«Se ci fosse più poesia, saremmo un Paese meno rancoroso e più umano». La missione social de La Setta dei Poeti Estinti

by Michela Conoscitore

Social network e cultura, una sinergia sul cui successo pochi scommetterebbero. Per quanto musei, case editrici, scrittori, librerie ed enti culturali siano presenti massivamente e investano su questi canali comunicativi, escludendo le citazioni dell’iper usurato Charles Bukowski come didascalia sotto una foto e la frase ganza da condividere sul proprio profilo, la cultura non ha mai utilizzato i social per diffondere contenuti puri.

Questo fin quando, nel 2013, è approdata su Facebook La Setta dei Poeti Estinti, circolo letterario diventato poi un progetto culturale che si è prefissato l’obiettivo di divulgare la cultura attraverso i social, condividendo con i propri follower non solo citazioni di scrittori, spesso dimenticati o poco conosciuti, ma diffondendo anche contenuti e interagendo su determinati autori per appassionare alla letteratura. Dietro questo progetto brillante ci sono Emilio Fabio Torsello, giornalista e ideatore della community, e Mara Sabia, attrice e docente. L’ultima loro impresa è l’arrivo su TikTok dove con i loro video hanno raggiunto le duecentomila visualizzazioni. Sul social più seguito dai giovanissimi hanno deciso di portare con loro anche Dante.

bonculture ha intervistato Emilio Fabio Torsello.

Il nome del vostro progetto è esplicativo, date voce ad autori magari dimenticati o non troppo spesso ricordati. In un certo senso, ridate vita alla cultura. Perché avete sentito il bisogno di farlo?

Il nome del progetto si ispira a L’attimo fuggente, in quel film i protagonisti decidono di fondare La setta dei poeti estinti. L’idea di rifondarla è nata, fondamentalmente, dalla consapevolezza del bisogno di cultura sui social. Il progetto è partito proprio da lì, e poi è diventato un qualcosa che riuniva anche trecento persone in un museo per ascoltare i grandi autori. In un ‘luogo’ in cui solitamente si odia, si discute, ci si insulta abbiamo portato un po’ di poesia e tutto ciò che la poesia e la cultura portano con loro, come la gentilezza e i valori che spesso sui social sono ignorati a favore di una dialettica non troppo sana.

Può raccontarci il progetto culturale de La Setta dei Poeti Estinti?

Inizialmente siamo partiti con una pagina Facebook nel 2013, poi quando nel 2016 ha preso parte al progetto anche Mara Sabia abbiamo cominciato a crescere: sono iniziati i reading prima nelle librerie, e poi nei musei. Siamo stati ospitati per esempio alla Certosa di Padula, lo Stadio di Domiziano e la Basilica di San Giovanni a Roma. Abbiamo sempre cercato di unire letteratura e bellezza, portarla nei luoghi d’arte. Con la pandemia siamo tornati prettamente sui social, in attesa che si riapra.

Ovviamente siete seguitissimi sui social: chi forma il vostro pubblico?

Su Instagram oltre il 76% del pubblico che ci segue ha tra i diciotto e i trentaquattro anni, quindi un pubblico molto giovane a cui si aggiunge un 12% di persone che ha tra i trentacinque e i quarantaquattro anni. I nostri follower sono studenti e lavoratori, mentre su TikTok, il social dei giovanissimi, adesso ci seguono quarantamila ragazzi. Lo smartphone è uno strumento per diffondere cultura, lo teniamo molto tempo tra le mani, sicuramente più di un libro, e permette di incuriosire chi ci segue e magari invogliare a fare un passo successivo, andare a casa o in libreria e iniziare a leggere un libro.

Quanto oggi i social sono necessari nel diffondere la cultura?

