La città dei vivi: Nicola Lagioia indaga l’oscuramento del senso di colpa

by redazione

È un libro che affascina il lettore, che si legge tutto d’un fiato, uno di quei romanzi che si divorano e che non vedi l’ora di terminare, per poi assaporarne la storia. E la vicenda che fa da sfondo al romanzo di Nicola Lagioia, barese, vincitore del Premio Strega con “La ferocia” è una storia triste, spietata o meglio un delitto che ha riempito le pagine della stampa nazionale per l’efferatezza con cui è stato compiuto. 

Parliamo del delitto Varani, che ha scosso la città eterna. Nicola Lagioia affonda la sua penna, in una nitida e avvolgente scrittura tristemente “calda”, ricostruendo una trama sconvolgente e direi terrificante. Il libro che narra, appunto, la storia del delitto Luca Varani, ucciso, dopo essere stato torturato per diverse ore. 

Un delitto compiuto da due giovani Marco Prato e Manuel Foffo che incornicia “La Città dei Vivi” edito da Einaudi. Un assassinio, quello raccontato da Lagioia, macabro, ma soprattutto compiuto senza un motivo, senza un preciso movente, solo dettato dall’ottenebramento della mente umana. 

Ma come si possono compiere delitti di tale barbarie? È la deviazione della mente umana, è l’oscuramento dei sensi di colpa ad armare la mano di due uomini, che senza pietà decidono di compiere un delitto atroce. L’uccisione di Luca Varani è forse, quello più efferato compiuto negli ultimi anni, il più violento, commesso senza provare rancore, ma solo “piacere” di uccidere.

“La Città dei vivi” è un romanzo horror, ma più che un romanzo è una lunga storia raccontata con la sapiente e sagace penna di Nicola Lagioia. Fin dalle prime pagine il lettore viene quasi fagocitato e “preparato” perché Lagioia usa la tecnica narrativa della suspence per poi raccontare la nuda e cruda realtà.

Leggendo il romanzo sembra quasi rivivere in diretta l’omicidio perché il lettore resta avvolto dalla sequenza delle scene narrative. Manuel e Marco rovinano la propria vita senza alcun motivo. Il romanzo si apre con  una scena macabra e di sangue dentro una biglietteria del Colosseo. Siamo nella parte antica della Città Eterna, dove ci sono le antiche vestigia della Roma imperiale.

Quando il libro inizia a raccontare il delitto è stato già commesso. E subito l’orizzonte di Lagioia si sposta gli assassini per scoprire le loro personalità, attraverso le voci degli amici, dei familiari della vittima e degli interrogatori. Manuel Foffo si rifugia in un hotel e Marco Prato tenta il suicidio. Sono due ragazzi che si degradano fino ad annientare la propria vita perché Manuel e Marco, non sono amici, ma soltanto conoscenti che decidono di macchiarsi di un delitto atroce. Per   chissà cosa? Per vendetta, per satanismo, per un gioco macabro. Insomma in delitto senza un perché. 

Quello di Lagioia è, dunque un grande caso di cronaca  per i giornalisti, che diventa letteratura, attraverso uno sguardo sull’abisso. 

Mario Bocola

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