Franco Landella, le emergenze e la partecipazione. “Primarie anche in Puglia”

by Antonella Soccio

“Dovevo fare l’assistente sociale, ne ho la stoffa”. Scherza il sindaco di Foggia Franco Landella, mentre personalmente nel cortile di Palazzo di Città si sta occupando del caso di Paolo Di Giacomo, una persona fragilissima, ormai in età avanzata, senza casa e senza famiglia. Un primo cittadino tra gli ultimi, insieme al suo popolo: resta questa la sua forza, nonostante le tante critiche e le contrapposizioni politiche.

A pochi mesi dalla riconferma e dalla vittoria al ballottaggio sull’ingegner Pippo Cavaliere, sostenuto da tutto il centrosinistra pugliese di Michele Emiliano e dei sindaci dem, Landella è la punta di diamante di Forza Italia in Puglia, nell’unico capoluogo della regione governato dal centrodestra. La sua seconda sindacatura è cominciata con qualche frizione di troppo, causata dal partito “in crisi di crescita”, che è la Lega, ormai scoppiato e in crisi di identità anche a livello nazionale dopo essere stata, con un Matteo Salvini ancora incredulo, il lievito definitivo per la creazione del governo giallorosso.  

Landella sarà ad Everest19, per la consueta kermesse di Forza Italia a Giovinazzo.

Noi di bonculture lo abbiamo intervistato.

Sindaco, le emergenze sono ancora tantissime, come le affronterà? La sua maggioranza appare compatta.

Le emergenze sono ancora tantissime, sì, siamo un call center.

L’obiettivo principale è uscire dal decreto Salva Enti, un piano farlocco, perché le previsioni non sono state rispettate. Il dato significativo resta quello dei debiti fuori bilancio: dai 3,2 milioni ne abbiamo trovati da approvare 7,6 milioni.

Come si sono giustificati in questi anni gli uffici finanziari, che avevano comunque redatto quel piano?

Si sono giustificati dicendo che era difficile preventivare delle somme e fare delle analisi oggettive. Avevano stimato in maniera ottimistica alcuni giudizi pendenti, ma spesso sono andati a finire male per l’amministrazione. Dall’altra parte l’alienazione dei beni non ha trovato mercato, ma secondo me i beni sono stati sovrastimati. Tutto questo ha portato al delta che sappiamo, con una minore spesa corrente e una sottrazione di servizi alla città e alla comunità. Abbiamo dovuto mantenere il rigore del bilancio, questa è la vera vittoria che stiamo portando a compimento, dopo i 10 anni di disastri economici del centrosinistra.

Il 16 settembre l’area tecnica del Comune deciderà sul caso del project financing della pubblica illuminazione. La città è al buio, quanto è importante questa decisione?

È importantissima: se riusciamo a superare l’empasse della difficoltà amministrativa che ha fatto rilevare il Rup e ci dovesse essere un parere favorevole da parte della struttura legale, penso che potremo mettere un punto di fine ad una situazione.

L’affaire pubblica illuminazione è stato un passo falso?

È stato un passo falso, che mi ha portato ad un momento di contrapposizione con la tecnostruttura, perché volevo che la valutazione dell’azienda proponente il progetto di finanza avesse delle verifiche a monte, anche se il codice degli appalti prevede una valutazione a valle, dopo l’aggiudicazione definitiva. Con questi programmi complessi, prima di fare tutta la trafila- delibera di consiglio comunale, bando, aggiudicazione con un dispendio importante di energie e di risorse umane dedicate-  occorrerebbe una valutazione a monte. Ci saremmo risparmiati di andare in consiglio comunale e anche il rischio di aprire contenziosi che a me spaventano: l’eventuale ditta soccombente può rivalersi davanti all’autorità giudiziaria. Mi piacerebbe che in questo mio secondo mandato questi conflitti fossero un ricordo del passato.

Ripeterebbe la scelta del project financing?

Lo rifarei, perché è conveniente, c’è una convenienza lampante anche in termini di efficacia e di efficienza. Ci sono investimenti per oltre 10 milioni di euro, che oggi il Comune non può fare, col blocco della spesa. In passato qualsiasi bando per la straordinaria e ordinaria manutenzione della rete elettrica sono sempre andati deserti. La valenza del project financing sta proprio nella storia del Comune e nel flop dei bandi a riguardo.

La nuova Ministra dell’Interno del governo giallorosso potrebbe modificare totalmente in tema di immigrazione la linea di Matteo Salvini, che aveva avviato una fase di sgombero del Cara di Borgo Mezzanone e della pista annessa. Che ne pensa e cosa si augura?

