La scienziata di Manfredonia che accende la speranza nella lotta al tumore osseo

by Maria Teresa Valente

È difficile chiamare un tumore con il suo nome e per molti c’è sempre un approccio timoroso, quasi come se definendolo semplicemente un ‘brutto male’ possa essere meno orribile. C’è poi chi, molto coraggiosamente, getta mente e cuore oltre l’ostacolo e spoglia il ‘brutto male’ al microscopio, per togliergli la maschera da mostro e donare una speranza a chi contro di esso ingaggia una battaglia quotidiana.

Mattia Lauriola, 39 anni ed una laurea in Biotecnologie a Bologna, è originaria di Manfredonia. Dopo aver conseguito il Dottorato, nel 2007 è volata in Florida per un Internato in Oncologia Molecolare, presso il “Moffitt Cancer Center and Research Institute”. Il suo studio ‘matto e disperatissimo’ è alla base della rivoluzionaria scoperta che potrebbe portare alla cura del sarcoma di Ewing, un tumore osseo raro e maligno che appare principalmente tra bambini e adolescenti ed ha un alto potenziale metastatico.

La giovane sipontina è una ricercatrice talentuosa e tenace che, in questa Italia un po’ bislacca, per approfondire i propri studi ha trascorso diversi anni all’estero ed è entrata a far parte di un team di ricercatori internazionali presso il Weizmann Institute of Science, uno dei centri di ricerca più importanti del mondo con sede a Rehovot in Israele.

Ed è proprio qui che cinque anni fa ha compiuto un fondamentale passo nei suoi studi, scoprendo le interazioni molecolari che sono alla base del sarcoma di Ewing, ed ha proposto un potenziale trattamento che ha mostrato risultati promettenti in uno studio sui topi.

“Sono molto fiera di questi risultati che sono il frutto di ricerche cominciate nel lontano 2010 – spiega la ricercatrice sipontina – In quegli anni, infatti, lasciavo Bologna per trasferirmi in Israele e lavorare presso il Weizmann Institute of Science, che è tra i primi 10 centri al mondo per la ricerca di base”.

La ricerca di base, occorre spiegarlo, è un po’ la cenerentola della ricerca, perché ha come oggetto di studio le semplici molecole biologiche, DNA, RNA, proteine senza necessariamente connetterle ad un trattamento farmacologico. “Quando manca un interesse diretto da parte di una casa farmaceutica, il finanziamento pubblico o privato diventa fondamentale, e in Israele sono molto attenti a questo tipo di ricerca”, evidenzia, svelando come proprio durante i 5 anni in Israele abbia iniziato a studiare i meccanismi con cui gli ormoni steroidei (tra cui i più famosi sono quelli sessuali, ma appartengono a questa famiglia anche gli ormoni responsabili del metabolismo glucidico tra cui i glucocorticoidi) interagiscono con fattori di crescita responsabili della replicazione e migrazione cellulare giungendo alla conclusione che siano fattori chiave nella progressione tumorale.

Gabriele D’Uva e Mattia Lauriola

Una scoperta importantissima a cui è pervenuta proprio Mattia e che ha spalancato le porte al lavoro di altri colleghi ricercatori: “Successivamente, come risultato di queste ricerche, è arrivata una possibilità applicativa nel sarcoma di Ewing, per il quale al momento le terapie sono molto limitate”. Gli esperimenti sui topi sono stati molto incoraggianti, dimostrando che “la modulazione del recettore dei glucocorticoidi con un potente antagonista, riuscirebbe a bloccare in maniera massiccia la progressione tumorale”.

Nel 2016 la scienziata manfredoniana, che tra le varie ed importanti esperienze annovera anche la collaborazione con il ricercatore leccese Gabriele D’Uva nell’individuare il gene potenzialmente in grado di rigenerare un cuore colpito da infarto, grazie ad un concorso da ricercatrice, è potuta rientrare in Italia ed oggi è al dipartimento di Medicina diagnostica specialistica e sperimentale del Policlinico Sant’Orsola di Bologna.

“Sono molto contenta di questi risultati, che dimostrano che la pazienza e la tenacia sono due fattori chiave nella ricerca. Non a caso i risultati più importanti sono arrivati dopo anni di lavoro e la collaborazione di numerosi scienziati. Ora mi auguro che queste scoperte presto si concretizzino in clinical trials per valutare l’efficacia di tali terapie anche in clinica”, conclude Mattia Lauriola, che confessa di portare sempre Manfredonia, la sua città, nel cuore, pur essendo ormai via da vent’anni.

Ed è grazie a questa giovane sipontina, che non ha temuto l’approccio col ‘brutto male’ né si è fermata al pensiero di dover lasciare il calore della propria amata terra, che si è potuti giungere a risultati sorprendenti, dando finalmente una speranza a chi non ne aveva nella lotta contro uno dei tumori più temuti.

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