Voci per Vico e l’amore garganico di Francesco Esposito: «Sul Gargano la cultura può aiutarci a trovare un’idea di comunità, un senso collettivo per una società illuminata».

by Felice Sblendorio

Un festival dedicato alla riflessione e alle contaminazioni: teatro, musica, danza, burattini, cinema, libri. È questo il filo rosso che lega le attività colte e ricercate di “Voci per Vico”, la rassegna che animerà fino 19 agosto il centro storico di Vico del Gargano. L’iniziativa, sostenuta dal Comune di Vico, dalla Regione Puglia e dal Teatro Pubblico Pugliese, per la sua terza edizione si struttura e propone 11 spettacoli, 2 presentazioni di libri, 4 proiezioni cinematografiche. Al centro della rassegna un tema di riflessione: il femminicidio, piaga sociale e comunitaria che verrà affrontata e problematizzata con l’arte e con delle testimonianze dirette. Nonostante i cartelloni estivi siano dominati da una certa leggerezza delle proposte culturali, il direttore artistico della manifestazione, il regista Francesco Esposito, ha scelto una visione controcorrente.

«Tutta l’associazione “Voci per Vico” ha sposato il desiderio di esplorare questo tema e di accendere una luce di riflessione sulla violenza e sulla rabbia che viene esercitata sul corpo e sull’animo femminile», racconta Esposito a bonculture. «Il titolo dell’edizione è: “Credevo mi amasse”. L’abbiamo proposto, scegliendo anche spettacoli leggeri e ironici, per affrontare un problema che, durante il periodo della pandemia, si è ulteriormente aggravato. La stagione estiva, per noi, non è solamente leggerezza e divertimento, ma è un momento utile per approfondire tematiche sociali che riguardano tutti. Lo faremo ovviamente con l’aiuto di tante voci artistiche: dalla prosa al teatro di figura, dai burattini alla danza, dalla musica al cinema, passando per i libri, le riflessioni e le testimonianze. Cerchiamo, nel nostro piccolo, di cambiare le coscienze e di far riflettere con l’arte. Il nostro obiettivo è ricordare che queste realtà esistono, anche qui, fra di noi».

Dopo gli spettacoli “Violenta(te)”, “C’era due volte un piede” e “Il mio secondo cuore”, il programma entra nel vivo e continua domani alle ore 21.30 con “Filippo”, monologo di Federica Quaglieri per la regia di Walter Garibaldi. La pièce, che parla della nascita e delle conseguenze di un amore violento, è stata scritta da Betta Cianchini e presentato alla Camera dei Deputati.

La scelta degli spettacoli, in questi primi tre anni di attività, è stata premiata da una nicchia di qualità, da un pubblico interessato e motivato dalla proposta culturale garganica. «Fare cultura è sempre difficile: non cambia molto il luogo, perché ovunque è difficile farla bene», continua Esposito. «Costruire un programma con scelte culturali diverse è complesso, ma il pubblico di Vico in questi anni ci ha premiato. Nel 2018 abbiamo avuto la fortuna di avere quasi 4mila spettatori in piccole piazzette del centro storico. Il nostro pubblico è un pubblico che sceglie di venire a teatro, non è di passaggio. Un pubblico che premia una proposta culturale ricercata e, dopo gli spettacoli, si trattiene ancora per ascoltare, discutere, confrontarsi».

Il borgo antico di Vico, in questo festival, è un protagonista attivo, una cornice che influenza e determina l’impegno culturale. Fra Santa Maria Pura, Palazzo della Bella e la spiaggia di Calenella,Voci per Vico” valorizza idealmente, tramite l’arte, la proposta (ormai sfumata) dell’archistar Gae Aulenti che, nel 2003, aveva immaginato un albergo diffuso proprio nel borgo di Vico. «Prima dell’emergenza Covid abbiamo cercato di fare spettacoli in piccole piazzette per far rivivere il centro storico e per unire idealmente scorci meravigliosi del borgo. L’idea di Gae Aulenti, che ho avuto il piacere di conoscere quando lavoravo con Ronconi, sfortunatamente non è mai partita. Oggi, però, ci sono tante realtà di b&b che operano sul territorio e a noi piace lavorare assieme per tentare di muovere una realtà che ha bisogno di crescere, tramite programmazioni attente e comunioni di intenti, con una rapidità maggiore».

