“La lingua e la scrittura, non solo in egittologia, sono la porta di accesso a una cultura”. Susanne Töpfer e il progetto di digitalizzazione del Museo Egizio

by Anna Maria Giannone

“La strada per Menfi e Tebe passa da Torino”, queste le parole che nel 1824 Jean-François Champollion, padre dell’egittologia, pronunciò visitando l’allora neonato Museo Egizio di Torino. Quella del capoluogo Piemontese è, di fatto, una delle più importanti collezioni del mondo dedicate all’antico Egitto, seconda solo a quella del Museo del Cairo. Un patrimonio immenso gestito con grande responsabilità, portando avanti numerosi progetti di ricerca con la comunità scientifica internazionale, ma anche con un’attenta strategia di allargamento e coinvolgimento dei pubblici che, sempre più numerosi, fanno del Museo Egizio di Torino uno dei più visitati d’Italia.

L’utilizzo del digitale gioca un ruolo di grande rilevanza in questa missione di valorizzazione e avvicinamento al patrimonio. L’importanza dell’utilizzo di nuovi strumenti di comunicazione in ambito culturale è cosa nota, diventata ancor più centrale in questo 2020 di chiusura di musei, biblioteche e teatri. È ormai chiaro a tutti come il patrimonio culturale possa vivere molte e interessanti vite, anche al di fuori dei luoghi in cui è custodito. Il lockdown di marzo ce lo ha insegnato, questa nuova chiusura non può che consolidare la strada intrapresa.

Dell’importanza delle tecnologie digitali il Museo Egizio di Torino in realtà ne è ben consapevole da tempo, promotore già dal 2015 del progetto Turin Papyrus Online Platform (TPOP), condotto in cooperazione con studiosi di Monaco, Leida, Uppsala, Basilea, Copenaghen, Liegi, Lipsia e Londra.

Obiettivo del progetto è la digitalizzazione della collezione dei papiri ieratici del villaggio di Deir-el-Medina, parte della collezione papirologica torinese, tra le più significative a livello mondiale, con quasi 700 manoscritti interi o ricomposti e oltre 17.000 frammenti di papiro. Con la prima fase di progetto, conclusa nel settembre 2019, sono stati messi on line i primi 200 documenti, accessibili a tutti grazie all’utilizzo di una piattaforma open data.

Un lavoro di ricerca di rilevanza enorme, insignito dell’European Heritage Award/ Europa Nostra Award 2020, premio della Commissione Europea gestito in collaborazione con Europa Nostra, che riconosce i più significativi interventi sul patrimonio ottenuti negli ambiti di ricerca, formazione e sensibilizzazione.

Ne abbiamo parlato con Susanne Töpfer, curatrice della collezione papiri per il Museo Egizio e responsabile del progetto TPOP.

Dottoressa Töpfer, ci può spiegare meglio l’importanza del patrimonio al centro di questo progetto di digitalizzazione?

Abbiamo vinto questo premio per una fase del progetto, quello della digitalizzazione dei papiri provenienti dal villaggio di Deir el – Medina, un luogo molto importante dell’Antico Egitto. Qui hanno abitato artigiani, operai e maestranza coinvolte nella costruzione delle tombe dei grandi faraoni, da Tutankhamon a Ramesse II. Gran parte del patrimonio del Museo Egizio consiste nei papiri provenienti da questo villaggio, un’importantissima documentazione scritta che attraversa 200 anni di vita in questo luogo e racconta del lavoro, della vita quotidiana. Quando parliamo di cultura egiziana antica parliamo di una storia di 3000 anni, in Egitto abbiamo trovato moltissime tombe ma non sappiamo davvero come abbiano lavorato e vissuto gli egiziani. Da questo villaggio siamo riusciti a ereditare un microcosmo della cultura egiziana, un’eccezionalità per il nostro museo e un unicum nel panorama mondiale. Con questo patrimonio siamo andati on line, in modo da renderlo disponibile a tutti, non solo agli studiosi ma anche al grande pubblico.

La digitalizzazione è pensata per rendere accessibile questo patrimonio a tutti, non solo agli studiosi. Ci sono linguaggi diversi con cui questi documenti vengono raccontati, a seconda di chi ne fruirà?

La nostra piattaforma prevede tre livelli di fruizione. Alcuni dati sono disponibili sul nostro sito senza bisogno di effettuare un log in, qui si può accedere a informazioni generali e alle foto dei papiri esposti nelle sale del museo. Con una richiesta di accesso alla piattaforma gli utenti possono accedere a un database in cui sono presenti tutti i papiri del villaggio di Deir el – Medina con le informazioni più specifiche: traduzioni e informazioni scientifiche realizzate dagli studiosi. Il nostro obiettivo, in questa fase del progetto, è condividere un database realizzato da studiosi per presentare la ricerca. Non siamo ancora in una fase di interpretazione e traduzione in un linguaggio più semplice di questo patrimonio. Tutto l’ambiente della piattaforma è un ambiente di ricerca, il layout non è molto accattivante ma siamo certi che anche i docenti e il pubblico che ha un interesse possano capire molto bene il tipo di presentazione che forniamo.

