La Via Crucis al tempo del Coronavirus

by Luca Pernice

Sin da quando ero piccolo il periodo di Pasqua era un momento particolare non solo per la rottura dell’uovo di cioccolata, che per due settimane prima stazionava sulla mensola più alta della libreria di casa, ma anche per il venerdì santo. Quello era il giorno in cui ci si recava per le strade di Foggia ad assistere alla Processione. Dal pomeriggio alla sera, le statue dei misteri attraversavano le vie principali della città, scortate dalle tante confraternite, dai fedeli in ossequioso silenzio: un silenzio rotto solo dagli strumenti dalla banda cittadina che accompagna il triste e struggente corteo con musiche consone all’evento.  Una solennità che si ripeteva ogni anno ma che, ogni anno aveva una suggestione sempre nuova.

Il momento che ricordo con più emozione, come del resto tutti i foggiani, è l’incontro tra la statua dell’Addolorata e il Cristo. La tradizione foggiana vuole che le due statue – della Madre e del Figlio – si avvicinino e si allontanino per tre volte. Un evento che dura da secoli e il cui significato non è ancora certo. C’è chi lo fa risalire al numero tre che ha un alto valore simbolico nel mondo cristiano. Il numero tre è il simbolo della perfezione, della completezza, che condivide con il 7 e il 10. Tre sono le persone della Trinità, espressione perfetta della relazione amorosa e ordinata che si esplica dal Padre al Figlio per mezzo dello Spirito. I Re Magi che giunsero alla grotta del redentore erano tre, cosi come gli apostoli che rimasero accanto a Cristo nell’Orto degli Ulivi. Ed erano tre anche i giorni in cui Gesù rimase nel sepolcro prima della resurrezione. Il tre è il numero perfetto anche nell’Antico Testamento: tre sono le parti del Tempio, tre i figli di Noè, cosi come i giorni delle tenebre in Egitto prima dell’esodo e i giorni che Giona visse nella balena.

Per altri, invece, i tre movimenti delle due statue della Via Crucis del Venerdì Santo a Foggia, ricordano i momenti in cui durante la Passione Maria cercò di avvicinare il Figlio. La prima quando Gesù era dal Pretorio di Pilato, la seconda sul Golgota quando Gesù è sulla croce e la madre ai suoi piedi. La terza volta, quando effettivamente Maria riesce ad abbracciare il Figlio, quando Gesù è deposto dalla Croce. Una figura passata alla storia attraverso l’arte con la meravigliosa scultura della Pietà di Michelangelo.

Ma per altri, invece, quei movimenti non sono legati ad alcun numero o tradizione cristiana ma fanno parte della cultura e tradizione folkloristica e devozionale della Passione foggiana.

Indipendentemente dal significato di quei tre incontri o tentativi di incontro essi sono sempre stati legati ai fedeli della città. La logica dell’incontro è quella dell’amore che anche nel momento più buio resta lì e non scappa. La Madonna segue sempre il figlio che ama, anche quando è crocifisso e deposto nel sepolcro. Per “empatia” il cuore della Madonna, così come anche gli abiti folkloristicamente della statua, esprimono il concetto del nero tenebroso degli inferi, del dolore – per questo Madonna Addolorata -, ma allo stesso modo con il quale Maria è associata alla passione del Figlio, a Pasqua, nella resurrezione, è associata alla gloria del figlio.

I fedeli quest’anno si vedranno privati di questa loro tradizione. E sarà la seconda volta in pochi mesi che i fedeli saranno orfani di un qualcosa che è profondamente legato alla storia di Foggia. Anche per chi non è Cristiano. Perché la pandemia ha tolto loro anche la tradizionale processione dell’Iconavetere, la Patrona di Foggia. Le imposizioni volute dal Governo per arginare il contagio del virus hanno costretto le chiese a chiudere le celebrazioni eucaristiche. Anche tutti quei riti legati alla Settimana Santa. Dunque nessun incontro tra l’Addolorata e il Cristo.

Proprio qualche giorno fa parlavo con un mio amico, che è anche parroco, don Giulio, sul fatto che la città quest’anno non vivrà questi tradizionali incontri.   Come spesso accade quando si parla con don Giulio la sua riflessione è stata illuminante. “Luca – mi ha detto – anche se quest’anno l’incontro con le statue non avviene per strada, sta in realtà avvenendo ogni giorno nelle corsie degli ospedali, nel servizio di carità. L’amore non scappa, insieme nel buio di questi giorni, insieme nella gioia futura”.

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