Sono in attesa, mi auguro che col nuovo governo non si cambi del tutto linea. Così come ho sempre detto e lo dico da cattolico, quello a cui abbiamo assistito in questi anni è stata una falsa accoglienza. Farli sbarcare e non garantire loro un lavoro o portarli nelle mani di sfruttatori- vediamo le nostre strade piene di prostituzione e di gente che bivacca dalla mattina alla sera- non è un bel vedere. Ho sempre fatto l’esempio dei nostri migranti italiani: andavano in Germania e la prima cosa che chiedevano loro era la loro competenza lavorativa, a cui seguiva una situazione alloggiativa. Così si fa integrazione, altrimenti si aumentano le percentuali di xenofobia e i fenomeni che non fanno bene all’Italia. Siamo un popolo accogliente, ma abbiamo vissuto anni di falsa accoglienza. Ho sempre ribadito in sede Anci, visto lo spopolamento delle aree rurali e nei paesi delle aree interne, di modificare e aumentare la proporzione di 10 migranti richiedenti asilo ogni 1000 abitanti. Creeremmo integrazione nei piccoli centri e invece vediamo ancora che manca il controllo nelle campagne, dove esistono ancora fenomeni di caporalato, per i quali i nostri agricoltori sono vittime e carnefici di un sistema in cui i prodotti agricoli sono sottopagati dalla Gdo. Spero che la nuova Ministra riveda il sistema a 360 gradi. Ero e resto contrario alla creazione di agglomerati urbani dedicati, le cosiddette foresterie, perché non favoriscono l’integrazione perché significa creare dei nuovi ghetti, con una proliferazione di ulteriori costruzioni abusive a ridosso. Questi agglomerati rischiano di essere delle nuove sacche diffuse di illegalità e di scarsa igiene, una sorta di Borgo Mezzanone2, in scala minore.

Lei è contro le foresterie, vero?

Sì. Ho acquisito delle informazioni sulle pratiche francesi, quando ho dovuto affrontare il problema del ghetto dei bulgari. In Francia hanno risolto il problema degli alloggi stagionali legati ai lavori nelle campagne con delle piattaforme collocate a ridosso dei campi, con una condivisione con gli imprenditori agricoli. In questo modo la Regione Puglia avrebbe potuto smontare e montare questi prefabbricati o le roulotte, come in Francia, adibite ai lavoratori. Questa era la logica della movibilità, tutta diversa dal creare zone stanziali, che lo Stato non controlla a sufficienza.

Il centrodestra pugliese è molto in difficoltà, Salvini richiedendo i pieni poteri e portando l’Italia al governo Pd M5S ha dato il colpo di grazia alla possibilità di vittoria?

Non penso che il centrodestra pugliese sia compromesso dalle scelte di Salvini. I cittadini sono chiamati a giudicare l’operato di chi ha amministrato, così come è capitato con me. La gestione di Michele Emiliano e del centrosinistra in Puglia è una gestione pessima, il popolo pugliese chiederà, vorrà e voterà una alternativa. Sanità, ciclo dei rifiuti e agricoltura sono in uno stato molto critico. Emiliano ha messo in crisi tutti i Comuni sui temi ambientali dei rifiuti.

Il problema nostro è capire come costruire questa alternativa e attraverso quale processo. Io credo che le Primarie potrebbero essere utili.

È diventato un fan delle Primarie, dopo la sua vittoria e il processo di partecipazione costruito a Foggia?

Il paradosso è questo: quelli della Lega erano i pionieri delle Primarie, oggi hanno fatto retromarcia. Se c’è una sintesi concreta su una personalità politica riconosciuta e riconoscibile, allora si possono superare le Primarie, ma io credo che possano servire ad individuare il profilo migliore da contrapporre ad Emiliano. Inoltre le Primarie consentono non soltanto agli elettori di scegliere, ma di aprire una discussione prima delle elezioni, che fa conoscere il personaggio. In questo modo il candidato scelto, a maggior ragione se pescato dalla società civile, si fa conoscere.

Che dirà ad Everest a Giovinazzo? Se ne va anche lei con Giovanni Toti o resta in Forza Italia?

Non serve oggi cambiare casacca. Forza Italia deve però riacquistare una nuova linfa per andare avanti. Bisogna passare dal leaderismo di Berlusconi ad un partito partecipato. In questa fase le indicazioni di tizio o caio dette dal leader, se imposte, non sono più ricevibili. Non siamo più nelle condizioni di assistere alle simpatie o meno del leader. Oggi abbiamo superato, anche per una questione anagrafica di Berlusconi, una fase di litigiosità. Dobbiamo pensare ad una Forza Italia.2 e cercare di comprendere che chi deve assumere la leadership del partito deve essere scelto dagli elettori e non dalla benedizione del leader e dal vertice.

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