Seguirà un progetto più mirato alla divulgazione?

Certo, in futuro. Per ora non abbiamo un progetto di avvicinamento o divulgazione, siamo andati on line dopo due anni dall’inizio della ricerca, abbastanza presto. L’idea era mostrare un lavoro ancora in corso. Quando avremo finito questa fase di ricerca dovremo pensare a creare un livello che renda più accessibile l’informazione al grande pubblico. Prima di arrivare a questo dobbiamo completare il grande lavoro di traduzione che stiamo svolgendo con il gruppo di ricercatori internazionali coinvolti nel progetto, con i nostri colleghi europei specializzati sullo studio dei testi. Una fase molto complessa perché necessita anche di una traduzione in italiano, inglese, francese e tedesco, le quattro lingue dell’egittologia. Si tratta di testi scritti in molte lingue, abbiamo papiri scritti in ieratico, ma anche in greco, arabo e copto.

Di questo patrimonio così vasto qual è la cosa che l’ha entusiasmata di più studiare?

Io ho una passione e un interesse specifico per i testi funerari, scritti che parlano della religione. A Torino nella nostra collezione abbiamo tanti “libri dei morti”, una sorta di passaporto per l’aldilà. Lavoro da tre anni qui e nella collezione del Museo Egizio trovo continuamente frammenti, documenti che non ho visto prima. Dobbiamo pensare che questi papiri sono stati scritti da diversi scribi, non possiamo aprire un papiro e leggerlo senza problemi, noi ricercatori dobbiamo comprendere lo stile, ogni giorno è una ricerca.

Questo progetto può essere molto utile alle scuole, soprattutto in questo momento di didattica a distanza. Avete già avuto modo di testare l’utilizzo della piattaforma con i docenti?

Abbiamo quasi mille persone che hanno già fatto richiesta per l’accesso al database, di questi più di duecento sono insegnanti. La digitalizzazione dei papiri è una risorsa preziosa per le scuole, soprattutto come sostegno alle attività a distanza. Durante le lezioni di storia antica gli insegnanti hanno a disposizione questo grande patrimonio di scrittura. Non abbiamo ancora sviluppato un progetto specifico ma il Museo Egizio ha in piedi numerosissime attività didattiche, grazie a un ufficio dedicato esclusivamente a questo. In futuro sarà sviluppato un progetto specifico anche sulla digitalizzazione dei papiri, in modo da rendere la ricerca utilizzabile al meglio per le scuole.

Cosa l’ha appassionata e l’ha spinta a intraprendere questa ricerca? Se dovesse raccontare a uno studente cosa la affascinata dell’egittologia, cosa direbbe?

Ho iniziato a 18 anni, non ho deciso da subito di voler studiare le scritture. Tutti gli studenti che intraprendono gli studi di egittologia pensano a Indiana Jones, alle piramidi, agli scavi. Ma durante l’università ho capito che la scrittura era la chiave di comprensione di tutto questo mondo. Gli scribi egiziani hanno fatto una documentazione di ogni cosa. Se ho la possibilità di leggere i testi posso capire tutto, anche cosa vogliono dire le piramidi. La lingua e la scrittura, non solo in egittologia, sono la porta di accesso a una cultura. La scrittura è disponibile per sempre: abbiamo la possibilità di leggere i testi in originale scritti 4000 anni fa. Ogni giorno quando vado in magazzino del museo mi fermo a pensare che ho fra le mani un testo scritto migliaia di anni prima di Cristo. Un patrimonio che ci dà l’opportunità anche di capire che alla fine non è cambiato poi molto nel tempo.

Cosa non è cambiato in questi 4000 anni?

Pensiamo ai decreti, visto che in questo periodo ne sentiamo tanto parlare: la struttura e il linguaggio delle istituzioni non è cambiata di molto. Anche le modalità di esprimere i bisogni sono le stesse. Nella collezione del Museo Egizio abbiamo un “papiro dello sciopero”: il modo in cui le persone manifestavano il proprio disagio, perché avevano fame o non avevano soldi, non è molto diverso dal presente. La stessa continuità si ritrova in molti testi narrativi, nelle storie per bambini ad esempio. A Torino abbiamo anche testi scritti dagli studenti con i commenti e le correzioni in rosso degli insegnanti, potrebbero essere scritti oggi.

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