“La letteratura parla le tante lingue della vita”. Ilide Carmignani e le giornate della traduzione letteraria

by Agnese Lieggi

Ci eravamo lasciati ad ottobre 2019 con l’idea che ci saremmo ritrovati l’anno successivo nello splendido Casale San Pio V, antica residenza estiva di Papa Pio V e sede del Campus University che ospita, almeno nelle ultime edizioni, uno degli eventi più attesi per professionisti dell’editoria, scrittori e traduttori, ovvero le Giornate della Traduzione Letteraria.

Un appuntamento unico nel suo genere, perché è uno dei pochi eventi italiani, che mette in dialogo quei professionisti che normalmente sono abbastanza sconosciuti, poiché “appaiono” poco, eppure sono quelle figure di riferimento che amano profondamente un’altra lingua, la studiano per decenni e possono tradurre un testo  per metterlo a disposizione nel circuito di un’altra lingua, fino a farlo diventare, in molti casi, “virale” in un altro paese, aggettivo che in questi tempi di pandemia risuona piuttosto calzante. Insomma durante questi eventi, un traduttore o un aspirante traduttore, può sentirsi finalmente nel posto giusto, apprendere da chi ha più esperienza, novità, tecniche di riferimento, le varie teorie di traduzione, nonché le norme di settore e mettere in condivisione delle proprie conoscenze. 

L’edizione 2020, si svolgerà dal 25 al 27 settembre, sulla piattaforma Zoom, un’edizione speciale in cui saranno garantiti e si alterneranno seminari e dibattiti. Il 26 settembre, è previsto il Premio “Giovanni, Emma e Luisa Enriques“, un premio assegnato dalla giuria, composta da Ernesto Ferrero, Stefano Arduini e Ilide Carmignani, a traduttori letterari per le loro attività o a personaggi del mondo culturale che si sono contraddistinti per il loro impegno nell’ambito delle traduzioni.

Scopriamo maggiori dettagli dell’edizione delle Giornate con Ilide Carmignani una delle più grandi traduttrici del presente, specializzata in Letteratura spagnola e ispanoamericana e in Traduzione letteraria, ha tradotto autori immensi fra cui Bolaño, Borges, Cernuda, Cortázar, Fuentes, Márquez, Neruda, Sepúlveda, Soriano. Nel 2000 ha vinto il Premio di Traduzione Letteraria dell’Istituto Cervantes, nel 2013 il Premio Nazionale di Traduzione del Ministero per i Beni Culturali, e nel 2018 il Premio “Bodini” per la sua nuova traduzione di Cent’anni di solitudine. Ha tenuto corsi e seminari di traduzione letteraria presso università italiane e straniere. Ha collaborato con Linea d’Ombra, Il Manifesto, Lo Straniero e Tutto Libri – La Stampa.

Qual è stata la prima edizione delle Giornate della Traduzione Letteraria?

La prima edizione è stata a Urbino diciotto anni fa, sembra ieri e al tempo stesso sembra un’epoca lontanissima. Sono cambiate tante cose, per fortuna. Allora era impensabile dar la parola ai traduttori, restavano sempre chiusi nello spazio bianco fra le righe, a meno che non fossero scrittori o accademici o giornalisti. Oggi fioriscono incontri e rassegne di “traduttori traduttori” rivolti addirittura ai lettori, che sono molto curiosi di conoscere i segreti di questo mestiere, forse perché, come scriveva Borges, “Nessun problema è tanto intimamente connesso alla letteratura e al suo modesto mistero quanto quello posto da una traduzione”.

Com’è nata l’idea di creare un evento dedicato alla traduzione di questo ambito?

