Agli Uffizi “Lo sfregio” e il busto di Costanza Piccolomini Bonarelli, la donna deturpata dalla violenza dei Bernini. Dalle ferite si può ricominciare

by Michela Conoscitore

Gian Lorenzo Bernini è l’impareggiabile scultore tra le tante dell’Apollo e Dafne, dell’Estasi di Santa Teresa e architetto dell’iconico colonnato della Basilica di San Pietro in Vaticano. Tuttavia, Bernini scolpì anche un piccolo busto che nelle sue intenzioni doveva rimanere privato, ad uso e consumo dei suoi occhi, per poter ammirare costantemente la bellezza della sua amante. Lei era Costanza Piccolomini Bonarelli, nobile senese decaduta che nel Seicento viveva a Roma, sposata con uno degli allievi del Bernini.

Quel busto non rimase privato, e fu venduto dallo stesso Bernini a Giovan Carlo de’ Medici. Trovò casa agli Uffizi, intorno alla metà del XVII secolo, e poi da lì in tempi più recenti si spostò al Museo del Bargello. Oggi è tornato momentaneamente in esposizione alle Gallerie degli Uffizi, e lo si potrà ammirare fino al 19 dicembre prossimo, perché Costanza vuole raccontare la sua storia ai visitatori, una storia tremendamente attuale. Bernini oltre all’immensa produzione artistica si è reso autore di un atto efferato ai danni di Costanza, un uomo geloso e passionale che ha creduto oggetto di sua proprietà la donna di cui si era innamorato. Il percorso espositivo, ospitato tra le sale dedicate a Michelangelo e Leonardo, coniuga passato e presente per sensibilizzare sul prossimo 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Lo Sfregio, quindi, parte dal busto del Bernini e avvia una narrazione toccante e significativa grazie ad un ritorno al presente con il ciclo di foto ‘Il dolore non è un privilegio’, firmato da Ilaria Sagaria che ritraggono donne sfregiate con l’acido.

Costanza, giovanissima, grazie ai contatti del marito Matteo Bonarelli col mondo dell’arte, conobbe entrambe i fratelli Bernini, Gian Lorenzo e Luigi, seppur in momenti diversi. Dapprima fu colpita dal più giovane, Luigi, ma poi Gian Lorenzo si impose con la sua protervia e cominciarono a frequentarsi. Eppure, quel sentimento per Luigi in Costanza non si spense mai. Costretta al matrimonio, come era d’uso all’epoca, con un uomo più grande aveva trovato in Luigi l’amore. I due, così, decisero di viverlo tenendolo nascosto allo scultore. In questi casi, le circostanze remano sempre contro gli innamorati e fu così che Bernini scoprì il tradimento dei due. Poco distante dal colonnato di San Pietro in costruzione, picchiò selvaggiamente il fratello e solo l’intervento dei passanti riuscì ad evitargli la morte. A Costanza, in quanto donna, toccò la pena più crudele: raggiunta presso la sua abitazione da un servo del Bernini, con la scusa di un dono da parte dell’amato, la donna fu sfregiata in volto con un rasoio, di cui portò a vita la cicatrice che andò a deturpare la sua bellezza. Il Bernini ricevette soltanto una multa di tremila scudi che gli fu comminata dall’amico pontefice, Urbano VIII, ricevendo così la totale e completa assoluzione. Cosa successe a Costanza? Come accade anche oggi, la società abbandonò la donna ad una solitaria riappropriazione della propria condizione e dignità. Dopo aver scontato una pena per aver commesso adulterio, fu riaccolta a casa dal marito, e avviò un fiorente commercio come mercante d’arte.

Gli Uffizi hanno scelto proprio la storia di Costanza Piccolomini perché dalla ferita indelebile sul suo volto ha tratto la forza per ricominciare a vivere. Un messaggio pregnante diretto alle donne contemporanee che, negli ultimi anni, sono vittime di aggressioni con acido che non soltanto provocano dolore fisico, ma soprattutto psicologico. Le Gallerie degli Uffizi, come ha ricordato il consigliere Valdo Spini, si riconfermano un polo museale non ripiegato su se stesso ma aperto all’attualità e attivo nel dibattito sociale e culturale. Come ha affermato il direttore Eike Schmidt, “Non c’è bellezza senza etica”, la magnificenza delle opere conservate nel miglior museo al mondo non avrebbero valore se quelle stesse non trasmettessero anche insegnamenti e valori a chi le ammira.

I ritratti dell’artista salernitana Ilaria Sagaria ritraggono donne senza volto, spersonalizzate, che oltre al dolore per l’aggressione devono affrontare anche la perdita d’identità. Non riconoscendosi più allo specchio, innescano un meccanismo di chiusura al mondo che spesso può rivelarsi distruttivo. “Non volevo spettacolarizzare il fenomeno”, ha affermato Sagaria, “volevo realizzare una mappatura senza latitudini di esso e mettere più in evidenza l’aspetto psicologico di questo evento traumatico. Il loro non è un dolore gridato ma sussurrato.

Alla conferenza stampa di presentazione era idealmente presente anche una Costanza della contemporaneità, Filomena Lamberti: vent’anni di violenze subite dal marito, e una tanica d’acido scagliata addosso. Lei, per tornare alla vita, ha dovuto subire trenta operazioni chirurgiche, il marito ha ricevuto una vergognosa condanna a soli diciotto mesi di detenzione. La sua storia è stata raccontata dall’avvocatessa Adele de Notaris dell’associazione Spazio Donna di Salerno. Come la Costanza del Seicento ha testimoniato, la disparità tra sessi anche in circostanze che vedono vittime le donne è mostruosa ma non deve meravigliare, come ha spiegato Petra Filistrucchi, vicepresidente dell’associazione Artemisia Onlus: “La violenza sulle donne, purtroppo è stata normalizzata anche nelle aule di tribunale. Però non dobbiamo dimenticare che è un fenomeno strutturale e trasversale che riguarda tutta la società”.

Una donna su tre, oggi, subisce un’aggressione con l’acido ed è costretta, poi, a portarne i segni nell’anima a vita. A quasi quattrocento anni di distanza dallo sfregio a Costanza Piccolomini, le donne sono ancora considerate oggetti sessuali, proprietà esclusive e personali da parte di uomini che tuttora non hanno imparato ad amarle davvero.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.