Occhi aperti su Foggia (Monetine sulla città)

by Lea Durante

Alla ratifica delle liste elettorali per le elezioni regionali del prossimo 21 settembre, che escludono sua cognata, il sindaco di Foggia Landella risponde con un colpo di teatro: chiama Salvini in una conferenza stampa nella sala del Consiglio comunale e con parole fra il fideistico e il tribale gli affida la città, dichiarando di voler vedere sventolare sul “campanile” la bandiera della Lega.

Il fatto è delirante, ancorché verissimo. Il primo cittadino vede in TV Trump, Putin, altri bui leader carismatici di questo tempo afflitto e pensa di imitarli, come i bambini che giocano alle cose dei grandi. La sua storia di padrino scomposto, però, non inizia adesso ma almeno da quando alle scorse elezioni regionali la sua adorata cognata Michaela Di Donna risultò prima fra i non eletti di Forza Italia. Un uomo a L’Avana – anche se di sesso femminile – mancato solo per un pelo, e che sarebbe stato utilissimo al gioco del potere del sindaco foggiano, che nella famiglia della moglie poteva già contare sull’importante appoggio del suocero, Massimo Di Donna, esperto organizzatore del consenso forzitaliota locale, e padre appunto di moglie e cognata, morto lo scorso autunno. Al nuovo giro, quello che sembrava un posto sicuro in lista viene avversato dai capibastone spaventati dalla concorrenza, complice la perdita della buonanima.

Landella inizia allora a bussare a porte diverse, ma il numero delle poltrone diminuito a partire dalla scorsa legislatura, i veti incrociati e il fuoco amico vincono sulle pressioni del sindaco. Ecco allora la trovata, convenzionale quanto a squallore, originale nella forma: trasformare un luogo istituzionale in una tribuna di partito per assegnare populisticamente e ufficialmente al capo politico della Lega un ruolo che semplicemente non esiste negli ordinamenti, ovvero quello di nume tutelare e plenipotenziario morale del capoluogo della Capitanata. Precipitiamo d’improvviso in epoche storiche diverse, in rapporti di affidamento di tipo feudale, in una dimensione nella quale lo spazio pubblico e quello istituzionale vengono ridotti a proprietà di famiglia, appunto. La città di Foggia non può accettarlo. Non solo la parte più progressista che da tempo prova imbarazzo per l’amministrazione stracciona di Landella.

Anche chi sostiene il sindaco, chi l’ha votato dovrebbe esercitare il proprio giudizio, il proprio diritto a trovare nel primo cittadino una competenza giuridica minima per l’esercizio della funzione a cui è chiamato. Ma il teatro vernacolare di Landella non può essere accettato neppure fuori dai confini della città, dalle donne per esempio. La strumentalizzazione della doppia preferenza per far passare candidature di comodo era un rischio chiaro da sempre alle promotrici di questa battaglia di civiltà. Da qui a doverci confrontare con una sfacciata esternazione di potere maschile con complici femminili che hanno orecchiato e ripetono qualche battuta di empowerment o di pari opportunità, il passo si fa più amaro, e reclama un innalzamento dell’asticella della vigilanza (anche se a liste chiuse, ormai. Ma vale sempre).

Mantenere alta l’attenzione sul caso foggiano è necessario per tutto il Sud, perché una pratica tanto spregiudicata non si replichi, non solo inquinando altre realtà, ma minando il cuore stesso del rapporto di rappresentanza, attraverso un uso disinvolto e minaccioso delle cariche pubbliche. Ancor più importante è dirlo oggi, a pochi giorni dallo scellerato referendum che vuole ridurre il numero di deputati/e e senatori/rici. Il vincolo che ci unisce alle persone che eleggiamo è una garanzia per la democrazia, e il prestigio delle istituzioni, se condiviso, se non messo continuamente in forse, lo irrobustisce e lo protegge da altre forme di esercizio del mandato che a quanto pare si fanno strada spontaneisticamente e senza regole nè sanzioni. Bisogna impedirlo. Impedirlo con la presenza, con la partecipazione, con la ricostruzione di intelligenze collettive, con azioni politiche dal basso. Ben vengano quindi presìdi, interventi, prese di posizione. Prima fra queste la manifestazione Sleghiamo Foggia, giovedì 27 agosto, alle ore 10,00 davanti al Municipio, organizzata da Foggia non si lega. Porterò monetine rosse e le lascerò sulle scale del Palazzo. Questa pagina scura potrebbe essere un’occasione positiva, se le forze sociali e politiche della città sapranno coglierla.

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