Quest’anno, causa Covid-19, il festival non ha diminuito la sua proposta artistica, ma ha limitato la partecipazione, introducendo tutte le misure indicate dal Governo per le attività culturali dal vivo. «Da spazi per 200 persone siamo arrivati a 110. Oltre alla crescita culturale, oggi bisogna pensare anche alla nostra salute e a quella dei nostri spettatori. Dunque: distanziamento, tracciabilità, mascherine e, dal 6 agosto, anche l’obbligatorietà del green pass all’ingresso».

Il programma – consultabile integralmente su www.vocipervico.it – continuerà il 2 agosto con lo spettacolo di AltraDanzaCredevo mi amasse”, il 5 agosto con la presentazione del libro di Stefania Prandi,Le conseguenze. I femminicidi e lo sguardo di chi resta”, il 7 con “Quarantena” per la regia di Michele Orsi Bandini e l’11 agosto con “Fedelmente tua”.

Chiude il festival “La valigia delle illusioni”, prodotto dalla compagnia Voci per Vico e diretto dallo stesso Francesco Esposito. Esposito, una vita a Bologna e un cuore sul Gargano, è regista e costumista teatrale, direttore di più di 300 titoli di opera, fra lirica e prosa. Ha collaborato con Ronconi, Fo, Lavia, Lavelli, ha fondato l’Accademia Harmonica e, per un amore garganico di lunga data, dal 2017 anima il centro storico del borgo con Voci per Vico.

«L’amore per il Gargano è un amore di lunga data. Ci sono arrivato nel 2000 per un corso di recitazione della comunità europea. Ci sono arrivato e mi sono innamorato del paese, del centro storico, della gente affabile con cui mi piaceva stare, dialogare, confrontarmi. L’anno successivo ho diretto un’opera al Teatro del Fuoco di Foggia e, al ritorno a Bologna, avevo deciso con la mia compagna di ritornare a Vico per una vacanza. Da quella vacanza abbiamo comprato e ristrutturato una casa nel centro storico. La sera, però, questo centro bellissimo era letteralmente morto. Così, dal nulla, ci siamo inventati un aperitivo letterario molto casalingo: una damigiana di vino comprata da noi, qualche tarallo e l’impegno, per chiunque si fermasse, a leggere una poesia. Si faceva amicizia, si socializzava. Una sera Gaia, la mia compagna, mi ha proposto di realizzare uno spettacolo teatrale e credo sia stato quello il motore per organizzare e ideare anni dopo un festival come Voci per Vico», racconta il regista bolognese.

In vent’anni Esposito ha notato un’effervescenza, amplificata dall’efficace storytelling pugliese, ancora non totalmente strutturata qui sul Gargano. Molti festival, infatti, sono morti, hanno cambiato pelle, non sono riusciti a consolidare pubblici e rapporti istituzionali. «È importante capire e analizzare il come e il perché queste belle realtà si siano fermate. È importante capirlo perchè negli anni si è mosso qualcosa. Penso al bellissimo Mukanda Festival che proprio a Vico ha realizzato qualcosa di fantastico. Anche se una singola realtà muore bisogna interrogarsi sul perché: la colpa non è mai degli amministratori o degli operatori culturali, ma è condivisa. Bisogna anche vedere come risponde il territorio, ma quello un è fattore che va osservato – con costanza e dedizione – nel tempo. Bisogna provarci, collaborare fattivamente e fare, fare, fare. Se poi la realtà è più forte del sogno e del desiderio di cultura, solamente allora ci si potrà fermare. Ma io sono convinto del contrario: sul Gargano la cultura può aiutarci a trovare un’idea di comunità, un senso collettivo per una società illuminata. Non scoraggiamoci, anche qui è possibile».

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