Carlo Maria Salvemini, Lecce ed un piano: “Costruire occasioni di crescita culturale per i cittadini”

by Chiara Idrusa Scrimieri
Carlo Maria Salvemini

Inizia oggi la mia collaborazione con Bonculture, giornale online di approfondimento culturale (grazie a Daniela Tonti e alla redazione per questa bellissima opportunità).  È poi un duplice onore esordire intervistando il sindaco della mia città, Carlo Maria Salvemini, confermato alla guida di Lecce il 26 maggio scorso al primo turno. Ecco il nostro scambio sulla visione e gli obiettivi culturali per la città del futuro.

Sindaco, come vede Lecce nel prossimo futuro: scenario attrattore o centro di produzione culturale?

Direi Lecce come città nella quale le politiche culturali portano più cittadini a sentirsi coinvolti dall’identità dei luoghi che abitano, dai saperi che essi esprimono, dalla costruzione di pratiche e consuetudini che offrano occasioni di incontro con la cultura. Una amministrazione comunale si preoccupa soprattutto di questo: di costruire occasioni di crescita culturale per i cittadini. Per attrarre iniziative e investimenti nel campo della cultura, inoltre, dobbiamo essere in grado di proporci come cittadinanza interessata ad accrescere e migliorare il livello culturale della città, disposta ad aprirsi ai contributi e agli apporti che potranno venire dall’esterno e che, in realtà, sono già cominciati ad arrivare. Fare di Lecce un centro di produzione è un compito che l’amministrazione condivide con le realtà del tessuto culturale cittadino: è lì che risiedono i fermenti, le idee, le produzioni che devono rafforzarsi e diventare solide e sulle quali l’amministrazione può investire.

È d’obbligo oggi, muovendosi tra i limiti di bilancio degli Enti locali, puntare all’attrazione di risorse finanziarie per la programmazione di lungo periodo e alla sostenibilità della progettualità culturale: in quale direzione intende investire nel prossimo futuro?

La progettualità culturale, anche da parte dei privati, deve porsi a monte l’obiettivo della sostenibilità. Altrimenti non si può parlare di progettualità ma di tentativo, di fermento creativo, di spontaneismo. Tutti fenomeni che nel mondo della produzione culturale hanno la loro importanza e dai quali talvolta emergono esperienze significative. Ma l’amministrazione pubblica ha un’altra funzione: fare in modo che ogni investimento pubblico, nel campo della cultura come in tutti gli altri, abbia un ritorno in termini di beneficio collettivo. Per questo a Lecce lavoreremo su un Piano strategico che metta in rete i beni monumentali e gli spazi pubblici di proprietà del Comune, fornendo a ciascuno una funzione e generando opportunità e sfide anche per quanti in città progettano iniziative culturali. Questi spazi costituiranno una rete aperta, accessibile e generativa a supporto delle politiche culturali dell’amministrazione e delle iniziative private.

Il racconto della città come opportunità di messa a sistema del patrimonio storico-artistico di Lecce. È possibile pensare di attrarre i giovani nel processo di valorizzazione della città, strutturando un legame progettuale con Università, Accademia di Belle Arti e Istituti Scolastici?

La scrittura del Piano strategico della cultura prevederà un percorso partecipato nel quale tutti saranno chiamati a dare il proprio contributo, e io mi auguro che i più giovani tra i cittadini vorranno essere protagonisti. Certamente il Piano, proprio per la sua natura “strategica”, non può non tenere conto dei legami progettuali che già esistono tra la città e l’Università del Salento, l’Accademia di Belle e gli Istituti scolastici cittadini.

L’Arte e l’esperienza artistica in senso lato possono essere strumenti per il riavvicinamento dei giovani al patrimonio della città e per la costruzione di un modello locale originale di turismo culturale?

Certamente, ma non solo. Uno degli obiettivi strategici che dobbiamo porci nei prossimi anni è migliorare la conoscenza che i giovani leccesi hanno del patrimonio culturale della città. La storia di Lecce e dei suoi luoghi. Lavorare, in altre parole, sulla costruzione della consapevolezza della identità culturale di Lecce.

Contenitori vs luoghi di vita della città: quale ruolo riconosce ai luoghi pubblici non ancora destinati e agli spazi culturali già definiti nella crescita culturale della città e della cittadinanza?

Più che di ruolo occorre parlare di funzioni all’interno di una rete che garantisca servizi pubblici efficienti, come le biblioteche civiche, luoghi di incontro da vivere quotidianamente, spazi espositivi, di aggregazione, di lavoro culturale quotidiano. La costruzione del Piano strategico ci aiuterà a individuare le corrette funzioni per fare in modo che questi luoghi entrino nella quotidianità dei leccesi.

