Legalità in Capitanata, la stampa si interroga. Ma basta trattarla come “invisibile”. L’impegno della Consulta

by Nicola Saracino

“Quando sento la Ministra della Giustizia Cartabia dire che ‘Foggia ha diritto a una nuova storia’ penso che la storia sia fatta anche di quelle persone che hanno raccontato o provato a raccontare quello che è successo”.

Nelle parole di Daniela Marcone, vice presidente nazionale di Libera, ci sono dentro anche storie di giornalisti che hanno avuto il coraggio di scrivere di mafia in una terra che per colpa della mafia ha subìto scioglimenti di Comuni e pianto vittime, e che ha un futuro tutto da scrivere.

I giornalisti sono stati i protagonisti dell’incontro “Foggia e la Capitanata, un caso aperto”, promosso dal Gruppo Comunicazione della Consulta per la Legalità della Provincia di Foggia. A Palazzo Dogana si sono alternati giornalisti locali, da Rosalia Marcantonio (Assostampa Puglia), Massimo Levantaci (Gazzetta del Mezzogiorno) e Antonella Soccio (Bonculture), e nazionali come Piero Ricci (Presidente OdG Puglia) Raffaele Lorusso, (Segretario Generale FNSI), Roberto Natale (Rai per il Sociale).

Si è trattato del primo, importante, momento di confronto tra esponenti del mondo della stampa su un tema tremendamente attuale e che necessita più che mai di approfondimenti. Gli interventi sono stati moderati dal giornalista Gennaro Pesante.

Daniela Marcone, unica ospite non giornalista, ha parlato della sua tragica esperienza dopo l’assassinio del papà Francesco e di come, da 26 anni, lotta per dargli giustizia. In questa storia, l’informazione ha avuto e ha un ruolo importante: “Se non avessi avuto i giornalisti ad accompagnare la mia storia sarebbe stato tutto inutile. Nel corso della mia esperienza con Libera ho curato la sezione ‘Memoria’ sulle vittime innocenti di mafia, e Don Luigi Ciotti lo chiese a me perché sapeva che io con la mia storia portavo dentro quella di tutta la mia città – ha sottolineato la Marcone -. All’inizio avevo grande difficoltà a raccontare la mafia di Foggia perché se ne parlava poco e non si conosceva molto. Inizialmente sembrava un problema di poco conto, e la stampa locale veniva accusata di fare solo cronaca. In realtà l’approfondimento è stato fatto e questo lavoro ha permesso di capire la verità. Ho fatto affidamento sui racconti vostri, di chi ha vissuto questa realtà”. “Noi con la penna ci lavoriamo, la dobbiamo impugnare per far conoscere a questo territorio la “prigione” in cui è stato rinchiuso e formare le coscienze – ha sottolineato Roberto Natale -. I giornalisti foggiani hanno una responsabilità più forte rispetto ai loro colleghi pugliesi perché il loro lavoro da’ torto a chi si lamenta della distrazione degli organi di informazione sul tema dell’illegalità e dei fenomeni  criminali. Viviamo in un contesto in cui le aggressioni, verbali e fisiche, non mancano. E questo da’ ancora più valore al coraggio di fare questo lavoro”.

Difficoltà che vive soprattutto chi fa questo mestiere nei media locali: “Ci sono redazioni dove lavora un solo giornalista, non contrattualizzato. Ce ne sono altre con giornalisti con contratti lontani da un minimo dignitoso. Così non si può lavorare come vorremmo e dovremmo – ha affermato Rosalia Marcantonio -. A Foggia la platea di giornalisti che svolgono questa professione è diminuita, molti sono emigrati. I giornalisti delle testate locali sono quelli più a rischio. La politica continua a essere sorda di fronte alle richieste sull’equo compenso e la regolarizzazione. La situazione in Capitanata è delicata. Ma nessun giornalista deve sentirsi solo, questi sono problemi della collettività”.

Concetto rimarcato anche da Antonella Soccio: “A volte ciò che raccontiamo collima con la fonte, che in alcuni casi non è la verità assoluta ma rappresenta solo una parte della verità. Si è rotto il silenzio, è vero, ma ciò che dovrebbe contare è il distacco dalla fonte”. Poi un rimando doveroso alla Gazzetta del Mezzogiorno, da alcuni mesi non più in edicola, che questo territorio lo racconta da anni: “E’ un danno per tutto il panorama informativo locale”. Gazzetta rappresentata all’incontro da Massimo Levantaci: “Ci sono dei germogli di speranza e novità che stanno venendo fuori in questa comunità. Come Gazzetta del Mezzogiorno siamo da 4 mesi che siamo fuori dal panorama dell’informazione. Dovremmo tornare in edicola tra poco ma quello che mi ha stupito in positivo è la grande quantità di persone che ci ha mostrato solidarietà. Il ruolo che svolge la Gazzetta in questo territorio è particolarmente importante, ma tutto il mondo del giornalismo riveste una funzione fondamentale, spesso senza gratificazioni”.

Per Raffaele Lorusso “questa iniziativa è necessaria perché se la Capitanata oggi è un caso aperto, un esame di coscienza devono farlo tutti. Quello che è accaduto a Foggia deve provocare una reazione sociale, a partire dalle forze dell’ordine e la magistratura ma anche i professionisti devono fare la propria parte. I cittadini devono riappropriarsi di questo territorio, e per rimetterlo in moto bisogna ricostruire una rete sociale”. Anche Piero Ricci ha allargato gli orizzonti nel rapporto legalità/informazione: “Interessa la legalità in Capitanata ma è importante anche guardare alla legalità in questo lavoro. Agli editori italiani sono concesse agevolazioni come per nessun altro imprenditore e questo poi grava sui lavoratori. C’è cronaca e cronaca: lo scioglimento per mafia è una cosa straordinariamente grave che però fatica ancora a trovare le “prime pagine”. E uno dei difetti dell’informazione è che a volte si pensa che quello che accade nelle grandi città vada bene per l’intero Paese. È importante la presenza sul territorio, allontanarci da quella cronacaccia morbosa che a volte manca di rispetto alla sua reale valenza sociale”.

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