L’origine delle Giornate è la solitudine del traduttore, non la solitudine legata al tu per tu quotidiano con il testo – quella è una solitudine solo apparente perché condivisa con la voce dello scrittore, è un dialogo fitto, una compagnia affascinante, un piacere quotidiano – ma la solitudine legata alla mancanza di occasioni d’incontro e scambio con gli altri traduttori, di momenti di riflessione con le varie componenti del mondo dell’editoria e della cultura a partire dalla propria identità professionale. Io ne ho sofferto a lungo e così, tanti anni fa, ho iniziato a frequentare i convegni che le associazioni dei traduttori letterari organizzano nei diversi paesi europei, di solito intorno al 30 settembre, per san Girolamo, il nostro patrono. Mi riferisco, per esempio, agli eventi del British Centre for Literary Translation o alle “Jornadas en torno alla traducción literaria” in Spagna. L’esperienza era sempre bellissima, tornavo cresciuta professionalmente e piena di voglia di tradurre. Di lì a pensare di creare un convegno simile per i traduttori italiani il passo è stato breve. C’erano già, a dire il vero, fin dal 2000, gli incontri dell’AutoreInvisibile: Ernesto Ferrero (traduttore di Céline e Perec, non dimentichiamolo) aveva molto generosamente concesso spazio e risorse alla traduzione editoriale all’interno di quella kermesse che è la Fiera del Libro di Torino, anticipando in questo persino Francoforte, Londra, Parigi, ma si avvertiva anche l’esigenza di un momento di riflessione più appartato. Così, quando ho conosciuto Stefano Arduini, teorico della traduzione, direttore di “Tradurre la letteratura” della FUSP nonché docente di linguistica all’Università di Urbino, gli ho immediatamente proposto di creare le Giornate, e lui, da formidabile organizzatore qual è, ha trovato subito i mezzi.

“L’originale non è fedele alla traduzione.” Con questa citazione di Jorge Luis Borges si può evidenziare quanto a volte la traduzione determini la fortuna di un testo letterario. Fermo restando le capacità interpretative, l’intuizione, la curiosità e la passione che contraddistingua l’anima di un traduttore, risulta essere ancora una delle professioni poco visibili e difficile da portare avanti. Come pensa si possa normalizzare questo ruolo già dal presente e in futuro?

Una traduzione non può trasformare un brutto libro in un capolavoro, ma può trasformare un capolavoro in un brutto libro. E case editrici come Adelphi dimostrano che una traduzione accurata può portare al successo libri che in una traduzione sciatta erano passati del tutto inavvertiti. Detto questo, il nostro è uno strano mestiere perché è tradizionalmente molto bistrattato, poca gloria e pochi soldi, ma i giovani lo adorano e quindi mi viene da pensare che, in un futuro più consapevole della diversità delle lingue e delle culture, le cose cambieranno. Del resto, se vogliamo salvarci dalla globalizzazione, non possiamo appiattirci tutti sull’inglese, bisogna coltivare la diversità e per farlo è necessaria la traduzione. E poi va detto che è un mestiere bello in sé: è un modo di vivere in mezzo alla letteratura, si passano le giornate a leggere e a scrivere, tradurre in fondo è questo.

La traduzione è un viaggio straordinario com’è inteso oggi il ruolo del traduttore e della traduzione all’interno del mondo editoriale?

È una parte fondamentale della filiera del libro, quindi ha una grossa importanza non solo culturale ma economica. Pensate che cosa succederebbe se sparissero dalle librerie tutti i libri tradotti, sono un quarto dei libri pubblicati e se guardiamo alla letteratura la percentuale cresce.

Come si svolgerà l’evento di quest’anno?

Quest’anno, vista la pandemia, siamo stati costretti ad andare online. Ci dispiace molto perdere la compagnia fisica dei colleghi, così per controbilanciare la perdita abbiamo allungato il convegno: 3 intere giornate, per la prima volta abbiamo anche il venerdì mattina e la domenica pomeriggio. E il programma è particolarmente ricco: 2 premi, 4 lezioni magistrali, 7 lingue di lavoro (inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese, giapponese, arabo), 12 case editrici, 46 seminari, 57 relatori, e come cotillon i codici per provare gratuitamente vari dizionari, dal Ragazzini al Devoto-Oli. Più di così non sapevamo cosa fare.

Rappresenta per tutti noi traduttori, un punto di riferimento ormai da anni per la professionalità e la poesia che ha accompagnato la sua carriera…ci può svelare qual è stata la prima opera che ha tradotto?

Il primo libro che ho tradotto è stato Ocnos, una raccolta di poemi in prosa di Luis Cernuda, un poeta della Generazione del ‘27. Un libro difficilissimo che oggi mi farebbe tremare le vene dei polsi ma che allora ho affrontato con la baldanza sventata dei vent’anni. Ho passato un’estate bellissima, subito dopo la laurea, a tradurre in giardino, e da allora non ho più smesso.

Quale consiglio potrebbe dare ai giovani che si avvicinano a questa professione?

Leggere tanto, soprattutto libri nati in italiano. E scrivere tanto, non fermarsi a quella lingua pretenziosa in cui scriviamo la tesi. La letteratura non parla la lingua della critica, parla le tante lingue della vita.

La saluto, ringraziandola moltissimo per la sua disponibilità!

Grazie a voi! Che san Girolamo vi protegga ?

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