Quale orientamento ha verso la gestione dei beni culturali e del patrimonio della città: scelta politica e regia pubblica nella gestione di spazi; sistema di messa a bando per affido ad esterni o eventuale sperimentazione di pratiche integrate tra pubblico e privato nella gestione dei beni pubblici?

La scelta non può essere univoca, i modelli non si escludono. Ci sono spazi impegnativi che richiedono risorse e investimenti – materiali, di conoscenza, economiche – che il Comune non può garantire e per i quali è doveroso, se non li si vuole condannare ad una sottoutilizzazione, intraprendere la strada del bando, anche rivolgendosi al mercato internazionale, per accertarsi che possano generare economia e lavoro per la città. Altri possono essere mantenuti nella gestione dal Comune in collaborazione con la rete locale dell’impresa culturale e dell’associazionismo, assumendo insieme l’obiettivo di una co-gestione che si ponga l’obiettivo della fruizione pubblica degli spazi e delle ricadute positive per la comunità.

Da sempre, nelle città, si auto-generano spazi off per la cultura e le iniziative “indipendenti” che contribuiscono al welfare culturale dei quartieri: immagina un dialogo tra pubblico e privato nella destinazione d’uso e nella gestione di spazi pubblici cittadini?

Con la mia prima amministrazione abbiamo lavorato molto sul concetto della cultura diffusa, sulla necessità di fare iniziativa culturale nei quartieri e non solo nel centro storico o all’interno di spazi monumentali. Il patrimonio immobiliare comunale diffuso nei quartieri, che l’amministrazione ha censito puntualmente nel 2018, potrà finalmente essere avviato a una valorizzazione dal punto di vista sociale e culturale. Così potrà essere per numerosi locali ai piani terra dei condomini popolari di proprietà Arca, che abbiamo scelto di concerto con l’Agenzia, di destinare alla rivitalizzazione dei quartieri. È chiaro che gli interlocutori di politiche simili sono le realtà dell’associazionismo culturale no profit, che avranno un ruolo decisivo. 

Si può pensare, nella sua visione di lungo periodo, a un modello di sviluppo culturale “locale” per la Terra d’Otranto?

Possiamo pensare a nuove pratiche di condivisione delle esperienze e dei progetti che a livello municipale, a Brindisi, Taranto o Lecce, danno buoni frutti e che possono essere socializzati, generando valore ed economie per tutti. I tre capoluoghi hanno urgenze e profili diversi, ma su alcuni settori, tra i quali la promozione territoriale, le politiche culturali, l’identità storica della Terra d’Otranto, possono condividere concretamente progettualità e risorse. Mi ha fatto molto piacere, a proposito, l’annuncio dato da Rinaldo Melucci, sindaco di Taranto, sulla possibilità di condividere con Lecce e Brindisi alcuni appuntamenti dei prossimi Giochi del Mediterraneo, ad ospitare i quali Taranto si è candidata. È un esempio di come si possa superare quel vizio antico di considerare il nostro vicino il nostro primo competitor, quando invece può essere il nostro principale alleato, in particolare in un momento storico come quello che stiamo attraversando.

Photo courtesy of Andrea Gabellone

 * Chiara Idrusa Scrimieri

Director

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Regista, sceneggiatrice, artista visuale. Vive alla casina nel bosco col gatto nero “Addio”, che sembra disegnato da Tim Burton e insieme a una moltitudine di piante e animali. Storica dell’Arte, frequenta poi la Scuola di Cinema Ipotesicinema di Ermanno Olmi. È autrice di film documentari, cortometraggi di fiction, racconti brevi. Scrive. Lavora nel mondo della produzione audiovisiva e della narrazione, tra cinema, teatro, video e tv; progetta e realizza allestimenti e scenografie multimediali per il teatro e gli spettacoli dal vivo, i musei di narrazione e la valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio. Con l’Associazione Artèteca cura dal 2005 progetti e azioni per lo sviluppo culturale e la crescita delle comunità. Deve i suoi primi passi nel cinema a Jane Campion, Fernando Solanas, Giuseppe Rotunno, Giovanni Robbiano e Enza Negroni, Marco Bellocchio e soprattutto Ermanno Olmi (Ipotesicinema), oltre che a un mucchio di film e libri, al fantasma di Fellini e a gente straordinaria incontrata per caso.

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