Lidia Croce immerge il dio Krishna nel mare di Taranto. La battaglia karmica dei bambini contro l’Ilva

by Teresa Rauzino

Lidia Croce, l’artista senese-canosina che spesso ha scelto la Puglia come fonte d’ispirazione per le sue opere, stavolta focalizza la sua attenzione su un tema di forte impatto sociale: il dramma che vede i bimbi di Taranto protagonisti di una vera e propria ecatombe contemporanea. Una strage di innocenti, causata dai fumi letali dell’Ilva, rappresentata in due dipinti.

Nel primo si vede l’ascensione dei piccoli dal mare tarantino verso un Paradiso di angioletti. Una narrazione nuda e cruda, senza fronzoli e circonlocuzioni inutili. Taranto è una città marittima, un tempo importante per il suo arsenale militare e per la sua storia, che la rese testimone della raffinata civiltà della Magna Grecia in Salento.  Protagonista della tela di Lidia Croce, dedicata ai bimbi di Taranto, è quindi il mare. Un mare molto agitato che emerge con forza a testimoniare la drammaticità dell’evento. Ma, nonostante l’atmosfera sia vitrea, la sensazione trasmessa dall’artista è positiva. Lidia Croce non vuole affatto sfruttare il pietismo insito negli eventi della vita, scorciatoia facile per un artista che vuole arrivare al cuore del pubblico, cavalcando l’avvenimento. In questo caso no. Si notano i corpi dei bambini che da realistici, partendo dalla spiaggia per librarsi verso il cielo, formano un semiarco di testine iconiche: faccine luminose di angioletti simboleggianti l’aldilà. Una trasmutazione che non è affatto negativa, triste, pessimistica, ma del tutto naturale. L’ascesa dei bambini verso l’alto è adduzione extraterrestre, ascensione che, come quella dei santi e di Cristo, non vede un’anima trasmutante ma un corpo. Il quadro non è realistico, ma profondamente spirituale. Questa è la vicenda vera, le morti terribili dei bambini privati della loro futura maturità, la vita che si interrompe allo stadio iniziale, e questo fa male…                            

E Mittal, la proprietà dell’Ilva? Secondo Lidia Croce, forse senza averlo realmente voluto o desiderato – come direbbero gli indiani-  è karmicamente presente all’evento, immerso nella vicenda. Protagonista suo malgrado in mezzo a questo campo di battaglia, senza che possa evitarla.

E azzarda una similitudine. Nella “Baghavad gita”, collocata nel IV parvan del poema epico indiano, si narra la vicenda di Arjiuna, un guerriero che si trova nel campo di battaglia di Kuruscetra e se ne fa un senso di colpa, finché il dio Krishna gli appare per rincuorarlo.

L’artista li ha stilizzati in due piccole icone, di cui una a cavallo, che si affacciano in alto, tra gli angioletti… Non ha voluto renderli protagonisti, perché il vero protagonista è il mare con i bambini che ascendono verso l’alto, verso il Cielo. “In un successivo quadro – preannuncia Lidia Croce – illustrerò la vicenda attinente ai due personaggi, dipingerò in grande il dio Krishina con Arjiuna e tanti cavalli che ricordano la famosa battaglia, ma l’ambientazione sarà tra le case e il paesaggio urbano di Taranto. In pratica, Mittal si trova karmaticamente inserito in questa vicenda e, vista la sua importanza, potrebbe essere l’ago della bilancia nella vicenda dell’Ilva. Potrebbe davvero fare la differenza, essendo un cultore della filosofia yoga che, sostituendosi all’antica teologia dell’antico popolo indiano, dà molta importanza all’operato dell’uomo, protagonista attivo del proprio karma. L’auspicio è che Mittal possa fare qualcosa, come i suoi tecnici dicevano all’inizio, cioè trasmutare il prodotto velenoso della lavorazione del ferro e del carbonio per ottenere l’acciaio, il CO2, il biossido di carbonio responsabile dell’inquinamento di Taranto, imbrigliandolo e trasformandolo in un elemento non inquinante. Poiché c’è già stata questa dichiarazione di volontà di Mittal di cambiare il Karma dei bambini di Taranto, Lidia Croce spera che i suoi quadri possano fungere da catalizzatori, spingere Mittal /Arjiuna a non abbandonare il campo di battaglia, che oggi è Taranto, esserci fino all’ultimo, a fare del suo meglio risolvendo una vicenda di cui inizialmente non è stato artefice. Sono altri i veri responsabili, coloro che hanno messo in piedi questo “tempio” velenoso in modo così incosciente, compresi i politici di un trentennio fa che la autorizzarono. Mittal potrebbe essere il salvatore di Taranto. L’intento della Croce è di spingerlo a un’azione in tal senso.

Certo, l’arte è libera, non deve lanciare un messaggio particolare, ma in questo caso esso emerge chiarissimo. Parlando di Taranto, l’artista non può esimersi dal narrare una vicenda così drammatica.     

Lidia Croce ribadisce che avrebbe potuto presentare soltanto il mare di Taranto senza i bambini, inducendo implicitamente alla riflessione. Ma in questo caso, siccome ama la figura umana, e anche per evidenziare più chiaramente la vicenda, ha deciso di inserirli.                           

In un altro quadro, ha ritratto Mittal con alle spalle Lakshmi, la dea della ricchezza. I genitori gli misero questo nome, denso di presagi fortunati, perché in India questa dea porta fortuna, ricchezza, abbondanza. In effetti Mittal non nasce affatto ricco, ma lo diventa in seguito. Ecco perché Lidia ha ritratto Lakshmi al quadrato, sono due i Lakshmi protagonisti. Il quadro, alla base, presenta delle ciminiere di Taranto che eruttano un fumo bianco e c’è anche una strisciolina di mare piccola piccola.        

 Lidia Croce fa una riflessione sulla potenza di Internet: “Oggi la realtà virtuale è così importante da sostituire l’esistenza reale delle cose.  Ecco perché questi miei due quadri andranno sì a Taranto, in una mostra organizzata dalle associazioni nei primi mesi del 2020, ma di fatto esistono già perché io li metterò in Rete. La realtà virtuale anticiperà quella reale. I quadri in Rete esistono, come esisto io, visto che esistono i miei quadri. Sperando che i decisori facciano la scelta salvifica da me auspicata per l’Ilva di Taranto”.

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