Serafino della Concezione, il frate pugliese antesignano del terribile Rasputin

by Carmine de Leo

Non si direbbe, ma il più famoso Grigorij Efimovič Rasputin, mistico russo che spadroneggiò alla corte degli zar di Russia nei primi anni del secolo scorso, ebbe in un’altra corte europea, quella dei Borbone di Napoli, un antesignano nel frate alcantarino pugliese Serafino da Soleto.

In questa cittadina del Salento, Francesco Antonio Cristoforo era nato nel 1704 in una famiglia benestante, da Nicolò Antonio e Teresa Manni.

Giovanissimo, nel 1725, indossò come frate laico l’abito dell’ordine dei Frati Minori Alcantarini, prendendo il nome di Serafino della Concezione.

Trascorse i suoi primi anni di religioso presso il convento di quest’ordine in Lecce; dal padre provinciale, dopo alcuni fu destinato a Napoli, allora capitale dell’antico Regno delle Due Sicilie.

Durante il soggiorno in questa città, fra Serafino della Concezione, molto presto, ebbe modo di farsi conoscere per la sua innata modestia e per le cose veramente meravigliose di sua vita, com’è riportato in vecchi manoscritti e biografie che lo riguardano conservati presso l’Archivio Provinciale dei Frati Minori di Lecce.

Richiamato in seguito a Lecce, dopo poco tempo, su pressione di vari esponenti dei casati nobiliari napoletani più in vista, fra Serafino fu nuovamente trasferito nella capitale partenopea e questa volta con l’incarico ufficiale di curare a Napoli gli interessi dei frati della provincia minorita di Lecce.

La cronaca della sua biografia ci informa che frate Serafino nelle infermità era il primo medico: tutti i disturbi che nelle case de Magnati sogliono accadere, a lui solo si palesavano, ed egli n’era il compositore; ed in somma di tutte le afflizioni, e travagli domestici, era il consuolo e il sollievo di tutti.

Un intuitivo, un guaritore, oppure solo un grande consolatore, un guaritore di menti afflitte, la cui arma erano solo delle belle parole?

La sua fama si sparse ben presto fra i casati più altolocati della Napoli del Settecento e non sfuggì neppure a due note dame di corte, la principessa di Palo e la duchessa di Castropignano, la nobildonna Zenobia Revertera.

Quest’ultima era l’autorevole ed influente favorita di Maria Amalia di Sassonia, regina di Napoli e poi di Spagna, consorte di re Carlo di Borbone, poi re Carlo III di Spagna.

La fama di fra Serafino della Concezione non tardò ad arrivare alle orecchie dei reali e l’umile frate di Soleto fu quindi invitato a corte per una udienza con la stessa regina, che sperava in cuor suo, dopo aver avuto due figlie femmine, nella nascita di un erede maschio.

In occasione dell’incontro, caldamente le Loro Maestà si raccomandarono alle di lui orazioni affinché il Signore Dio per l’intercessione del glorioso S. Pasquale, si fosse compiaciuto di far nascere un maschio.

Fra Serafino quindi, dopo aver esposto alla venerazione dei sovrani una reliquia di S. Pasquale, invitò la regina a recitare una Novena dedicandola a San Pasquale, di cui mostrò ai reali una reliquia.

Le preghiere ebbero il loro effetto e la regina Maria Amalia il 13 giugno del 1747 partorì finalmente un figlio maschio, cui fu dato il nome di Filippo Pasquale.

Questo principino non fu l’unico maschio, subito dopo la regina partorì Carlo Pasquale e poi ancora Ferdinando, destinato a diventare il futuro re di Napoli.

Questo fortunato epilogo spalancò le porte della reggia a padre Serafino che, chiesta l’autorizzazione al pontefice, battezzò personalmente i principi di casa reale, acquisendo in tal modo il titolo di compare della coppia reale, ovvero di padrino dei principini.

Il frate, inseguito dalla sua fama, battezzò anche molti rampolli della nobiltà, quali i figli dei principi Doria, Bisignano, Riario, dei duca di Monteleone, di Castropignano, di Laurino, del marchese del Vasto e di moltissimi altri nobili dell’antico Regno di Napoli.

La fama dell’umile padre di Soleto, che ormai non disdegnava di recarsi anche per lunghi periodi a corte, si diffuse in tutto il regno ed arrivò anche a Lecce.

L’umile frate era diventato ormai uno dei padri spirituali e consiglieri della regina e del re e grazie a questa sua posizione di potere riusciva anche a dispensare anche molti favori al suo ordine.

Nello stesso ambiente della corte a qualcuno l’influenza che padre Serafino aveva sui sovrani e sulle politiche ecclesiastiche del governo, dava parecchio fastidio.

Preoccupato di veder sminuito il suo potere, il confessore dello stesso re, monsignor Giuseppe de Bolanos, sentiva ormai svalutata la sua influenza sugli stessi e vedeva di cattivo occhio l’ascesa di fra Serafino nel cuore dei due sovrani.

Le gelosie, si sa, fanno presto a sorgere e il povero fra Serafino da Soleto non ne fu esente.

E’ vero, qualche piccola concessione alle regole del suo ordine monastico dei Frati Minori Alcantarini egli l’aveva pur fatta, ma era nulla in confronto a quanto era riuscito ad ottenere in favore dei suoi confratelli.

Infine, egli fu accusato di spostarsi in carrozza, di aver accorpato sulla sua persona troppi incarichi, di essersi fatto costruire un piccolo coro personale per meditare in solitudine, di aver sperperato il denaro delle elemosine in viaggi a Roma, Assisi, Loreto e Venezia e di non chiedere mai il permesso ai suoi superiori per i lunghi periodi passati a corte, anche se erano pur sempre il re o la regina a invitarlo.

Del resto, fra Serafino, proprio grazie a questa sua assidua vicinanza ai coniugi reali riuscì ad ottenere dal re cospicui fondi e le rendite per realizzare e mantenere nuovi conventi del suo ordine, sia a Napoli che nella sua regione di origine, la Puglia, in particolare nella città di Taranto.

Ma le azioni buone si dimenticano presto e il povero frate di Soleto, fu infine travolto dal suo stesso mito e costretto a ritornare all’umile esistenza di frate minore, condizione in cui morì nel 1767.

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