I social sono fondamentali, soprattutto adesso con la pandemia. Attraverso di essi musei, teatri e tutte le altre realtà culturali possono comunicare ma soprattutto possono non farsi dimenticare e continuare a fidelizzare il proprio pubblico. La Galleria Colonna, Palazzo Merulana, il Castello di Santa Severa, per fare un esempio, in tutti questi mesi di chiusura hanno continuato a raccontarsi sui social e al momento della loro riapertura la gente vorrà vedere con i propri occhi quel che hanno potuto scoprire al computer. I social sono uno strumento che la cultura e i vari enti culturali dovrebbero utilizzare in maniera molto più massiccia, e anche con un pizzico di qualità in più.

A proposito di TikTok, sono sorprendenti le visualizzazioni dei vostri video. Quale tipologia di video proponete su questo social?

Sui social per farsi conoscere sono molto importanti i video. I post fotografici oltre ad essere, in generale, meno indicizzati sono anche poco efficaci. I video, soprattutto quelli brevi da trenta secondi, su TikTok e Instagram sono i contenuti che vengono indicizzati e fruiti maggiormente. Su questo social, in particolare, cerchiamo di fare video brevi dove non parliamo di poesia, come facciamo su Instagram e Facebook, ma proviamo a fornire dei contenuti pratici per i ragazzi che ci seguono. Dalle figure retoriche alla lingua italiana, gli errori da non fare e i modi corretti di scrivere, e da poco abbiamo iniziato a postare con la consulenza del professore Giulio Ferroni una serie di contenuti che abbiamo declinato anche per TikTok, La Divina Commedia a misura di social, proprio per portare sui social l’opera e Giulio Ferroni, in questo senso, è un’autorità. Quindi contenuti pratici e approfondimenti letterari.

Non solo social, il vostro raggio d’azione in tempi normali è fatto anche di molti eventi live. Ne state programmando già qualcuno in attesa di tempi migliori?

Non sapendo quando avverranno le riaperture, non ancora. Anche se siamo sempre in contatto con le realtà con cui abbiamo già collaborato e pronti a ripartire appena si potrà. Tra queste Palazzo Merulana, museo tra i più belli di Roma che custodisce le opere di De Chirico, Balla, Boccioni. Un luogo meraviglioso dove abbiamo organizzato tanti eventi, seguitissimi e a pagamento. Una scelta, quindi, quella delle persone di andarci. Organizziamo anche eventi gratuiti, per democrazia della cultura.

Il racconto che si fa dell’Italia, soprattutto all’estero, è legato a doppio nodo alla cultura. Ma è davvero così, l’Italia è un paese affamato di cultura?

Sì, anche se il valore della cultura in Italia si sta un po’ perdendo. Soprattutto nei giovani, che spesso la subiscono a scuola. La scuola non la insegna male, ma spesso la cultura viene vista come un obbligo e non come un’opportunità. Spesso nei commenti i ragazzi ci scrivono: magari avessi dei professori come voi. In realtà, la cultura in Italia viene insegnata molto bene a scuola, il problema è come viene percepita. Ci stiamo dimenticando il valore di quello che potrebbe dare la lettura di un classico, l’andare a vedere uno spettacolo teatrale. Si legge sempre meno, sei italiani su dieci hanno dichiarato di aver letto un libro all’anno. A me viene da chiedermi che tipo di libro abbiano letto. La velocità della vita quotidiana, gli impegni, assediati dalle notifiche, il tempo per concentrarci e leggere un buon libro, dedicarci espressamente alla cultura viene sempre meno. A lungo andare questo stile di vita potrebbe minare la voglia di cultura, ma oggi ce n’è ancora tanta e speriamo che regga!

La cultura ha bisogno di ambasciatori?

La cultura ha tremendamente bisogno di bravi ambasciatori, così come c’è bisogno di buona poesia. Di bravi ambasciatori c’è bisogno soprattutto adesso, con teatri e musei chiusi. A mio avviso, il nostro è un tempo in cui se ci fosse più poesia, più cultura saremmo anche un Paese meno rancoroso e più umano. Saremmo sicuramente più solidali tra noi.



Photocredit: Danilo Sanfilippo

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