia in modelli animali di glioma. Poiché la maggior parte dei pazienti con glioblastoma viene sottoposta a trattamento con temozolomide, i risultati precedenti indicano che la somministrazione combinata di temozolomide e cannabinoidi potrebbe essere sfruttata terapeuticamente per la gestione del glioblastoma e forse di altri tipi di tumore come il melanoma.

Allo stesso modo, un altro studio ha dimostra- to che la somministrazione combinata di gemcitabina (l’agente di riferimento per il trattamento del cancro del pancreas) e vari agonisti dei cannabinoidi ha ridotto sinergicamente la vitalità̀ delle cellule tumorali pancreatiche. Inoltre, la somministrazione combinata di THC e CBD migliora l’attività̀ antitumorale del THC e riduce la dose di THC necessaria per indurre l’attività inibitoria della crescita tumorale.

 “Ho sconfitto il cancro, ma senza cannabis non avrei mai sopportato la chemio”

Oggi Kian sta bene, ha sconfitto il cancro che gli ha fatto patire le pene dell’inferno e lo ha fatto, come dice lui, «soprattutto grazie alla cannabis».

Anche se non si può̀ ancora dire che sia del tutto fuori pericolo, il linfoma non Hodgkin molto aggressivo che l’aveva colpito non si è più ripresentato. In gergo clinico oggi è in fase di remissione e devono passare cinque anni perché possa essere dichiarato guarito; a metà 2019 ne sono passati due, quindi ne mancano ancora tre. Quello che è certo è che oggi, a ventisette anni, Kian Andrea Saggiadi ha ripreso in mano la sua vita e lavora come praticante avvocato in uno studio legale.

«Mi ero sottoposto a una chemioterapia speri- mentale, che era molto, molto pesante» mi aveva raccontato, spiegando di essersi sottoposto a un trattamento molto aggressivo in cui vengono effettuati in una sola settimana i cicli che di solito un paziente affronterebbe in due mesi. Il tutto è proseguito per tre mesi interi, «quindi è come se avessi fatto due anni di chemioterapia “normale” concentrati in due mesi».

Secondo Kian, se non avesse avuto l’aiuto della cannabis, non sarebbe stato in grado di sopportare la chemio: «Uno dei motivi principali per i quali io riuscivo ogni venerdì a fare la chemio, era perchè, attraverso la cannabis, riuscivo a sopportare dolori, nausee, spasmi e crampi. Fino a un certo punto, perché nelle ultime tre settimane per il dolore non funzionava più nulla. Senza dubbio, però, se non avessi avuto cannabis, non sarei comunque riuscito a fare il ciclo settimanale con costanza nemmeno per i primi due mesi e mezzo, e a quel punto non so se la chemio sarebbe stata efficace, come invece è stata, avendola fatta regolarmente ogni settimana».

È questo uno dei motivi fondamentali per cui oggi è sempre più utilizzata come coadiuvante nelle terapie contro il cancro. Kian, che ha iniziato ad assumere cannabis fin dal primo ciclo, lo spiega molto bene. «Più che per l’appetito, mi ha aiutato molto per i dolori, poi per i crampi e gli spasmi e nell’evitare le frequenti nausee. Mi ha aiutato tantissimo. E anche quando mi sono trovato a vomitare, riuscivo a sopportare meglio la cosa, sicuramente è stata più efficace dei farmaci come lo Zofran (farmaco antiemetico indicato per controllare nausea e vomito in seguito a chemioterapia, nda)».

Un’alleata fondamentale, a tal punto che «Se sono riuscito a completare il percorso di cure è quasi esclusivamente grazie alla cannabis, è una cosa di cui non mi vergogno assolutamente di parlare: senza cannabis ammetto che sono sicuro che non sarei riuscito a fare la chemio ogni settimana».

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.