Imperatrici, matrone e liberte alle Gallerie degli Uffizi attendono la fine del lockdown della cultura. Come quando filavano nella Roma imperiale

by Michela Conoscitore

Il Dpcm che è entrato in vigore il 6 novembre ha sancito la chiusura, dopo cinema e teatri, anche dei musei. Sperando di tornare presto a visitarli, ci consoliamo con la prospettiva che ad attenderci al momento della loro riapertura ci saranno mostre davvero imperdibili come quella inaugurata il 2 novembre alle Gallerie degli Uffizi, Imperatrici, matrone e liberte: volti e segreti delle donne romane.

Curata dalla dottoressa Novella Lapini, la nuova esposizione del polo museale fiorentino oltre a porre in primo piano la figura delle donne nell’antichità, concorre a svelare anche un nuovo aspetto della collezione artistica dell’ente culturale: gli Uffizi, celebri per i dipinti dei maestri rinascimentali, sono anche custodi di reperti archeologici che raccontano il nostro Paese quando a dominare era Roma. “Una mostra al femminile, che al contempo rivela l’immenso patrimonio archeologico delle Gallerie degli Uffizi, negli ultimi anni sempre più attenti a proporre un’immagine forte delle donne”, ha dichiarato il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt nel corso della conferenza stampa di presentazione, “inoltre, è di grande attualità e nasce con l’acquisto di due opere che sono entrate a far parte della nostra collezione”. Momentaneamente chiusa al pubblico, la mostra come già anticipato dal direttore Schmidt sarà prorogata oltre la data inizialmente prevista, ovvero quella del 14 febbraio.

Articolato in tre sezioni, il percorso espositivo catapulta il visitatore nella Roma della prima età imperiale e attraverso trenta opere, sculture e iscrizioni, ci racconta l’evoluzione sociale della donna in quest’epoca attraverso gli esempi positivi e negativi che esponenti di qualsiasi classe sociale hanno fatto giungere ai posteri attraverso testimonianze epigrafiche e artistiche. Quel che affascina di Imperatrici, matrone e liberte oltre alla disposizione dell’allestimento che focalizza l’attenzione sui reperti che costituiscono il racconto ideato dalla dottoressa Lapini, è che scorrendo le didascalie che accompagnano ogni opera esposta si possono scoprire storie di donne vissute, ormai, più di duemila anni fa eppure ancora così attuali. Per quanto la donna nel corso dei secoli sia riuscita, a piccoli passi, ad imprimere la sua presenza nella società, a tutt’oggi non è ancora semplice il suo cammino in un mondo che, purtroppo, la vorrebbe ai margini. Quindi, esempi come quelli della matrona Pompeia Trebulla che riuscì, in un’opera di restauro, a fissare il suo nome accanto a quello degli illustri esponenti della casa di Augusto, spronano le donne di oggi, che visiteranno la mostra, nel continuare a lottare per sé stesse.

In mostra presenti le magnifiche sculture che ritraggono Agrippina Minore, madre di Nerone e sposa avvelenatrice dell’imperatore Claudio, di Domizia Longina, moglie dell’imperatore Domiziano, e su una delle epigrafi in esposizione, anche una maledizione rivolta alla liberta Giulia Atte a cui l’ex coniuge ‘dedica’ una damnatio memoriae.

Ad accompagnare bonculture nel percorso espositivo, la curatrice Novella Lapini a cui abbiamo rivolto alcune domande:

Dottoressa Lapini durante la conferenza stampa ha parlato di una condizione femminile che inizia a cambiare proprio durante la prima età imperiale. Pensando alle sezioni in cui è articolata la mostra, mi viene in mente una provocazione: potrebbero esser stati essenzialmente gli esempi negativi ad aver dato il via a quel cambiamento sociale di cui parlava?

Il modello positivo, nella storia romana, è associato all’ideale femminile e non cambia mai nel corso della storia, si adatta solo alle epoche. E tra questi esempi positivi, troviamo la statua bellissima di Antonia Minore, una figura che fu al centro della corte imperiale, che seppe con intelligenza e forse anche con fortuna armonizzare questa immagine ideale, che era piuttosto arcaica, con le nuove possibilità di vita. Altre donne, come le due Agrippine, non ebbero questa capacità: certo il modello negativo nasce sicuramente da loro ingerenze nella vita politica. Quindi sì, anche loro, attivamente andarono a mostrare quali fossero le nuove possibilità di vita delle donne all’epoca. Ovviamente, non sempre con esiti positivi.

Quindi possiamo dire che coloro che si fecero portatrici di esempi positivi sono state le più ‘furbe’?

Certamente hanno saputo muoversi, rispetto alle altre, all’interno di un sistema che era molto complesso. Il modello ufficiale di donna aveva radici arcaiche, ma allo stesso tempo le donne della casa imperiale erano poste al centro di una propaganda che andava quindi a snaturare quel modello femminile antico, legate alla casa e a filare la lana. Per quanto lo stesso imperatore Augusto presenta le donne della sua famiglia sotto questo aspetto, dobbiamo però pensare che sta raccontando di principesse, se vogliamo usare questo termine moderno, che rispetto a donne di un secolo prima, in età repubblicana, avevano un raggio d’azione maggiore. Cornelia, la madre dei fratelli Gracchi, non avrebbe mai potuto modificare l’epoca in cui ha vissuto col suo agire, le donne dell’età imperiale potevano farlo.

Se dovesse scegliere una delle donne che ha raccontato attraverso il percorso espositivo, qual è la sua preferita?

Amo molto Antonia Minore, perché è una figura che si è saputa muovere in una serie di circostanze molto complesse: figlia di Marco Antonio e Ottavia, sorella dell’imperatore Augusto, quindi parte con due eredità molto pesanti ma vive la Roma dello zio imperatore, Tiberio, al meglio partecipando anche all’abbellimento della città. Era anche una donna molto colta, sappiamo che proteggeva dei circoli intellettuali di lingua greca, ed educa i figli al potere, come Germanico, morto prematuramente, ed erede di Tiberio, che sarà sostituito dall’altro figlio Claudio, a cui succederà il nipote Caligola. Una donna, quindi, al centro del potere.

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